Cecilio Stazio: differenze tra le versioni

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|Sesso = M
|LuogoNascita = Mediolanum
|LuogoNascitaAlt = <ref name="Girolamo"/><ref name="Pontiggia_286"/>
|GiornoMeseNascita =
|AnnoNascita = 230 a.C.
|NoteNascita = <ref name="Perelli61">{{cita|Perelli|p. 61}}.</ref>
|LuogoMorte =
|GiornoMeseMorte =
|AnnoMorte = 168 a.C.
|NoteMorte = <ref name="Perelli62">{{cita|Perelli|p. 62}}.</ref>
|Epoca = -200
|Attività = commediografo
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Il principale modello da cui Cecilio tradusse i suoi modelli fu il [[Commedia Nuova|commediografo greco]] di età ellenistica [[Menandro]]: a lui si possono far risalire sedici dei quarantadue titoli di cui è giunta ad oggi notizia.<ref name="Beare_101" /> [[Marco Tullio Cicerone]] parlò in più opere di Cecilio e Terenzio come traduttori di Menandro,<ref name="Cic_19">Cicerone, ''De optimo genere oratorum'', 19.</ref><ref name="De_finibus">Cicerone, ''De finibus'', I, 2, 41.</ref> e Gellio operò nelle sue ''Noctes Atticae'' un confronto tra alcuni passi del ''Plocium'' di Cecilio e l'originale di Menandro.<ref name="Gellio">Aulo Gellio, ''Noctes Atticae'', II, 23.</ref>
 
A livello [[metrica|metrico]], Cecilio predilesse l'uso del [[senario giambico]], già particolarmente diffuso nelle opere dei drammaturghi a lui precedenti, e del [[settenario trocaico]]; si registra tuttavia, nella sua opera, la presenza di parti cantate, i ''cantica'', polimetriche e dal ritmo vivace,<ref name="Pontiggia_288">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 288}}.</ref> affini ai ''cantica'' già adoperati da Plauto. A livello [[retorica|retorico]], abbondano le [[figura retorica|figure]] di suono, tipiche della [[Età preletteraria latina#Produzione|prosa sacrale romana]] e di tutta la [[Storia della letteratura latina (240 - 78 a.C.)|letteratura arcaica latina]], quali l'[[allitterazione]]<ref name="Plocium_150">''Plocium'', v. 150 Ribbeck:{{Citazione|[...] e mi ha così stordito piangendo, pregando, insistendo e rimproverando [...]|Trad. di F. Cavazza in Aulo Gellio, ''Le Notti Attiche'', Zanichelli.|Ita plorando orando instando atque obiurgando me optudit [...]|lingua=la}}</ref><ref>''Synephebi'', vv. 213-214 Ribbeck:{{Citazione|Quel che succede in città è roba da patibolo: una meretrice non vuole accettare denaro dal suo amante.|Adattamento della trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Hoc in civitate fiunt facinora capitalia:<br /><Nam> ab amico amante argentum accipere meretrix noenu volt.|lingua=la}}</ref> e l'[[omoteleuto]];<ref name="Pontiggia_288" /><ref name="Plocium_150" /> nei frammenti è attestata inoltre la presenza di [[figura etimologica|figure etimologiche]]<ref name="Pontiggia_289">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 289}}.</ref> e [[accumulazione|accumulazioni sinonimiche]].<ref>''Synephebi'', v. 212 Ribbeck:{{Citazione|[...] io invoco, imploro, impetro, prego, scongiuro il vostro aiuto!|Trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Clamo postulo obsecro oro ploro atque inploro fidem!|lingua=la}}</ref><ref name="PontiggiaGrandi">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 292}}.</ref>
 
A livello stilistico, dunque, l'opera di Cecilio trasse ispirazione da quella di Plauto: abbondano infatti situazioni farsesche e battute di spirito salaci e talvolta grossolane e volgari,<ref name="Beare_104">{{cita|Beare|p. 104|Beare}}.</ref> come è esemplificato dal seguente passo del ''Plocium'':
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Della palliata plautina Cecilio riutilizzò inoltre il linguaggio vario, vivace ed esuberante,<ref name="Pontiggia_287">{{Cita|Pontiggia; Grandi|p. 287}}.</ref> incentrato sulla ricerca della parola carica, colorita e imprevista,<ref name="Traina_9596" /> ma evitò invece qualsiasi riferimento all'attualità romana, cui Plauto aveva invece fatto di frequente ricorso.<ref name="Beare_104" /> Inoltre, la maggiore aderenza agli originali greci, la predilezione per Menandro e il primo approfondimento psicologico dei personaggi testimoniano anche gli sviluppi che Cecilio apportò al modello plautino:<ref name="Pontiggia_287" /> egli si preoccupò infatti di prestare maggiore cura ai pensieri e alle azioni dei suoi personaggi, analizzandone finemente i sentimenti<ref name="Pontiggia_291">{{cita|Pontiggia; Grandi|p. 291}}.</ref> e rendendoli coerenti con le vicende narrate.<ref name="Pontiggia_290">{{cita|Pontiggia; Grandi|p. 290}}.</ref>
 
Non mancano, tuttavia, passi che separino nettamente l'opera di Cecilio dal modello stilistico plautino: nei ''Synephebi'' il personaggio della ''meretrix'' ([[Cortigiano|cortigiana]]), nella palliata tradizionalmente avida e venale, appare al contrario generoso e disinteressato, pronto a sacrificarsi per l{{'}}''adulescens'' amato.<ref>''Synephebi'', vv. 211-214 Ribbeck:{{Citazione|O dei, e voi, giovani e concittadini tutti, io invoco, imploro, impetro, prego, scongiuro il vostro aiuto! Quel che succede in città è roba da patibolo: una meretrice non vuole accettare denaro dal suo amante.|Adattamento della trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Pro deum, popularium omnium, omnium adulescentium<br />Clamo postulo obsecro oro ploro atque inploro fidem!<br />Hoc in civitate fiunt facinora capitalia:<br /><Nam> ab amico amante argentum accipere meretrix noenu volt.|lingua=la}}</ref><ref>{{cita|Pontiggia; Grandi|p.name="PontiggiaGrandi" 292}}.</ref> Cecilio fu inoltre autore di alcune sentenze di tono grave e patetico sul tema della vecchiaia<ref>''Ephesio'' vv. 28-29 Ribbeck:{{Citazione|E poi penso che sia questa la disgrazia peggiore quando si è vecchi: accorgersi che a quell'età si è di peso agli altri.|Trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Tum equidem in senecta hoc deputo miserrimum,<br />Sentire ea aetate eumpse esse odiosum alteri.|lingua=la}}</ref><ref>''Plocium'', vv. 173-175 Ribbeck:{{Citazione|Ahimè, o vecchiaia, se anche non portassi con te nessun altro malanno, quando vieni, basterebbe questo solo, che vivendo a lungo si vedono molte cose che non si vorrebbero vedere.|Trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Edepol, senectus, si nil quicquam aliud viti<br />Adportes tecum, cum advenis, unum id sat est,<br />Quod diu vivendo multa quae non volt videt.|lingua=la}}</ref> e di altrettante, di carattere più generale, sull'esistenza umana:<ref>''Plocium'', v. 177 Ribbeck:{{Citazione|Vivi come puoi, se non puoi vivere come vuoi.|Trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Vivas ut possis, quando nec quis ut velis.|lingua=la}}</ref><ref>''Fabula incognita'', v. 266 Ribbeck:{{Citazione|Spesso anche sotto un sordido mantelluccio si rifugia la saggezza.|Trad. di G. Pontiggia in ''Letteratura latina. Storia e testi'', Principato.|Saepe est etiam sup palliolo sordido sapientia.|lingua=la}}</ref> da situazioni comiche e farsesche, seppe dunque anche cogliere lo spunto per avviare riflessioni serie.<ref name="Pontiggia_293">{{cita|Pontiggia; Grandi|p. 293}}.</ref>
 
L'opera di Cecilio si pone infine tra Plauto e Terenzio nell'elaborazione dell'ideale che nel [[I secolo a.C.]] avrebbe preso il nome di ''[[humanitas]]'': Plauto aveva scritto, nell{{'}}''Asinaria'', «''lupus est homo homini, non homo, quom qualis sit non novit''» («l'uomo è un lupo per l'uomo, non un uomo, qualora si ignori chi sia»),<ref>Plauto, ''Asinaria'', v. 495.</ref> sostenendo dunque che un uomo sconosciuto dovesse essere trattato come una fiera selvaggia.<ref name="Pontiggia_293" /> Cecilio scrisse invece «''homo homini deus est, si suum officium sciat''» («l'uomo è un dio per l'uomo, se conosce il proprio dovere»):<ref>''Fabula incognita'', v. 265 Ribbeck.</ref> influenzato dalla [[stoicismo|filosofia stoica]], i cui insegnamenti sarebbero stati a pieno colti e rielaborati dagli esponenti del [[circolo degli Scipioni]] e da Terenzio, che avrebbe scritto infine «''[[homo sum, humani nihil a me alienum puto]]''»,<ref>Terenzio, ''Heautontimorumenos'', v. 77.</ref> Cecilio sostenne che gli uomini dovessero essere tra loro solidali e recarsi reciproco beneficio: tale doveva essere il dovere di ogni uomo.<ref name="Pontiggia_293" />