Gaì: differenze tra le versioni

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Se è improprio inserire il ''pastore bergamasco'' tra gli emarginati veri e propri, la sua figura, tuttavia, suscitava un sentimento di sospetto misto a rispetto per la durezza, la libertà e l'autonomia del suo lavoro, che lo rendeva del tutto diverso dal servo-pastore sardo: il pastore bergamasco, padrone del suo [[Pastorizia|gregge]] che conduceva direttamente, era un piccolo [[imprenditore]].
 
Il [[dialogo]] in ''gaì'' si distingue dalla comune parlata bargamascabergamasca per la lentezza del suo proseguire, per il tono della [[voce]] inconsuetamente basso, per l'uso continuo di sottintesi, [[perifrasi]], doppisensi che supplendo alla propria [[povertà]] [[lessico|lessicale]] lo rende incomprensibile a chi non lo conosce.
 
Un linguaggio criptico dove la [[mimo|mimica]] del [[volto]] integra e spiega le pause e i silenzi dei dialoganti: il ''gaì'' non si parla, si recita, {{Citazione|... bisogna sentire due pastori parlare tra loro per assaporare tutto il fascino che assumono i termini ''gaì'' in simile contesto; per apprezzare la straordinaria ricchezza mimica che ne accompagna l'emissione...|Comune di Bergamo, ''Il linguaggio e la vita dei pastori bergamaschi''.|}}