Fra Diavolo: differenze tra le versioni

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|Nome = Michele Arcangelo
|Cognome = Pezza
|Pseudonimo = Fra' Diavolo
|Sesso = M
|LuogoNascita = Itri
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=== Un anno nell'esercito borbonico (1798) ===
[[File:Mengs - Ferdinand IV of Naples, Royal Palace of Madrid.jpg|miniatura|''Ritratto di Ferdinando I di Borbone'' di [[Anton Raphael Mengs]] ([[1772]]).]]
{{main|Campagna d'Italia (1796-1797)}}
Nel [[1796]] il [[Regno di Napoli]] inviò quattro battaglioni del suo esercito a combattere in [[Lombardia]], al fianco degli alleati austriaci, contro l'esercito di [[Napoleone Bonaparte]], che in quell'anno aveva invaso l'Italia del nordNord. La [[Terra di Lavoro]] diventò un crocevia di truppe e la famiglia di Michele pensò di trarre vantaggio dalla situazione. Nel [[1797]] presentò domanda affinché la pena per il duplice omicidio fosse commutata in servizio militare. La domanda fu accolta e Michele fu arruolato in uno dei reggimenti del [[Regno di Sicilia]]. Il comando di polizia stabilì che il servizio militare sarebbe durato tredici anni. Ai primi del [[1798]], dunque, Michele partì soldato in un corpo di fucilieri della fanteria borbonica.<ref>{{cita|Dall'Ongaro|p. 40}}.</ref> Fedelissimo suddito del Regno di Napoli, disprezzava il denaro ed era attaccato profondamente [[Diritto divino dei re|al trono ede alla religione]].
 
In novembre, dopo molti mesi d'inazione, il re di Napoli diede l'ordine di attaccare [[Roma]]. L'esercito, di cui faceva parte anche Michele, conquistò la capitale il 27 novembre e, due giorni dopo, il sovrano fece il suo ingresso trionfale in città. Michele vide per la prima volta in vita sua quali fossero i vantaggi del conquistare una città: appropriazioni indebite e soprusi che rimanevano impuniti. In breve tempo l'esercito napoletano, guidato dall'austriaco [[Karl Mack von Leiberich]], si sfaldò e rimase senza ordini, e Michele decise quindi di ritornare da solo al paese natale, Itri. Nel frattempo, l'esercito napoleonico si riorganizzò e si preparò a invadere il Regno di Napoli.
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=== Da capomassa a capitano di fanteria (1799-1800) ===
[[File:Cardinale Fabrizio Ruffo.jpg|miniatura|Ritratto del Cardcard. Fabrizio Ruffo.]]
A Fra Diavolo non rimase che ritornare a Itri, partecipando nei mesi successivi a tutti i tentativi di rivolta antifrancese. In seguito, si posizionò con la sua banda lungo la via Appia, ada ovest di Itri, e intercettò tutti i corrieri che la percorrevano; così le comunicazioni tra Roma e Napoli furono azzerate. Oltre a ottenere il controllo assoluto delle vie di comunicazione, Fra Diavolo dominò il territorio da Gaeta a [[Capua]] che amministrò direttamente<ref>{{cita|Bargellini 1932|pp. 100 e 146}} - L'amministrazione capuana di Fra' Diavolo ha lasciato anche un bilancio, in cui sono riportati con esattezza le poste in ''avere'' e le poste in ''dare''.</ref>: dai suoi monti, teneva d'occhio la fortezza di Gaeta in mano ai francesi.
 
Nel [[1799]] si formò una [[Seconda coalizione]] contro Napoleone e Fra Diavolo si presentò agli inglesi, nella loro base nell'isola di [[Procida]], come soldato del Regno di Napoli, chiedendo e ottenendo due cannoni e una barca.<ref>{{cita|Dall'Ongaro|pp. 67-68}}.</ref> Fissò la sua base a [[Maranola]], ora frazione collinare, appartenente al comune di [[Formia]], e continuò la sua attività di taglieggiamento delle comunicazioni. La sua azione fu così efficace che gli inglesi pronunciarono su di lui parole di elogio,<ref>{{Cita|Sacchinelli 1836|pag. 186}}.</ref> che giunsero fino alle orecchie di Re Ferdinando IV a Palermo. In maggio, quando la Seconda coalizione decise di muovere l'assedio alla fortezza di Gaeta, Fra Diavolo fu scelto come comandante delle operazioni. La sua massa, oltre mille uomini, fu riconosciuta come parte dell'esercito regolare. Re Ferdinando lo nominò [[capitano]], mentre la regina consorte [[Maria Carolina d'Austria]], per mostrargli la propria ammirazione, gli donò una spilla di diamanti. Il 15 maggio Fra Diavolo passò in [[rivista (militare)|rivista]] la truppa e guidò l'assedio via terra, mentre la flotta inglese bloccava la fortezza per parte di mare.
 
Ai primi di giugno entrò nel [[Principato Ultra]] l'esercito del cardinale [[Fabrizio Ruffo]], Vicario Generale di re Ferdinando. Era un'armata di volontari reclutati dal prelato stesso a partire dal mese di febbraio<ref>{{cita|Leoni 1975|p. 92}}.</ref> e da lui battezzata «[[Esercito della Santa Fede in Nostro Signore Gesù Cristo]]». Muovendo dalla [[Calabria]], questi "Sanfedisti" avevano liberato tutti i paesi della regione<ref>{{cita|Ruffo (carteggio)|p. 94}}.</ref>, ripetendo l'opera in [[Basilicata]] e [[Puglia]], giustiziando molti dei sostenitori della Repubblica. Mentre il grosso dell'esercito francese prendeva la via del nord, lasciando a difesa di Napoli solo tre corpi d'armata, Ruffo si attendò a [[Nola]], ormai forte di contingenti regolari inglesi, russi, turchi ede austriaci che l'ammiraglio [[Horatio Nelson]], sodale del cardinale, aveva sbarcato sulle coste calabresi. Al comando d'una squadra navale anglo-borbonica, Nelson provvide poi a bloccare le coste campane. Da Nola, dopo aver chiamato a sé tutti i capimassa mutatisi in patrioti come Fra' Diavolo (dei quali Ruffo non fece mai mistero di non fidarsi)<ref>{{cita|Ruffo (carteggio)|p. 95}}.</ref>, Ruffo si mosse a [[Somma Vesuviana]] e poi a [[Portici]], conquistandole entrambe. Nella battaglia del 13 giugno l'Esercito della Santa Fede espugnò Napoli. Fra' Diavolo ede i suoi presero parte marginale agli scontro e, cosa fondamentale, fu loro impedito di mettere al sacco la città, privandoli dell'agognato bottino. Frustrato, Fra' Diavolo se ne tornò a Gaeta per riprendere l'assedio. Alla fine di luglio, dopo tre mesi d'assedio, il generale francese Girardon avviò i colloqui per la resa ma volle trattare solamente con gli inglesi, reputando Pezza niente più che un brigante. Il capitano, per tutta risposta, si preparò all'attacco della fortezza, ma Ruffo gl'intimò di non muoversi e la resa di Gaeta fu così firmata dal generale [[John Acton]] per i borbonici e da Nelson per gli inglesi.<ref>{{Cita web|url=http://www.ilportaledelsud.org/fra_diavolo.htm|titolo=Fra Diavolo}}</ref><ref>{{cita|Dall'Ongaro|pp. 102-103}}.</ref>
 
A Napoli, nel frattempo, il redivivo Ferdinando (o per meglio dire sua moglie Maria Carolina) pianificava la riconquista di Roma, ancora in mani francesi. Fra Diavolo si recò nel capoluogo partenopeo per partecipare all'organizzazione della campagna militare. Nella capitale soggiornò nel palazzo di Acton, [[primo ministro]] del governo borbonico e favorito della regina. Il 14 agosto si sposò con Fortunata Rachele De Franco, ragazza napoletana conosciuta durante l'occupazione francese, nella chiesa della parrocchia di Sant'Arcangelo all'Arena. I testimoni di nozze furono due suoi compagni, entrambi di Itri.<ref>{{cita|Dall'Ongaro|p. 105}}.</ref>
 
Il 20 agosto partì da Napoli con la sua truppa. Il 9 settembre giunse a [[Velletri]], poi si acquartierò ad [[Albano Laziale]]. Prima di sferrare un attacco alla Città Eterna attese l'arrivo delle forze regolari napoletane e rimase in quella posizione fino a metà settembre. Per garantire rifornimenti di viveri alla truppa, non esitò a calare sui villaggi vicini e a saccheggiarli.<ref>Luca Topi, ''"C'est absolumment la Vandée". L'insorgenza del Dipartimento del Circeo (1798-1799)'', FrancoAngeli, Milano, 2003, p. 156.</ref> Sempre durante il suo soggiorno ad Albano, Pezza si macchiò dell'omicidio del sindaco del luogo.<ref>{{cita|Dall'Ongaro|pp. 112-117}}.</ref> Roma fu liberata dalle truppe napoletane il 30 settembre ma il nuovo governo mostrò un'inaspettata diffidenza nei confronti degli insorgenti: alle masse non venne concesso di entrare in città. Anche le truppe di Fra' Diavolo furono colpite dal provvedimento.<ref>{{cita|Dall'Ongaro|p. 123}}.</ref> Inoltre, vennero disarmate e la loro paga fu tagliata. Gli uomini non poterono fare altro che tornare ai loro villaggi.
 
Fra Diavolo subì una sorte peggiore. Ad Albano venne arrestato (fu preso mentre dormiva) e venne incarcerato a [[Castel Sant'Angelo]]. Il capomassa non attese l'inizio del processo: fuggì nella notte tra il 3 e il 4 dicembre. L'arresto era stato ordinato da Diego Naselli{{Chiarire|2 = Per quale motivo?}}, generale dell'esercito napoletano. Egli non sapeva però che il 24 ottobre, da Napoli, il sovrano aveva nominato Michele Pezza [[colonnello]] di fanteria. Dopo 200&nbsp;km di fuga, Fra Diavolo giunse a Napoli, dove ottenne di essere ricevuto dal re. Ferdinando IV credette al suo racconto e lo ricompensò, cancellando i debiti che la sua armata aveva contratto per le battaglie sostenute.
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[[File:Joseph-Bonaparte.jpg|miniatura|''Ritratto di re Giuseppe I Bonaparte'' di [[François Gérard]] ([[1808]] circa)]]
{{main|Campagna d'Italia (1805)}}
Nel [[1806]] Napoleone riportò una vittoria decisiva sulla [[Quarta coalizione]] (la [[Terza coalizione]] del [[1805]] non influì direttamente sul Regno di Napoli). Una delle sue prime decisioni fu quella di dichiarare guerra al Regno di Napoli. Il Consiglio di guerra di Ferdinando IV decise di richiamare all'azione sia il Cardinalcardinal Ruffo sia i capimassa. Ruffo rifiutò l'offerta<ref>{{cita pubblicazione|autore=Benedetto Croce|titolo=Il Romanticismo legittimistico e la caduta del Regno di Napoli|giornale=La Critica|anno=1924|volume=22|pagina=264}}</ref> e dei capimassa ormai non restava (vivo e operativo) che il colonnello Pezza, ben felice di tornare in azione. Fra' Diavolo lasciò Napoli e tornò nelle province a reclutare uomini abili alle armi tra la popolazione ma, mentre si preparava alla guerra, gli giunse la notizia che il re aveva abbandonato Napoli per riparare, come fatto nel 1799, a Palermo. Pochi giorni dopo ricevette un'ordinanza con la quale veniva ordinato ai comandanti militari di non aggredire l'armata napoleonica. «''In conseguenza, S. M. comanda che il colonnello Pezza (Fra Diavolo) e gli altri incaricati di battaglioni volanti non facciano alcun movimento, né resistenza contro la detta armata''». Supportato dalle armi del capace e spietato [[Maresciallo dell'Impero|Maresciallo]] [[Andrea Massena]], [[Giuseppe Bonaparte]], fratello di Napoleone, fu incoronato re di Napoli per volere dell'imperatore francese.
{{main|Assedio di Gaeta (1806)}}
Fra Diavolo fu uno dei due soli comandanti militari che disobbedirono all'ordine: il secondo fu il generale principe [[Luigi d'Assia-Philippsthal]], comandante della fortezza di Gaeta. Fra Diavolo, che aveva sempre desiderato che la fortezza fosse la base delle sue operazioni, vi si recò senza indugio. Pochi giorni dopo, i francesi giunsero davanti alla fortezza e la cinsero d'assedio. Nelle settimane seguenti, Fra Diavolo si lanciò in spericolate operazioni di disturbo delle postazioni francesi. Poi li sfidò in campo aperto con pochi uomini. Rischiò di essere preso, insieme al fratello Nicola, a [[Sant'Oliva]], ma riuscì a riparare fortunosamente a [[Maranola]], poi a [[Scauri]] s'imbarcò per Gaeta. Tentato con denaro dai francesi, rifiutò di tradire il suo re.
{{main|Insurrezione calabrese}}
Negli ultimi giorni di aprile, Fra Diavolo fu chiamato dal monarca a Palermo. L'inglese [[William Sidney Smith]], ammiraglio della flotta reale, gli prospettò un progetto che ricalcava l'impresa dei Sanfedisti di sette anni prima: la sollevazione delle Calabrie e l'avanzata dell'esercito fino a Napoli. Il 28 giugno Smith fu nominato comandante in capo della spedizione e Fra Diavolo fu il suo luogotenente. L'operazione cominciò il giorno dopo e Pezza, alla testa della sua «Legione della Vendetta», sbarcò da navi inglesi ad [[Amantea]] e conseguì ripetute vittorie sui francesi. Il 1º luglio, 6.&nbsp;000 inglesi, comandati dal generale Stuard, sbarcarono a nord di [[Sant'Eufemia]] ma furono respinti da un contingente polacco comandato dal colonnello Grabinski fino alla pianura di [[Maida]], dove furono affrontati da 5.&nbsp;000 francesi comandati dal generale [[Jean Reynier]]: nella [[Battaglia di Maida]], i due eserciti si scontrarono alla pari, avendo i napoleonici buona cavalleria e sei cannoni da opporre ai sedici pezzi d'artiglieria degli inglesi, e fu solo l'arrivo di Fra' Diavolo a sbloccare la situazione, permettendo a Stuard di bloccare le comunicazioni con [[Monteleone]]; Reynier riaprì lo scontro presso il [[fiume Amato]] e dopo cinque ore di scontro gli inglesi ebbero la vittoria, portando mille e cento prigionieri, nonché viveri e munizioni che Reynier aveva dovuto lasciare durante la ritirata.<ref>{{cita|Dall'Ongaro|p. 196}}.</ref> Il generale francese [[Jean Antoine Verdier]] riparò verso [[Cassano all'Ionio]] ma fu respinto dagli abitanti che si erano sollevati in massa dopo che, a [[Marcellinara]], Reyner aveva aperto il fuoco sui paesani (convinti di stare acclamando l'arrivo di truppe fedeli al Borbone!).
 
Mentre la sollevazione diveniva generale, Smith e Pezza allargarono il fronte delle operazioni avviando la [[guerra di corsa]] nel Golfo di Gaeta.<ref>{{cita libro|lingua=en|autore=Owen Connelly|titolo=Napoleon's Satellite Kingdoms|editore=The Free Press|anno=1965|pagina=64}}</ref><ref>{{cita|Dall'Ongaro|pp. ...}}</ref> I calabresi furono però lasciati alla mercé dei nemici, guidata dalla ferma volontà del Maresciallo Massena.<ref>{{Cita |Lefebvre 2009 |pp. 249-250}}.</ref> Giunto alla corte del re, Fra Diavolo fu ricompensato con il titolo di [[duca]] di Cassano, dal nome dell'eroica città. Nei giorni successivi, i francesi repressero i moti di ribellione in Calabria: erano diventati i padroni del Regno, avendo anche conquistato la fortezza di Gaeta.
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== Letteratura, opera e cinema ==
[[File:Michele Pezza using guerrilla warfare against the French in Italy.jpg|miniatura|Fra Diavolo - ill. di Paolo Giudici, in ''Storia d'Italia'' ([[1929]]-[[1932|32]]) ed. Nerbini.]]
[[Victor Hugo]] scrisse di lui: «''Fra Diavolo personificava quel personaggio tipico, che si incontra in tutti i paesi invasi dallo straniero, il brigante-[[patriota]], l'insorto legittimo in lotta contro l'invasore. Egli era in "Italia", ciò che sono stati, in seguito, l'[[Juan Martín Díez|Empecinado]] in [[Spagna]], [[Konstantinos Kanaris|Canaris]] in [[Grecia]] e [[Abd-el-Kader]] in [[Africa]]!''»<ref>{{cita|Fradiavoloitri.org|}}.</ref>