Giuseppe Garibaldi: differenze tra le versioni

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Più volte nel corso della fuga sfuggì a eventuali catture, dopo aver superato il [[Varo (fiume)|fiume Varo]]: la prima quando al confine venne condotto momentaneamente a [[Draguignan]],<ref>Prima venne portato a [[Grasse]] e poi condotto a Draguignan in attesa di ordini da Parigi Garibaldi fuggì nell'attesa da una finestra, si veda {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni |Garibaldi, pag 22|2010|BiblioLife||isbn = 978-1-149-38210-3}}</ref> poi in un'osteria dove cantò per sfuggire agli sguardi dell'oste che minacciò di farlo arrestare.<ref>Cantò [[il Dio della gente onesta]] di [[Pierre-Jean de Béranger]] (1780-1857), si veda {{Cita|Dumas|pp. 31-32}}</ref> Giunse infine a Marsiglia. Intanto venne indicato come uno dei capi della cospirazione, fu condannato ''alla pena di morte ignominiosa'' in [[contumacia]] in quanto nemico della Patria e dello Stato.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 25}}.</ref> Garibaldi divenne così un [[ricercato]] e in quel tempo visse per un breve periodo dal suo amico [[Giuseppe Pares]].<ref>{{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 22|1982 |Mursia|}}</ref> Continuò sotto falso nome, assunta l'identità dell'inglese ''Joseph Pane'', a viaggiare: il 25 luglio salpò verso il mar Nero sul brigantino francese ''Union'' raccontando di essere un ventisettenne nato a [[Napoli]].<ref>{{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 23|1982|Mursia|}}</ref>
 
Doveva svolgere l'attività di marinaio ma in realtà diventò secondo.<ref>Il motivo per cui ufficialmente non poteva farsi assumere come secondo era la documentazione necessaria che non poteva esibire, si veda {{Cita|Scirocco|p. 26}}</ref> Sbarcò il 2 marzo 1835, e in maggio fu in [[Tunisia]], dove si offrì come istruttore per gli equipaggi del Bey.<ref>A.M.Ghisalberti, op.cit., p.51.</ref> Quando tornò a Marsiglia trovò la città devastata da una grave [[epidemia]] di [[colera]]; offertosi come [[Volontariato|volontario]], lavorò in un ospedale,<ref>{{Cita|Smith|p. 13}}.</ref> in qualità di ''benevolo'', e ci rimase per quindici giorni.<ref>{{Cita|Dumas|p. 34}}.</ref> In quel periodo conobbe [[Antonio Ghiglione]]<ref>Si ipotizza che fu lui a iniziarlo alla ''[[Giovine Europa]]''; esiste la testimonianza di [[Agostino Ruffini]] della presenza di Ghiglione in un porto di mare francese, probabilmente Marsiglia, intorno al 7 giugno, mentre in una successiva lettera di Garibaldi, scritta in Brasile, indirizzata a Mazzini afferma di conoscere Ghiglione, si veda {{Cita|Scirocco|p. 27}}</ref> e [[Luigi Canessa]]. Poiché le rotte erano chiuse in parte per via del colera, Garibaldi decise di partire alla volta del [[America Meridionale|Sud America]] con l'intenzione di propagandare gli ideali mazziniani. L'8 settembre [[1835]] partì da Marsiglia sul [[brigantino]] ''Nautonnier'', nave comandata da Beauregard,<ref>{{cita libro|Luigi |Palomba |Vita di Giuseppe Garibaldi, pag 12|1882|E. Perino|}}</ref> assumendo la falsa identità di Giuseppe Pane e affermando di essere nato a [[Livorno]]; data la sua paga di 85 franchi, si presuppone che non svolse in mare gli incarichi di marinaio la cui paga era inferiore.
 
=== Esilio in Sud America ===
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Il 16 agosto Brown iniziò a fare fuoco. Risultano inutili i tentativi di resistenza; Urioste cercò di portare lo scontro sulla terra ma venne sconfitto, intanto [[Alberto Villegas]] con il suo gruppo fuggì. Dopo tre giorni di combattimenti,<ref>{{Cita|Dumas|p. 154}}.</ref> le navi vennero incendiate, ma alcuni dei corsari saltarono in aria con esse. Garibaldi si trasferì prima a [[Goya (Corrientes)|Goya]] e, dopo vari spostamenti, il 19 novembre si ritrovò a [[Paysandú]]; qui ricevette l'ordine dal generale [[Felix Edmondo Aguyar]] di compiere alcune azioni militari. Venne poi richiamato a Montevideo, ma prima di raggiungerli dovette bruciare nuovamente la flottiglia che comandava. Giunto nel dicembre del 1842 con l'incarico di ricostruire la flotta perduta, con un attacco affondò il 2 febbraio [[1843]] un brigantino che faceva parte della flotta di Brown; pochi giorni dopo venne respinto un primo tentativo del generale [[Manuel Oribe]]; [[Assedio di Montevideo (1843-1851)|l'assedio]] iniziò il 16 febbraio 1843.<ref>{{Cita|Possieri|p. 102}}.</ref> Il 29 aprile, dopo aver rinforzato l'[[Isla de Ratas]], si ritrovò di fronte il giorno dopo nuovamente Brown. L'ammiraglio contava su due brigantini e due golette, Garibaldi due imbarcazioni con un cannone ciascuno; gli inglesi intervennero salvandoli.<ref>L'isolotto venne poi chiamato [[Isola della Libertà]], {{Cita|Scirocco|pp. 104-105}}</ref>
[[File:Insegna Legione Italiana 1846.jpg|alt=Insegna Legione Italiana 1846.jpg|miniatura|Insegna della Legione Italiana in Uruguay (1846)]]
Alla fine dell'anno prese il comando della [[Legione italiana (Garibaldi)|Legione italiana]], nella quale combattevano quasi 500 volontari. Salutando il vessillo della legione, il volontario italiano Luigi Missaglia gridò:{{Citazione|Italiani! Questi non sono i colori che la nostra Patria, costituita in nazione libera e indipendente dalle Alpi al mare, un giorno adotterà. Questo vessillo è simbolo di lutto e di vendetta...Stringiamoci tutti per ora intorno a questa bandiera, che, santificata in terra straniera dalla vittoria e simbolo della nostra stessa oppressione, deve essere tenuta alta fino alla morte per l'onore d'Italia.<ref>A.M.Ghisalberti, Figure rappresentative del Risorgimento, Torino 1954, p.52</ref>}} Il colore scelto per le divise fu il rosso,<ref>Erano delle tuniche di lana rosse, erano state preparate per chi lavorava nei macelli (i saladeros), ma interrotto il traffico fu merce mai giunta a destinazione. Il governo approfittò del prezzo basso.{{Cita|Scirocco|p. 101}}</ref>; la bandiera, un drappo nero rappresentava il [[Vesuvio]] in eruzione.<ref>L'ammiraglio Winnington-Ingram raccontò i vari particolari e vide lo stesso Garibaldi indossarne una durante l'attacco a Montevideo nel testo: {{cita libro|H.F.|Winnington-Ingram |Hearts of Oak|1889|Allen|Londra}} Si veda anche: {{Cita|Possieri|pp. 103-104}}</ref> In seguito venne tradito dal colonnello [[Angelo Mancini]],<ref>Disertò insieme ad altri ufficiali. {{Cita|Smith|p. 27}}</ref> Dopo piccole vittorie conseguite rifiutò in una lettera del 23 marzo [[1845]] la proposta fatta a gennaio dal generale [[Fructuoso Rivera]], capo dei ''Colorados'', che voleva regalare alcune terre alla Legione italiana.<ref>Come aveva fato in precedenza con la legione francese si veda anche {{Cita|Sacerdote|p. 285}}</ref>
 
Si cercò di far finire l'assedio: si opposero senza successo gli ammiragli [[Samuel Ingliefeld]] e [[Émile Lainé]]<ref>[http://www2.assemblee-nationale.fr/sycomore/fiche/%28num_dept%29/10897 ''Assemblée nationale''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20170803131634/http://www2.assemblee-nationale.fr/sycomore/fiche/%28num_dept%29/10897 |data=3 agosto 2017 }}</ref>, mentre Brown si ritirò, e tempo dopo volle salutare il suo avversario. Nell'agosto 1845 Ingliefeld iniziò insieme a Garibaldi ad aprirsi un varco, con l'intenzione di conquistare porti nemici.<ref>{{Cita|Possieri|p. 105}}.</ref> Il nizzardo comandava due brigantini: ''Cagancha'' (64 uomini)<ref>{{cita libro|Ivan |Boris |Gli anni di Garibaldi in Sud America: 1836-1848, pag 248|1970|Longanesi|}}</ref> e il ''28 de marzo'' (36 uomini), e altre navi. Si aggiunsero i validi aiuti di [[Juan de la Cruz]] e [[José Mandell]]. Dopo aver preso l'[[isola del Biscaino]] e [[Gualeguaychú]]<ref>Dove il comandante militare era un certo colonnello Villagra e non il torturatore Millán, equivocando con Gualeguay, città del passato di garibaldi. Si veda {{Cita|Scirocco|p. 112}}</ref> si aggiunse la goletta francese ''Eclair'' al cui comando vi era [[Hippolite Morier]], si giunse davanti a Salto, occupata dagli uomini di [[Manuel Lavalleja]].<ref>Manuel, fratello del più celebre generale [[Juan Antonio Lavalleja]], ignorò il messaggio inviatogli da Garibaldi, era il 6 ottobre. Si veda {{cita libro|Ivan |Boris |Gli anni di Garibaldi in Sud America: 1836-1848, pag 253|1970|Longanesi|}}</ref> Egli, dopo essere stato sconfitto da [[Francesco Anzani]], abbandonò la città che il 3 novembre fu occupata da Garibaldi.
Giuseppe Garibaldi entrò in Massoneria nel 1844 nella Loggia “Asil de la Vertud” di Montevideo (o forse come alcuni vogliono del Rio Grande del Sud), una loggia “spuria”, emanazione della Massoneria brasiliana e non riconosciuta dalle grandi Comunioni mondiali. Nello stesso anno, il 18 agosto, fu regolarizzato nella Loggia “Amis de la Patrie” di Montevideo all’obbedienza del Grande Oriente di Francia, nel libro matricola della Loggia gli fu assegnato il numero 50.
[[File:Giuseppe Garibaldi at the battle of San Antonio....jpg|thumb|left|Garibaldi nella battaglia di San Antonio]]
[[Justo José de Urquiza]] iniziò l'[[assedio]] alla cittadina il 6 dicembre;<ref>{{Cita|Sacerdote|p. 298}}.</ref> dopo diciotto giorni di attacchi lasciò una parte dei suoi uomini, 700 di essi e abbandonò l'impresa. Il 9 gennaio [[1846]] Garibaldi ottiene la sua prima vittoria contro gli assedianti, attaccando di notte. Il generale [[Anacleto Medina]] intanto stava giungendo a dar man forte con i suoi 500 cavalieri; Garibaldi cercò di affrontarlo con 186 legionari e 100 uomini guidati dal colonnello [[Bernardino Baez]]<ref>{{Cita|Scirocco|p. 114}}.</ref> ma vennero colti di sorpresa a loro volta dal generale [[Servando Gómez]] nei pressi di San Antonio.<ref>Il combattimento era iniziato intorno alle 11 del mattino, si veda {{Cita|Dumas|p. 180}}</ref> Gli uomini trovarono riparo nei resti di un saladero, dove si organizzarono, sparando solo a bruciapelo; e, attaccando in seguito con la [[baionetta]], riuscirono a resistere all'attacco; dopo otto ore di combattimento, Garibaldi ordinò la ritirata.<ref>Del resoconto della battaglia esistono numerose versioni particolareggiate, tutte descritte dai testimoni dell'episodio, in particolare 3 sono quelle rilasciate dallo stesso Garibaldi. Si veda per un approfondimento: {{cita libro|Jasper Godwin|Ridley |Garibaldi, pp. 235-242|1975 |Mondadori|}}</ref> Si conteranno 30 morti a cui si aggiungeranno 13 dei feriti mentre Servando ne avrà contati più di 130.<ref>Furono trovate nei giorni seguenti due fosse: una conteneva 86 cadaveri l'altra circa 60, ma il numero dei morti potrebbe essere stato più elevato, si veda {{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 113|1982 |Mursia|}}</ref>I morti verranno raccolti e seppelliti in una fossa comune su cui verrà piantata una bandiera in loro onore: è l'8 febbraio [[1846]]<ref>Per questa azione il governo decise di aggiungere in lettere d'oro un'iscrizione commemorativa sulla loro bandiera, si veda {{Cita|Scirocco|p. 116}}</ref>.
 
InI occasionemorti delverranno combattimentoraccolti dele Saltoseppelliti diin Sant'Antoniouna dell'8fossa ecomune 9su febbraiocui Garibaldiverrà ebbepiantata auna direbandiera conin orgoglioloro onore:{{Citazione|Oggi ioè nonl'8 febbraio [[1846]]<ref>Per questa dareiazione il miogoverno nomedecise di legionarioaggiungere italianoin perlettere d'oro un'iscrizione mondocommemorativa disulla oro<ref>A.M.Ghisalberti,loro op.cit.bandiera, si veda {{Cita|Scirocco|p.53 116}}</ref>}}. Il nizzardo rimase a Salto per diversi mesi, respingendo ogni attacco. Il 20 maggio attaccò nella notte [[Gregorio Vergara]] e nel ritorno prima di guadare un ruscello decise di attaccare i soldati che li inseguivano comandati da [[Andrés Lamas]].<ref>Si trattavano di due ufficiali di Servando Gómez, si veda {{cita libro|Giuseppe |Guerzoni |Garibaldi, pag 87|2010|BiblioLife||isbn = 978-1-149-38210-3}}</ref> Le gesta oltre oceano di Garibaldi divennero celebri in Italia grazie al patriota [[Angelo Raffaele Lacerenza|Raffaele Lacerenza]], che diffuse a proprie spese in tutto il paese seimila copie del ''Decreto di grazie ed onori'' concessi dal governo di Montevideo ai legionari italiani.<ref>G. De Ninno, ''Biografia di Angelo Raffaele Lacerenza'', Pansini, Bari, 1913</ref>
 
=== Giuseppe e Anita ===
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== Personalità ==
=== Il pensiero politico ===
Garibaldi non può definirsi propriamente un politico professante una precisa [[ideologia]]; in un'epoca in cui fiorivano molti ideali politici egli non aderì apertamente a nessuno di essi,. maGaribaldi attaccò il [[clericalismo]], il [[conservatorismo]], l'[[assolutismo]], qualsiasi ordinamento sociale che fosse basato sull'ingiustizia e la violenza. Il suo non era un atteggiamento rigido, quando si trattava di combattere per il bene dell'Italia; pragmaticamente disse {{Citazione|Pio IX e Carlo Alberto mi rappresentano Iddio, e non avrò ribrezzo ad adorarli se faranno il dover loro.<ref>A.M.Ghisalberti, Figure rappresentative del Risorgimento, Torino 1954, pp. 53</ref>}} e più tardi dichiarò che per l'Italia sarebbe stato disposto a seguire anche il diavolo. Del 1865 sono le sue parole:{{Citazione|" Ma avete mai inteso che io appartenga a qualche partito? Io ho sempre inteso di appartenere alla nazione italiana<ref>A.M.Ghisalberti, op.cit.,p. 50</ref>}}" e nel 1867, in un congresso a Ginevra, chiariva: "Noi non vogliamo abbattere le monarchie per fondare repubbliche, ma vogliamo distruggere l'assolutismo per fondare sulle sue rovine la libertà e il diritto".<ref>A.M.Ghisalberti,op.cit. Figure rappresentative del Risorgimento, pTorino 1954, pp. 50-51</ref> Egli proclamò una protesta ideale sociale che tuttavia non gli fu riconosciuta dal filosofo anarchico [[Pierre-Joseph Proudhon]] che lo accusava di aver intrapreso, assieme a Mazzini, un'unificazione italiana sotto il segno della monarchia sabauda e quindi un'opera di [[centralizzazione]] dello Stato a scapito del [[federalismo]] rispettoso delle libertà locali delle diverse popolazioni italiane.<ref>[https://www.corriere.it/unita-italia-150/10_dicembre_31/proudhon-libro-salvatori_3d371780-14f3-11e0-8d15-00144f02aabc.shtml?refresh_ce-cp ''Corriere.it'']</ref>
 
I maggiori protagonisti della storia risorgimentale italiana non lo riconobbero come un sostenitore dei loro programmi politici. Per [[Mazzini]], Garibaldi, dopo l'[[impresa dei Mille]], con la cessione delle sue conquiste al re era da considerarsi come un traditore<ref>Giacomo Emilio Curàtulo, ''Il dissidio tra Mazzini e Garibaldi: la storia senza veli. Documenti inediti'', A. Mondadori, 1928</ref> e a sua volta Garibaldi nel suo ''Memoriale'' giudica duramente Mazzini:
{{Citazione|Io conosco le masse italiane meglio di Mazzini perché sono sempre vissuto in mezzo ad esse; Mazzini, invece, conosce solo un’Italia intellettuale.<ref>Franco Della Peruta, ''Garibaldi tra mito e politica'',Studi Storici, Anno 23, No. 1 (Gen. - Mar., 1982), pp. 5-22
Pubblicato da: Fondazione Istituto Gramsci</ref>}}
Tuttavia Garibaldi nel 1864 riconobbe a Mazzini il fatto che {{Citazione|Egli solo era desto quando gli altri dormivano.<ref>A.M.Ghisalberti, op.cit. p. 51</ref>}}
 
Peggiori il giudizio e il sentimento del re [[Vittorio Emanuele II]] nei confronti di chi gli aveva donato tanta parte d'Italia: