Teramene: differenze tra le versioni

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Dopo la costituzione del regime oligarchico filo-spartano dei [[Trenta tiranni]], del quale fece parte, venne in contrasto con [[Crizia]], il capo dei Trenta, per il suo governo repressivo e sanguinario e fu da questi costretto al suicidio ([[404 a.C.]])<ref>{{Cita|Senofonte, Elleniche|II, 3,56|Senofonte}}.</ref>.
 
[[Senofonte]]<ref name=Senofonte-2-3-31/> tramanda che fu soprannominato dai contemporanei ''Coturno'' per il suo trasformismo politico nel passare con disinvoltura dalla fazione oligarchica a quella democratica e viceversa: il [[coturno]], infatti, era un calzare utilizzato dagli attori di teatro che poteva essere indifferentemente indossato sia al piede destro chesia a quello sinistro.
 
[[Plutarco]]<ref name=PlutCic>{{Cita|Plutarco, Cicerone|39|Plutarco}}.</ref> testimonia invece come [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] espresse nei suoi scritti la sua stima verso Teramene, paragonandolo a [[Pericle]] e a [[Cicerone]], mentre secondo [[Aristotele]],<ref name=AthPol>{{Cita|Aristotele, Costituzione degli Ateniesi|28, 5|Aristotele}}.</ref> Teramene fu, assieme a [[Nicia]] e a [[Tucidide (politico)|Tucidide di Melesia]], uno dei tre soli Αteniesi di nobili origini che nutrirono affetto e benevolenza verso il popolo.
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I motivi di questo cambiamento politico ad Atene sono da ricercarsi da una parte nell'esilio di [[Alcibiade]] ([[415 a.C.]]), dall'altra nella clamorosa disfatta nella [[spedizione in Sicilia]] ([[413 a.C.]]), che portò alla perdita quasi completa della flotta e dell'esercito ateniese.
 
Alcibiade, infatti, secondo quanto riporta Tucidide,<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 47-48|Tucidide}}.</ref> persuase alcuni [[trierarchia|triearchi]] della flotta ateniese di stanza a [[Samo (isola)|Samo]] ede alcuni politici, tra i quali [[Pisandro di Atene|Pisandro]] e Teramene, a convincere l'assemblea dei cittadini a rinunciare al governo democratico, con la promessa che sarebbe riuscito a spingere il [[satrapo]] [[Tissaferne]], al cui seguito si trovava, a garantire l'appoggio [[dinastia achemenide|persiano]] ad Atene nella [[guerra del Peloponneso|guerra]] contro [[Sparta]]. Tissaferne, infatti, non avrebbe mai accettato, secondo Alcibiade, di allearsi con Atene se la città non avesse rinunciato al regime democratico.
 
Pisandro convinse quindi l'[[Ecclesia (antica Grecia)|ecclesia]] ad accettare la proposta, e fu inviato un emissario ad Alcibiade, per comunicargli che gli venivano attribuiti, nonostante si trovasse in esilio, i pieni poteri per le trattative con Tissaferne.<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 53-54|Tucidide}}.</ref>
 
Alcibiade tuttavia non riuscì a persuadere il satrapo, ma Pisandro e i suoi compagni, tra i quali Teramene,<ref name=Tucidide8-68>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 68|Tucidide}}.</ref> ormai determinati al cambiamento istituzionale, si recarono a Samo,<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 56|Tucidide}}.</ref> dove si assicurarono l'appoggio della flotta ede incoraggiarono alcuni cittadini dell'isola a rovesciare il governo locale e ada instaurarvi un regime oligarchico.<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 63|Tucidide}}.</ref>
 
Nel frattempo, ad Atene, alcuni giovani aristocratici, cavalcando il malcontento generale per la sconfitta in Sicilia, presero il potere attraverso l'intimidazione e la forza, uccidendo chi si opponeva al colpo di Stato<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 65-66|Tucidide}}.</ref> e preparando il ritorno da Samo di Pisandro e degli altri politici, tra i quali Teramene, che avevano appoggiato la rivolta.<ref name=Tucidide8-68/>
 
Pisandro e i suoi compagni convocarono l'assemblea ede annunciarono una serie di misure, tra le quali la formale abolizione della democrazia, che sarebbe stata sostituita da una Boulé composta da quattrocento ateniesi scelti da una lista più ampia di cinquemila cittadini<ref name=Tucidide8-67/>.
Successivamente essi abrogarono le leggi in vigore e promulgarono una nuova costituzione di stampo oligarchico.<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 69-70|Tucidide}}.</ref>
 
=== La restaurazione democratica ===
{{vedi anche|Costituzione di Teramene}}
[[File:Eetioneia Gate (Piraeus)2.JPG|thumb|L'[[Eezioneia]], il molo del [[Pireo]] dove i Quattrocento eressero la fortificazione che Teramene fece abbattere.]]
Il governo oligarchico non durò però a lungo: il colpo di Stato a Samo fallì<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 73|Tucidide}}.</ref> e l'esercito di stanza nell'isola, una volta giunte le notizie, forse esagerate, delle intimidazioni e degli eccidi che venivano perpetrati ad Atene, giurò fedeltà alla democrazia.<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 74-76|Tucidide}}.</ref> Nel frattempo, ad Atene, il governo si divise tra i radicali, tra i quali [[Pisandro di Atene|Pisandro]], [[Frinico (oligarca)|Frinico]] ede [[Antifonte di Ramnunte]], che ricercavano con ogni forma di pressione la pace con Sparta, e i moderati, tra i quali Teramene ede [[Aristocrate di Atene|Aristocrate]], figlio di Scelio, che intendevano invece allargare il potere ada un'assemblea di cinquemila cittadini,<ref>{{Cita|Aristotele, Costituzione degli Ateniesi|29|Aristotele}}.</ref> anche se quest'ultima ipotesi fu considerata da Tucidide pura propaganda.<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 89|Tucidide}}.</ref>
 
La fazione radicale iniziò quindi a costruire una fortificazione sulla [[Eezioneia]], il molo posto all'ingresso del [[Pireo]], in modo da affrontare un attacco sia dal mare chesia da terra. Gli oligarchi ammassarono al suo interno grandi quantità di derrate alimentari.<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 90|Tucidide}}.</ref>
 
Teramene protestò veementemente contro la costruzione di tale opera, sostenendo che era stata preparata per essere consegnata agli Spartani e ai loro alleati quando avessero attaccato il porto.<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 90-91|Tucidide}}.</ref>
 
La situazione precipitò quando una flotta [[Lega del Peloponneso|peloponnesiaca]] si avvicinò al Pireo,<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 91|Tucidide}}.</ref> e Frinico, uno dei capi della fazione radicale dei Quattrocento, fu assassinato senza che si riuscissero ada identificare i mandanti dell'omicidio.
 
A quel punto Aristocrate, il comandante di un reggimento di opliti al Pireo, arrestò [[Alessicle]], un generale fedele alla fazione radicale, e Teramene, a sorpresa, si offrì volontario per guidare un gruppo di militari al Pireo per liberare il generale. Teramene, giunto al porto, ordinò ai soldati di liberare Alessicle ma, quando gli opliti gli chiesero se la costruzione della fortificazione di Eezioneia fosse una mossa giusta, rispose che abbatterla sarebbe stata una buona idea, e quindi esortò i militari a farlo.<ref>{{Cita|Tucidide, Guerra del Peloponneso|VIII, 92|Tucidide}}.</ref>
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=== Teramene stratego ===
{{vedi anche|Battaglia di Cizico (410 a.C.)}}
[[File:Battle of Cyzicus.svg|thumb|La strategia di Alcibiade nella [[Battaglia di Cizico (410 a.C.)|Battagliabattaglia navale di Cizico]]: attirata la flotta spartana in mare aperto, la chiuse fra tre fuochi con l'intervento delle flotte di Trasibulo e di Teramene.]]
Teramene fu nominato [[stratego]] dall'assemblea dei Cinquemila<ref>{{Cita|Senofonte, Elleniche|I, 7,5|Senofonte}}.</ref> e gli fu affidato il comando della flotta che operava nell'[[Ellesponto]].
 
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{{vedi anche|Battaglia delle Arginuse}}
[[File:Trireme.jpg|thumb|Un'antica [[trireme]]. Circa 25 triremi ateniesi affondarono o non furono in grado di navigare in seguito alla [[battaglia delle Arginuse]]. Teramene e Trasibulo furono incaricati dagli strateghi di soccorrere i naufraghi.]]
Nel [[406 a.C.]] Teramene partecipò come [[Trierarchia|trierarca]] alla [[battaglia delle Arginuse]]. La flotta ateniese ebbe la meglio su quella spartana a prezzo di gravi perdite: circa venticinque triremi ateniesi affondarono o non furono in grado di rientrare. Volgendo la sorte a favore degli Ateniesi, gli strateghi che nel frattempo stavano inseguendo la flotta nemica, incaricarono Teramene con il collega Trasibulo di soccorrere i naufraghi, ma una violenta tempesta sopraggiunta nel frattempo rese impossibile ai due trierarchi il salvataggio ede un numero imprecisato di naufraghi, probabilmente superiore al migliaio<ref>{{cita|Kagan|p. 459}}.</ref>, morirono annegati.
 
Ad Atene si istituì quindi un [[Processo delle Arginuse|processo]] per omesso soccorso contro gli otto strateghi che erano al comando della flotta.<ref name=Diodoro-13-98-100/><ref>{{Cita|Senofonte, Elleniche|I, 6,29-35|Senofonte}}.</ref> Gli strateghi accusarono invece i loro luogotenenti Teramene e Trasibulo di non aver eseguito i loro ordini, il che fu, secondo Diodoro,<ref>{{Cita|Diodoro Siculo, Bibliotheca historica|XIII, 101|Diodoro}}.</ref> un errore molto grave, in quanto in questo modo si inimicavano due personaggi molto abili nell'arte oratoria, con molti sostenitori ad Atene, e che avevano direttamente partecipato alle fasi cruciali della battaglia navale.
 
Senofonte tramanda che Teramene, in particolare, fece partecipare all'assemblea numerosi cittadini che avevano capelli rasati ed erano vestiti di nero, come se fossero tutti parenti delle vittime, mentre invece erano abbigliati in quel modo per la festa delle [[Apaturie]] che era in corso in quei giorni. Inoltre, Teramene convinse a sostenere l'accusa contro gli strateghi il politico [[Callisseno]], che pretese ede ottenne la votazione per la pena di morte per gli imputati con scrutinio palese e non segreto, come era da procedura in questi casi.<ref>{{Cita|Senofonte, Elleniche|I, 7,8-9|Senofonte}}.</ref>
 
Teramene e Trasibulo furono assolti, mentre gli otto strateghi, nonostante l'opposizione di [[Socrate]], che in quell'occasione era stato sorteggiato come [[epistate]], furono tutti condannati a morte e alla confisca dei beni; i sei strateghi presenti (due, infatti, non si erano recati ad Atene, sparendo nel nulla) furono giustiziati subito dopo.<ref name=Senofonte7-1-34/>
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=== La resa di Atene ===
{{vedi anche|Guerra deceleica}}
Nel [[405 a.C.]], ada [[battaglia di Egospotami|Egospotami]], la flotta ateniese fu duramente sconfitta e definitivamente distrutta dalla flotta peloponnesiaca, guidata dallo spartano [[Lisandro]].
 
Gli Ateniesi, privati della flotta e con gli Spartani accampati alle porte della città pronti all'assedio, mandarono ambasciatori prima al re lacedemone [[Agide II]], che si trovava nell'accampamento, e poi direttamente a Sparta dagli [[efori]], offrendo la resa della città in cambio del mantenimento del [[Pireo]] e delle [[Lunghe Mura]]. Gli Spartani rifiutarono però l'offerta.<ref name=Senofonte2-2-1-14>{{Cita|Senofonte, Elleniche|II, 2,1-14|Senofonte}}.</ref>
 
Teramene chiese ede ottenne dall'assemblea di essere inviato come ambasciatore da Lisandro, dove restò per tre mesi a "spiare il momento in cui gli Ateniesi, totalmente privi di grano, avrebbero accettato qualunque proposta".<ref>{{Cita|Senofonte, Elleniche|II, 2,16|Senofonte}}.</ref> Il quarto mese tornò, dicendo che era stato trattenuto da Lisandro e che questi gli aveva detto di andare a Sparta a parlare cogli efori: per questa missione l'assemblea conferì eccezionalmente a Teramene pieni poteri di trattativa, tanto che lo Stiriense non rivelò ai concittadini il contenuto della proposta che intendeva offrire agli Spartani, e lo mandò dagli efori con altri nove ambasciatori a trattare la pace.<ref>{{cita|Natalicchio|pag. 23}}.</ref> Il cosiddetto ''Papiro di Teramene'',<ref>{{cita|Merkelbach}}.</ref> di recente scoperta, motiva questa segretezza con la volontà di evitare fughe di notizie prima dell'arrivo dell'ambasceria a Sparta.<ref>{{cita|Natalicchio|pag. 30}}.</ref>
 
Teramene negoziò la resa di Atene alle seguenti condizioni: abbattimento delle Lunghe Mura, limitazione del numero di triremi che potevano essere ricostruite e consegna di quelle rimaste tranne dodici, amnistia per gli Ateniesi in esilio, che avrebbero potuto quindi tornare in città, e subordinazione di Atene a Sparta per ogni decisione riguardante la politica estera.<ref name=Senofonte2-2-1-14/> In cambio, Teramene ottenne che la città fosse risparmiata, e che potesse mantenere la costituzione democratica.<ref name=Diodoro-14-3/>
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=== I Trenta tiranni ===
{{vedi anche|Trenta tiranni}}
Pur mantenendo formalmente la costituzione democratica, i politici ateniesi fautori dell'oligarchia, tornati ad Atene dall'esilio ede appoggiati dagli Spartani, imposero alla città un governo nel quale il potere era esercitato esclusivamente da trenta magistrati, detti i "[[Trenta tiranni]]". Teramene inizialmente aveva avversato questa decisione,<ref name=Diodoro-14-3-6>{{Cita|Diodoro Siculo, Bibliotheca historica|XIV, 3,6-7|Diodoro}}.</ref> ma poi fu convinto da Lisandro. Secondo Lisia dieci dei Trenta tiranni furono scelti dai fautori dell'oligarchia, dieci direttamente da Lisandro e dieci da Teramene, che incluse se stesso nel gruppo;<ref>{{Cita|Lisia, Contro Eratostene|6|Lisia}}.</ref> secondo lo storico [[Luciano Canfora]], comunque, questa suddivisione è inverosimile.<ref>{{cita|Canfora 2|p. 69}}.</ref>
 
Ben presto Teramene si scontrò con la politica repressiva ede autoritaria dei suoi colleghi e in particolare di [[Crizia]], capo indiscusso del gruppo,<ref>{{Cita|Senofonte, Elleniche|II, 3,11-14|Senofonte}}.</ref> che instaurò un vero e proprio regime di terrore, mandando a morte parecchi cittadini col solo motivo di essere stati popolari durante il periodo democratico.<ref>{{Cita|Senofonte, Elleniche|II, 3,15|Senofonte}}.</ref>
 
Teramene, non potendo opporsi a Crizia con la forza, tentò di estendere il potere decisionale ada una cerchia più ampia di cittadini.<ref>{{Cita|Aristotele, Costituzione degli Ateniesi|36|Aristotele}}.</ref> Crizia dunque per prevenire tale disegno prevenne Teramene scegliendo tremila ateniesi da associare al governo. Teramene obiettò che questo numero fosse troppo esiguo e Crizia, per tutta risposta, fece confiscare le armi di tutti gli Ateniesi che non erano inclusi in tale lista.<ref>{{Cita|Senofonte, Elleniche|II, 3,17-20|Senofonte}}.</ref>
 
Successivamente i Trenta decisero di arrestare e far uccidere altrettanti [[meteco|meteci]], scelti tra i più facoltosi, al solo scopo di confiscare loro i beni: Teramene si rifiutò di eseguire l'ordine;<ref>{{Cita|Senofonte, Elleniche|II, 3,21-22|Senofonte}}.</ref> Crizia allora intuì che lo Stiriense era troppo pericoloso e decise di eliminarlo. Convocatolo davanti all'assemblea dei Tremila, lo accusò pubblicamente di seguire la fazione politica che gli convenisse a seconda delle circostanze,<ref>{{Cita|Senofonte, Elleniche|II, 3,23-24|Senofonte}}.</ref> ricordando, come testimonia Senofonte,<ref name=Senofonte-2-3-31>{{Cita|Senofonte, Elleniche|II, 3,31|Senofonte}}.</ref> il suo soprannome di "Coturno".
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Nella sua difesa Teramene ribatté di essersi sempre comportato da politico moderato, cercando di conciliare le tradizioni democratiche con una forma di governo che includesse nel potere decisionale solo i cittadini ateniesi che avessero almeno il grado militare di [[oplita]]. Il discorso di Teramene fece presa sull'assemblea e, secondo quanto riporta Senofonte,<ref>{{Cita|Senofonte, Elleniche|II, 3,35-49|Senofonte}}.</ref> Crizia intuì che, se si fosse andati al voto, lo Stiriense sarebbe stato assolto. Il capo dei Trenta Tiranni fece quindi schierare dei soldati armati davanti all'assemblea per impedire ai cittadini di intervenire e dopo aver formalmente destituito Teramene dai Trenta ordinò agli Undici, gli ufficiali addetti alle condanne a morte, di arrestarlo, negandogli la possibilità di difendersi in un regolare processo.<ref>{{Cita|Senofonte, Elleniche|II, 3,50-56|Senofonte}} La difesa di Teramene è giudicata inverosimile dal filologo [[Luciano Canfora]] che presume sia stata inventata da Senofonte stesso nel tentativo di appoggiare un'immagine positiva dello Stiriense che inevitabilmente avrebbe giovato anche a lui, cavaliere dei Trenta, sottolineando come una parte dei magistrati, guidata da Teramene, avesse in realtà avuto delle buone intenzioni {{cita|Canfora|pp. 386-387}}.</ref>
 
[[File:Kottabos Met 56.171.62.jpg|thumb|sinistra|Giocatore di [[cottabo]] raffigurato su una [[kylix]] attica a figure rosse: Teramene parodiò questo gioco prima di morire.]]
Senofonte riporta che Teramene invocò gli dèidei a testimonianza del crimine che veniva commesso e quando Satiro, uno dei collaboratori degli Undici, gli intimò che se non fosse stato zitto gli sarebbe capitato qualcosa di male, lo Stiriense, con amaro senso dell'umorismo, rispose:
 
{{Citazione
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== Storiografia ==
Teramene, protagonista dei maggiori punti di controversia degli ultimi anni del V secolo a.C., dall'esperimento oligarchico della [[Boulé dei Quattrocento]] al [[processo delle Arginuse]], dalla [[Guerra del Peloponneso#La fase Deceleica (413-404 a.C.)|resa di Atene]] fino alla tirannide dei [[Trenta tiranni|Trenta]], è stato sia elogiato chesia disprezzato dalla storiografia antica e moderna. La sua figura complessa emerge in ogni caso, dando adito a svariate interpretazioni della sua breve ede intensa carriera politica.
 
=== Fonti antiche ===
==== Senofonte e Tucidide ====
[[File:Parc de Versailles, Rond-Point des Philosophes, Lysias, Jean Dedieu inv1850n°9452 03.jpg|thumb|L'oratore Lisia attribuisce a Teramene, in quanto membro effettivo dei Trenta, la responsabilità condivisa delle atrocità perpetrate durante il periodo della tirannide.]]
Le fonti antiche che descrivono nel dettaglio la personalità e l'operato politico di Teramene sono principalmente le ''[[Elleniche]]'' di [[Senofonte]]<ref>{{cita|Natalicchio|pag. 43-47}}.</ref> e l'orazione ''[[Contro Eratostene]]'' di [[Lisia]].<ref>{{cita|Natalicchio|pag. 20-25}}.</ref>
 
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Lisia gli attribuisce, in quanto membro effettivo dei Trenta, la responsabilità condivisa delle atrocità perpetrate durante il periodo della tirannide, motivando la sua versatilità politica con la sete di potere che lo spinse a schierarsi prima con gli oligarchici, poi coi democratici, poi coi Tiranni, per rinnegarli infine nell'ultimo periodo della sua vita.
 
Secondo l'oratore ateniese, infatti, la scelta di schierarsi contro i Quattrocento, dei quali inizialmente era stato un fautore e uno dei principali artefici, era motivata dal fatto che costoro l'avevano relegato ada un ruolo di secondo piano nel governo della città,<ref>{{cita|Natalicchio|pag. 22}}.</ref> mentre il voltafaccia nei confronti di Crizia non sarebbe stato motivato dalla lealtà nei confronti dei cittadini dopo la svolta autoritaria del regime, bensì dalla sete di potere che avrebbe spinto lo Stiriense a cercare una posizione dominante nel gruppo, cercando di nuovo il consenso popolare.<ref>{{cita|Natalicchio|pag. 24}}.</ref>
 
Lisia insiste inoltre sulle responsabilità di Teramene nell'instaurazione del governo dei Trenta, evitando però accuratamente di dilungarsi sull'opposizione dello Stiriense a Crizia, ma soprattutto lo incolpa di aver tradito Atene in occasione della fine della Guerraguerra del Peloponneso, costringendo i cittadini ad accettare le durissime condizioni di resa dei Lacedemoni, che prevedevano la demolizione delle mura e la perdita della flotta. A questo proposito, Lisia lo contrappone alla figura di [[Temistocle]], che aveva invece eretto le mura a difesa della città ingannando gli Spartani.<ref name=Nat21>{{cita|Natalicchio|pag. 21}}.</ref>
 
L'ostilità di Lisia nei confronti di Teramene è facilmente spiegabile dal contesto dell'orazione che, formulata dall'oratore come accusa nel processo intentato, dopo la restaurazione democratica, contro [[Eratostene di Atene|Eratostene]], un membro dei Trenta che era stato direttamente responsabile dell'uccisione di [[Polemarco (filosofo)|Polemarco]], fratello di Lisia stesso. Eratostene apparteneva infatti allo schieramento moderato dei Trenta, capeggiato da Teramene, perciò Lisia per cercare di aggravare le responsabilità dell'accusato cerca in tutti i modi di screditare l'operato della fazione politica dello Stiriense, evidenziando come i Trenta Tirannitiranni fossero tutti responsabili delle atrocità commesse durante il regime, nonostante le opposizioni interne al gruppo.<ref name=Nat21/>
 
==== Aristotele, Plutarco e oltre ====
La tradizione ostile dovuta all'orazione di Lisia non ha però impedito a Teramene di essere preso come esempio positivo dagli scrittori degli anni successivi: Aristotele<ref name=AthPol/> lo definisce un moderato e un cittadino modello<ref>{{cita|Perrin|pag. 668–689}}.</ref> e lo associa a Nicia e a Tucidide come esempio di ateniese di nobili origini che abbia nutrito benevolenza ede affetto verso il popolo, mentre Plutarco<ref name=PlutCic/> testimonia come [[Gaio Giulio Cesare|Giulio Cesare]] abbia espresso nei suoi scritti la sua stima verso lo Stiriense, paragonandolo a Pericle e a Cicerone.
Secondo [[Luciano Canfora]], anche la storiografia romana riguardante l'epoca di Teramene è stata influenzata dal giudizio positivo del II libro di Senofonte.<ref>{{cita|Canfora|p. 383}}.</ref>
 
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La storiografia moderna del diciannovesimo secolo, seguendo la tradizione ostile di Lisia, considera generalmente Teramene un voltagabbana e un traditore,<ref name=Harding>{{cita|Harding|pag. 101}}.</ref><ref>{{cita|Andrewes|pag. 112}}.</ref> soprattutto per il suo atteggiamento nel processo delle Arginuse.
 
La scoperta della ''[[Costituzione degli Ateniesi]]'' di Aristotele nel 1890 consentì però una rivalutazione storica del personaggio perché, come abbiamo visto, il filosofo di Stagira presenta lo Teramene come cittadino moderato ed esemplare.<ref name=Harding/>
 
Secondo [[Luciano Canfora]], Aristotele si rifece prevalentemente ada [[Eforo di Cuma]], che a sua volta era stato fortemente influenzato da [[Isocrate]], sostenitore della teoria secondo la quale è dovere del bravo cittadino saper fare politica in ogni sistema politico, purché non deviante.<ref>{{cita|Canfora|p. 376}}.</ref>
 
La storiografia recente accetta in genere l'immagine moderata di Teramene, fautore di un'idea di democrazia dove le decisioni debbano essere prese dai cittadini che siano almeno della condizione di oplita,<ref>{{cita|Kagan|pag. 379}}.</ref> in contrasto quindi sia agli estremismi dell'oligarchia autoritaria chesia a quelli della demagogia populista.
 
== Cronologia degli eventi ==
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* 408 a.C. Teramene guida l'ala sinistra dell'esercito ateniese durante l'[[Assedio di Bisanzio (408 a.C.)|assedio di Bisanzio]].
* 406 a.C. Teramene partecipa come [[trierarca]] alla [[battaglia delle Arginuse]]. Nel conseguente [[Processo delle Arginuse|processo]], viene assolto mentre i suoi superiori vengono condannati a morte.
* 404 a.C. Teramene viene inviato a Sparta come ambasciatore plenipotenziario per trattare la resa. Ad Atene viene instaurato il regime oligarchico dei [[Trenta Tirannitiranni]] del quale Teramene fa parte. Venuto in contrasto con [[Crizia]], il capo dei Trenta, viene da questi mandato a morte.
 
== Note ==