Servitù della gleba: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Riga 32:
La servitù della gleba va intesa anzitutto come un obbligo reciproco. Il signore garantiva ai servi della gleba tutela giuridica e militare. Per tutela giuridica si intende che il signore doveva assicurare l'assistenza legale in caso di liti verso terzi. In cambio, il servo della gleba versava al signore diversi tributi, in denaro, beni o servizi. Per esempio, nella [[Germania]] sud-occidentale, ogni anno, in segno di riconoscimento dello stato di servitù, doveva essere fornita al signore una gallina, e in caso di morte di un capofamiglia servo della gleba il miglior capo di bestiame (qualora morisse una donna, l'abito migliore). I servi della gleba erano soggetti al [[banno]]. Erano definiti bannalità: il turno di guardia, il trasporto di materiali, l'alloggiamento dei guerrieri e quello del signore, la trasmissione di messaggi.
Nel corso dei secoli
Chi tentava di allontanarsi, veniva ricercato e riportato indietro con la forza. Solamente quando a un servo riusciva di raggiungere il territorio di una città, e di ottenere colà un diritto di residenza, poteva sottrarsi alla giurisdizione del proprietario fondiario. Da questo contesto nasce il detto "l'aria della città rende liberi". Inversamente, un servo della gleba non poteva essere allontanato dal fondo che coltivava, nemmeno con la forza. Va però precisato che la cosiddetta "servitù della gleba" medievale, a partire dal XII, è il prodotto - in Italia in forma prevalentemente contrattuale - della rinascita degli studi del diritto giustinianeo, come fin dal 1925 chiarì [[Marc Bloch]], il quale correttamente attribuì la locuzione "servus glebae" al giurista bolognese [[Irnerio]] (fine XI-inizio XII secolo).
|