L'essere e il nulla: differenze tra le versioni

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'''''L'Essere e il Nulla''''' (''L'Être et le Néant: Essai d'ontologie phénoménologique'') è un [[saggio]] di [[ontologia]] [[fenomenologia|fenomenologica]] pubblicato da [[Jean-Paul Sartre]] nel 1943 nel quale l'autore afferma che l'esistenza dell'individuo precede l'essenza e che il libero arbitrio esiste. Secondo la formula, espressa con un pensiero contraddittorio, scelta da Sartre per individuare la tragica natura dell'esistenza umana, «l'uomo è condannato a essere libero»; la necessità di dare un senso a questa tragedia implica un obbligo: la nostra responsabilità a inventare un significato<ref>François Noudelmann</ref>.
 
L’essere è considerato nel '''fenomeno''' (essere del fenomeno) e nella '''coscienza''' (essere della coscienza); l’analisi, condotta con metodo fenomenologico, giunge dall’«essere del fenomeno» alla coscienza che, nel «cogito preriflessivo», si rivela come «coscienza (di) sé», il cui «tipo di essere» non è «un possibile prima dell’essere, ma […] la sorgente e la condizione di ogni possibilità».
== Analisi ==
In tale prospettiva è l’«esistenza» stessa della coscienza a implicarne «l’essenza» (Introduzione).
Durante la sua prigionia di guerra tra il 1940 e il 1941, Sartre lesse ''[[Essere e tempo]]'' di [[Martin Heidegger]], una ricerca ontologica condotta con la visione ed il metodo della [[fenomenologia]] di [[Edmund Husserl]], che di Heidegger fu il maestro.
 
L’'''‘essere-in-sé’''' (être-en-soi), ossia l’essere dei fenomeni, statico e atemporale, «massiccio», «opaco» e «brutalmente esistente», che «non può mai essere altro che ciò che è»; '''l’‘essere-per-sé’''' (être-pour-soi), ossia l’essere della coscienza, dinamico e temporale, che si «crea» costantemente e «non può coincidere con sé».
Il saggio di Sartre è manifestamente influenzato da Heidegger, sebbene l'autore francese nutrisse profondo scetticismo riguardo ad ogni forma in cui l'umanità potesse raggiungere una sorta di stato personale di realizzazione comparabile con l'ipotesi heideggeriana di [[Martin Heidegger#L.27essere come evento|re-incontro con l'Essere]]. Nella sua più tetra descrizione de ''L'essere e il nulla,'' l'uomo è una creatura ossessionata da una visione di "compiutezza", che Sartre chiama ''ens causa sui'',<ref>"Esistente a causa di sé stesso", ovvero "che è causa di sé". Tradizionalmente, un essere che non deve la propria esistenza ad altro essere, per cui [[Dio]] o un essere supremo, si confronti il concetto di ''[http://www.cieloeterra.it/glossario3.html primum mobile].''</ref><ref>[http://www.ariannascuola.eu/joomla/la-filosofia-del-novecento/76-sartre/108-lontologia-di-sartre.html L'ontologia di Sartre] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20090426055430/http://www.ariannascuola.eu/joomla/la-filosofia-del-novecento/76-sartre/108-lontologia-di-sartre.html |data=26 aprile 2009 }}</ref> e che le [[religione|religioni]] fanno coincidere con [[Dio]].
 
L’essere-per-sé, antitetico all’essere-in-sé, in quanto lo nega, delimitandolo e circoscrivendolo continuamente, si configura come non-essere e ciò avvia la riflessione ontologica sul nulla.
Venuti al mondo nella realtà materiale del proprio corpo, in un universo disperatamente materiale, ci si sente inseriti nell{{'}}''e''ssere (con la "e" minuscola). La [[coscienza]] è in uno stato di coabitazione con il suo corpo materiale, ma non ha alcuna realtà obiettiva; è nulla (nel senso etimologico di ''[[Nulla#Filosofia|nulla res]],'' "nessuna cosa"). La coscienza ha l'attitudine di concettualizzare le possibilità, e di farle apparire, o di annichilirle.
L'''’essere-per-sé della coscienza è infatti negazione (négatité) mediante la quale essa genera il «nulla»''' (néantisation) dentro e intorno a sé.
 
La negazione riposa sulla condizione ineliminabile della '''«libertà»'''; l’uomo, per poter porre il nulla, «deve» essere libero, poiché in caso contrario la coscienza apparterrebbe completamente all’essere-in-sé e le modalità dell’interrogazione e della negazione non sorgerebbero.
 
Tale libertà è presenza del «nulla» dentro di noi, è «angoscia» di essere proiettati verso un cangiante essere-per-sé, cui le «routines» e i comportamenti di «malafede» non possono ovviare; l’uomo è «condannato alla libertà».
 
Il per-sé comporta un mondo in cui sono presenti altre coscienze e la relazione con gli altri comporta una reciproca oggettivazione e reificazione, ossia il «per-altri» (par-autrui) rivelato dall’analisi fenomenologica dello «sguardo», della «vergogna», dell’«odio» e del linguaggio, in cui Sartre recupera la riflessione hegeliana della dialettica servo-padrone.
L’esistenza degli altri definisce lo scenario in cui l’anelito all’«autenticità» si realizza,
 
==Edizioni italiane==