Secessione dell'Aventino: differenze tra le versioni
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[[File:Secessione dell'Aventino.jpg|thumb|Alcuni parlamentari dell'opposizione mentre discutono sulla proposta di secessione detta dell'Aventino.|alt=alcuni parlamentari mentre discutono sulla successione di aventino]]
La '''secessione dell'Aventino''' fu un atto di protesta attuato a partire dal 27 giugno<ref>{{cita libro|titolo=Storia del Partito comunista italiano|autore=Paolo Spriano|editore=Giulio Einaudi editore|anno=1976|pagina=391}} "…il 27 [giugno] - il giorno in cui Turati commemora Matteotti e nasce ufficialmente l'Aventino".</ref> 1924 dalla [[Camera dei deputati del Regno d'Italia]] nei confronti del [[governo Mussolini]] in seguito alla scomparsa di [[Giacomo Matteotti]] avvenuta il 10 giugno dello stesso anno.
L'iniziativa, che consisteva nell'astensione dai lavori parlamentari fino a che i responsabili del rapimento Matteotti non fossero stati processati, prese il nome del colle [[Aventino]] dove, secondo la storia romana, si ritiravano i plebei nei periodi di acuto conflitto con i patrizi (''[[secessio plebis]]''). La protesta non ebbe successo e, dopo circa due anni, il 9 novembre 1926 la Camera dei deputati deliberò la decadenza dei 123 deputati aventiniani.
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== L'avvenimento ==
Il
Le motivazioni dell'abbandono erano state spiegate dal deputato liberaldemocratico [[Giovanni Amendola]] su ''[[Il Mondo (quotidiano)|Il Mondo]]'' (giugno 1924): ''«Quanto alle opposizioni, è chiaro che in siffatte condizioni, esse non hanno nulla da fare in un Parlamento che manca della sua fondamentale ragione di vita.'' […] ''Quando il Parlamento ha fuori di sé la milizia e l'illegalismo, esso è soltanto una burla»''.<ref>Michele Magno, ''L'altro Amendola'', in: ''Il Foglio'', 21 dicembre 1924</ref> La linea di opposizione non violenta al governo fu promossa anche dal [[Partito Socialista Unitario (1922)|socialista]] [[Filippo Turati]] che, il 27 giugno, commemorò Matteotti in una sala di Montecitorio di fronte ai secessionisti: ''«Noi parliamo da quest’aula parlamentare mentre non v’è più un Parlamento. I soli eletti stanno nell’Aventino delle nostre coscienze, donde nessun adescamento li rimuoverà sinché il sole della libertà non albeggi, l’imperio della legge sia restituito, e cessi la rappresentanza del popolo di essere la beffa atroce a cui l’hanno ridotta»''<ref>Enzo Biagi, ''Storia del Fascismo'', Firenze, Sadea Della Volpe Editori, 1964, pag 354: "La soluzione Aventiniana prende l'avvio da un commovente discorso che Filippo Turati tiene alla Camera per commemorare Giacomo Matteotti, sulla cui sorte ormai non esistono più dubbi."</ref>.
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