Massimo Scaligero: differenze tra le versioni
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== Biografia ==
Nato in [[provincia di Frosinone]], da una famiglia di origini calabresi,<ref name=giovetti>Paola Giovetti, [https://books.google.it/books?id=zVo-CgAAQBAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=146%20%22massimo%20scaligero%22%20ricercatore&f=false ''I grandi iniziati del nostro tempo: i maestri del cammino interiore'', cap. 17], Roma, Mediterranee, 2006.</ref> ricevette da giovanissimo l'influsso dello zio Pietro Sgabelloni:
{{citazione|Il sospetto che il succo ultimo delle ascesi orientali fosse risorto in Occidente, come potenza del tipico pensiero logico, affiorò in me sin da quando fanciullo potevo essere testimone di lunghe conversazioni sul sovrasensibile, sul magico, sull'occulto, nell'ambito familiare in cui vivevo presso mio zio, Pietro Sgabelloni, studioso di dottrine esoteriche, asceticamente adamantino come un "patriarca" Zen, umanista e poeta, a cui dovetti la mia prima formazione interiore.|Massimo Scaligero
Formatosi agli studi umanistici, li integrò con una conoscenza logico-matematica e filosofica, e con una pratica empirica della [[fisica]]. {{senza fonte}}
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Appassionatosi prevalentemente alle letture di [[Nietzsche]],<ref name=stranieri/> nella primavera del 1930 ebbe il suo primo incontro con [[Julius Evola]], recandosi personalmente presso la sua abitazione:
{{citazione|Bussai alla porta del penultimo piano di Corso Vittorio 197 e mi aprì un personaggio giovanile, alto, longilineo, indubbiamente più annoso di me: il suo sguardo era tra buddhico e olimpico, il suo portamento calmissimo. Avendo subito intuito il senso della mia visita, ossia nessuno scopo, Evola prontamente mi venne incontro con genuina simpatia e questa simpatia fu la forza di connessione estradialettica ed estradottrinaria che mi congiunse a lui per anni.|Massimo Scaligero
===Scaligero e il fascismo===
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L'accademico americano Peter Staudenmaier ha dedicato nel 2010 la sua tesi di dottorato, intitolata ''Between Occultism and Fascism: Anthroposophy and the Politics of Race and Nation in Germany and Italy, 1900-1945'' ed ora pubblicata in un volume edito da Brill, all'antroposofia ed ai suoi rapporti con nazismo e fascismo, ha definito Massimo Scaligero una "figura ignominiosa" per la sua intensa attività di propaganda [[razzismo|razzista]] ed [[antisemitismo|antisemita]] al servizio del regime.<ref>Peter Staudenmaier, Between Occultism and Nazism: Anthroposophy and the Politics of Race in the Fascist Era", Aries Book, Brill, 2014</ref> Collaborò con articoli alla rivista di regime ''[[La difesa della razza]]'' .
Il suo nome compare nell'elenco tra i 330 presunti aderenti al ''Manifesto della Razza'' creato da Franco Cuomo e contenuto nel suo libro ''I Dieci – Chi erano gli scienziati italiani che firmarono il Manifesto della razza''. L'elenco – a detta di Cuomo – si propone l'obiettivo di censire, per la prima volta, di censire i "razzisti italiani"<ref name=":0">{{Cita libro|titolo=I Dieci. Chi erano gli scienziati italiani che firmarono il manifesto della razza, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2005 [alle pagine 202-207 ]}}</ref> ed è altrimenti conosciuto come ''Elenco degli aderenti al Manifesto della Razza''<ref>''I Dieci'', pp. 202-207.</ref>. L'elenco di Cuomo non ha valore storico e non costituisce una fonte primaria; il nome di Scaligero compare nell'elenco per ben due volte: sia come Antonio Sgabelloni, sia come Massimo Scaligero.
Scaligero, a proposito della sua partecipazione al fenomeno italiano del fascismo, scrisse nel suo libro autobiografico ''Dallo Yoga alla Rosacroce'':
{{citazione|Non politico, anzi apolitico per temperamento, tuttavia, giovanissimo, nel periodo fascista credetti poter immettere nella forma politica la mia visione del mondo: questo spiega la categoria in cui qualcuno ancora oggi tenta recludermi: categoria che io non rinnego per debito di lealtà e di verità, ma che non mi ha mai contenuto, né mi ha mai impedito di essere quello che realmente volevo. Tanto è vero che sono stato sempre un isolato, ospitato dalla stampa del tempo solo grazie alla validità etica degli argomenti che proponevo. Quello che ho scritto in quel periodo lo potrei ripubblicare oggi su qualsiasi giornale, di sinistra, di destra, o di centro, solo sostituendo alla parola «[[fascismo]]», per esempio, l'espressione «visione sociale», o «istanza morale». Se invece che in regime fascista mi fossi trovato in regime [[sovietico]], il contenuto delle mie idee sarebbe stato identico: avrei soltanto dovuto trovargli un'altra forma. I miei scritti del tempo stanno lì a testimoniare che io volevo allora quello che voglio tuttora: sottolineare, come senso ultimo dei problemi, l'esigenza della reintegrazione dell'uomo. Soltanto una via morale può garantire una via sociale: solo l'individuo libero che rechi in sé la moralità come forza, o come una seconda natura, è garanzia della giusta gestione di un organismo sociale e del suo stato di diritto: questo è stato sempre il senso dell'aspetto « politico » dei miei scritti: un pensiero d'una semplicità da parere ingenuo, e tuttavia concreta chiave del problema.|Massimo Scaligero
===Approdo all'antroposofia e gli ultimi anni===
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