Scipio Secondo Slataper: differenze tra le versioni
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==Biografia==
Nacque a Roma il 26 gennaio [[1915]]<ref name=B1p409/>, figlio dello scrittore e patriota triestino [[Scipio Slataper|Scipio]]<ref group=N>Il cantore del [[Carso]], direttore della fiorentina ''[[La Voce (rivista)|La Voce]]'' che tanto profondo segno ha lasciato in tutta la cultura italiana, caduto sul [[Podgora]] nel [[1915]].</ref>, e di Gigetta Carniel, e nipote del [[tenente colonnello]] [[Guido Slataper|Guido]]<ref group=N>Il cui figlio [[Giuliano Slataper|Giuliano]] cadde a sua volta in [[Russia]] e fu decorato con la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.</ref>. Conseguita la [[laurea]] in [[ingegneria industriale]]<ref name=B1p409/> presso il [[Politecnico di Milano]], nel [[1939]], ottenne il brevetto di [[sottotenente]] di complemento<ref name=B1p408>{{Cita|Bianchi, Cattaneo 2011|p. 408}}.</ref> nell'aprile del [[1941]], è destinato in servizio all'Arsenale di [[Torino]]. A seguito della sua richiesta di trasferimento a un reparto da combattimento<ref name=B1p409/>, nel giugno successivo è assegnato al [[5
==Intitolazioni==
Alla sua memoria e a quella del cugino, [[Giuliano Slataper|Giuliano]], è intitolato un [[Bivacco Slataper|bivacco]] sulle [[dolomiti]] [[Provincia di Belluno|bellunesi]] in [[San Vito di Cadore|Alto Fonde de Ruseco]] a 2.650 metri.<ref name=B1p409/>
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animosi più volte distintisi per avere portato a termine ardue e pericolose puntate nel solido schieramento nemico. Durante il gelido estenuante ripiegamento, assolveva importanti e delicati compiti, partecipando ad aspri combattimenti e sopportando con stoica fermezza, benché febbricitante, i più duri disagi. Durante una grave crisi, slanciatosi volontariamente nella mischia alla testa dei suoi alpini, attaccava deciso una postazione nemica e l’annientava in un ardito assalto con bombe a mano, permettendo
il proseguimento della colonna. Benché gravemente ferito al viso si risollevava e con rinnovato impeto trascinava i propri uomini all’inseguimento di un gruppo di fuggiaschi. Ferito una seconda volta mortalmente, in un estremo sforzo di volontà, estraeva l’ultima bomba a mano e la lanciava contro il nemico. Degno continuatore di una stirpe di eroi, cadeva fiero di poter offrire la giovane vita in olocausto alla Patria, il suo ultimo saluto di soldato
e di cittadino suonava ancora una volta di suprema sfida allo avversario gridando: « Viva l’Italia!, Viva il 5
|fonte = Bianchi, Cattaneo 2011, vol 1°
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