Volontà: differenze tra le versioni
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[[Plotino]], rifacendosi a Platone, sostenne analogamente che il male non ha consistenza, essendo soltanto una privazione del Bene che è l'[[Uno (filosofia)|Uno]] assoluto. La volontà umana consiste quindi nella capacità di ritornare all'origine indifferenziata del tutto attraverso l'[[estasi]], la quale però non può essere mai il risultato di un'azione pianificata o deliberata. Si ha infatti in Plotino la rivalutazione del procedere [[inconscio]], dato che il pensiero cosciente e puramente logico non è sufficiente. Lo stesso Uno genera da sé i livelli spirituali a lui inferiori non in vista di uno scopo finale, ma in una maniera non razionalizzabile, poiché l'attività giustificatrice della ragione prende ad agire solo ad un certo punto della discesa in poi.<ref>Vittorio Mathieu, ''Come leggere Plotino'', Bompiani, Milano 2004.</ref>
=== Il volontarismo del
Il concetto di volontà divenne centrale nel pensiero cristiano per la sua stretta relazione con i concetti di [[peccato]] e virtù: si pensi alla difficoltà di definire o concepire una colpa in assenza della possibilità di determinare le proprie azioni. La [[teologia cristiana]] accentuò l'aspetto volontaristico del [[neoplatonismo]], a scapito di quello intellettualistico, riprendendo ad esempio da Plotino il concetto dell'origine imperscrutabile della volontà divina, ma attribuendovi decisamente il connotato di Persona, come [[soggetto (filosofia)|soggetto]] che agisce intenzionalmente in vista di un fine.
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