Matteo I Visconti: differenze tra le versioni

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Nel 1287 Matteo intervenne quale arbitro tra i ribelli [[camuni]] guidati dalla [[Federici (famiglia)|famiglia Federici]] e il comune di [[Brescia]] del vescovo [[Berardo Maggi]].
Nel dicembre [[1287]], quando Matteo aveva 37 anni, il prozio [[Ottone Visconti|Ottone]] lo fece nominare Capitano del Popolo Matteo. Lo stesso mese fu costituito podestà il ravennate [[Bernardino da Polenta]] che però rimase a Modena così, in seguito ad una riunione del Consiglio Generale, Matteo assunse anche la carica di podestà per il primo semestre del [[1288]].

Nel maggio 1288 [[Rodolfo I]] lo nominò vicario generale per la [[Lombardia]].
 
Nel [[1290]] tornò a ricoprire per un anno la carica di Capitano del Popolo ed ebbe persino la facoltà di confermare o deporre il podestà in carica.<ref>Corio, ''Storia di Milano'', vol. I, pp. 635-640</ref>
 
=== La guerra contro Guglielmo VII del Monferrato ===
Nel maggio del 1289 scoppiarono dissidi tra il governatore [[Manfredi Beccaria]] e il popolo pavese che sfociarono nella sua espulsione. In giugno fu il turno del conte di [[Langosco]]. I due si rifugiarono a [[Bassignana]] insieme ad alcuni cavalieri pavesi sotto istanza del marchese [[Guglielmo VII di Monferrato]]. Gli alessandrini e i tortonesi misero allora sotto assedio quel borgo. Matteo Visconti inviò [[Uberto Salvatico]] con alcuni cavalieri francesi a [[Pavia]]. Questi mosse poi a [[Garlasco]] e si congiunse con un esercito di seimila milanesi a [[Lomello]]. Il marchese del Monferrato fuggì riunendosi con il conte di Langosco e il suo esercito a [[Breme]]. Finalmente il marchese di Monferrato e il Langosco scelsero di combattere e si portarono con il loro esercito fino a breve distanza da Lomello quando, grazie all'intercessione di [[Guglielmo Preda]] e di alcuni frati francescani del luogo, si raggiunse una pace. Quando però i milanesi tornarono verso Pavia trovarono le porte della città sbarrate e rendendosi conto di essere stati ingannati, alcuni di loro infuriati tornarono indietro saccheggiando Lomello. Quando poi furono sulla strada per Milano il popolo milanese, credendo che fossero soldati monferrini, si armò, uscì dalla città e si preparò ad affrontarli giungendo fino a [[Cassino Scanasio]], per poi ritirarsi una volta appresa la verità. In seguito la pace venne formalmente ratificata dallo stesso Matteo Visconti a Lomello. Guglielmo VII di Monferrato sarebbe stato nominato signore perpetuo di Pavia, [[Manfredo Parravicini]] si sarebbe installato quale podestà e Guglielmo Preda quale capitano del popolo.

Il 29 giugno alcuni uomini al soldo del Visconti fecero prigioniero e torturarono un certo [[Lanfranco Motta]] che confessò di congiurare con [[Bonifacio Pusterla]] che era l'abate di [[chiesa di San Celso (Milano)|San Celso]] e con il marchese del Monferrato. L'abate al momento dovuto avrebbe fatto trovare aperta [[Porta Ticinese (medievale)|Porta Ticinese]] in cambio del versamento di 4.000 lire di terzoli all'anno nonché della nomina a capitano del popolo e di altre 66.000 lire una volta che il marchese fosse tornato signore di Milano, ambizione alla quale non aveva mai rinunciato dopo esservi stato cacciato da [[Ottone Visconti]]; avrebbe inoltre troncato i rapporti con i Torriani. Bonifacio Pusterla fu confinato prima a [[Lodi]] poi a [[Brescia]], infine, dopo essere stato graziato dal Visconti, tornò a Milano il 28 aprile.
 
A luglio [[Baldovino degli Ugoni]], podestà bresciano di Milano, tentò inutilmente di attaccare Pavia approfittando del fatto che il marchese di Monferrato si trovava a [[Novara]], città che lo aveva appena eletto suo signore. In seguito Manfredo Beccaria uscì da Pavia per parlamentare con [[Uberto Beccaria]] e [[Ruggero Catassio]] nei pressi di [[Corbetta]] e decise infine di rifugiarsi a Milano abbandonando il marchese; questo provocò la reazione dei pavesi che cacciarono i [[Beccaria]] e i loro alleati dalla città. Si misero inoltre ad assediare [[Arena Po|Monteacuto]], che apparteneva a quella famiglia ma ne vennero scacciati dai piacentini. Nell'autunno dello stesso anno Matteo Visconti, dopo aver radunato un esercito, si portò a [[Lacchiarella]] poi fin sotto le mura di Pavia tuttavia la porta che sarebbe dovuta essere aperta a Manfredo Beccaria rimase chiusa condannando l'impresa al fallimento. Successivamente il marchese del Monferrato entrò a Pavia ponendovi una guarnigione di mille fanti e duecento cavalieri.<ref>Corio, ''Storia di Milano'', vol. I, pp. 640-646</ref>
 
Il 15 maggio [[1290]] il podestà Baldovino degli Ugoni attaccò il novarese passando per il ponte di [[Abbiategrasso|Castelletto]] riuscendo a catturare Borgonuovo in cui pose una piccola guarnigione per poi toranretornare a Milano il 2 giugno. I cremonesi e i piacentini supportarono i milanesi attaccando il pavese ma furono costretti a ritirarsi quando il Guglielmo VII del Monferrato abbandonò la campagna nell'astigiano per difendere la città. Il 17 giugno, mentre il marchese era impegnato a difendere [[Asti]] contro [[Amedeo V di Savoia]], i milanesi uscirono di nuovo armati dalla città e dopo essersi riuniti agli alleati a [[Rosate]], forti di 20.000 fanti e 2.200 cavalieri mossero verso Lacchiarella. Il 23 giugno giunsero a [[Siziano]] e il 26, dopo essere transitati per [[Vidigulfo]], a mezzo miglio dalle mura di Pavia ma ancora una volta l'impresa non ebbe seguito poiché i pavesi non accettarono la battaglia campale e una tempesta devastò l'accampamento milanese. Il 26 agosto il marchese del Monferrato radunò un esercito, uscì da Pavia insieme ad [[Erecco della Torre|Erecco]] e [[Corrado della Torre|Mosca Della Torre]] e si accampò a [[Morimondo]] e qualche giorno dopo quello milanese gli si fece incontro accampandosi a Gozzano ma il 5 settembre entrambi tornarono nelle rispettive città. Il marchese tornò poi ad attaccare Asti che si preparò a difendersi eleggendo il milanese [[Ottorino Mandelli]] quale podestà, radunando 500 cavalieri e chiedendo aiuto agli alleati milanesi, piacentini, cremonesi e bresciani che inviarono mille cavalieri ciascuno, più altri cinquecento del conte di Savoia. Gli astigiani invasero il [[Monferrato]] devastandolo, costringendo infine il marchese a trovare un accordo con il Savoia. Infine si accordarono con gli alessandrini per muovere guerra a Guglielmo VII che recatosi ad [[Alessandria]] per reprimere il traditori venne catturato e imprigionato in una gabbia di ferro dove morì il 6 febbraio 1292. L'uscita di scena di Guglielmo VII permise ai milanesi di guadagnare [[Vigevano]] e [[Mortara]], [[Novara]] e [[Vercelli]] riconobbero Matteo quale proprio capitano per cinque anni e migliorarono i rapporti con gli alessandrini e i tortonesi.<ref>Corio, ''Storia di Milano'', vol. I, pp. 646-650</ref>
 
Il 26 agosto il marchese del Monferrato radunò un esercito, uscì da Pavia insieme ad [[Erecco della Torre|Erecco]] e [[Corrado della Torre|Mosca Della Torre]] e si accampò a [[Morimondo]] e qualche giorno dopo quello milanese gli si fece incontro accampandosi a Gozzano ma il 5 settembre entrambi tornarono nelle rispettive città. Il marchese tornò poi ad attaccare Asti che si preparò a difendersi eleggendo il milanese [[Ottorino Mandelli]] quale podestà, radunando 500 cavalieri e chiedendo aiuto agli alleati milanesi, piacentini, cremonesi e bresciani che inviarono mille cavalieri ciascuno, più altri cinquecento del conte di Savoia. Gli astigiani invasero il [[Monferrato]] devastandolo, costringendo infine il marchese a trovare un accordo con il Savoia. Infine si accordarono con gli alessandrini per muovere guerra a Guglielmo VII che recatosi ad [[Alessandria]] per reprimere il traditori venne catturato e imprigionato in una gabbia di ferro dove morì il 6 febbraio 1292. L'uscita di scena di Guglielmo VII permise ai milanesi di guadagnare [[Vigevano]] e [[Mortara]], [[Novara]] e [[Vercelli]] riconobbero Matteo quale proprio capitano per cinque anni e migliorarono i rapporti con gli alessandrini e i tortonesi.<ref>Corio, ''Storia di Milano'', vol. I, pp. 646-650</ref>
Nei primi giorni del [[1292]] morì Lotario Rusca che reggeva Como e i Vitani ne approfittarono per impadronirsi di Vico, sobborgo della città. Matteo Visconti non perse tempo e marciò su Como passando per Cantù riuscendo a convincere entrambe le fazioni della città ad eleggerlo capitano del popolo per cinque anni, nominando quale nuovo podestà suo cognato [[Ottorino Borri]] e reinstallando il vescovo in esilio a [[Legnano]]. Il 23 giugno ci fu una nuova sollevazione che portò all'espulsione dei Rusca e di Ottorino Borri. Il 17 luglio Matteo Visconti permise ai comaschi di eleggere Francesco da Carcano quale nuovo podestà. In novembre, in seguito a nuovi disordini, il Visconti marciò con l'esercito a Como e impose quale podestà il fratello Uberto e si fece riconfermare capitano del popolo.
 
Nei primi giorni del [[1292]] morì Lotario Rusca che reggeva Como e i Vitani ne approfittarono per impadronirsi di Vico, sobborgo della città. Matteo Visconti non perse tempo e marciò su Como passando per Cantù riuscendo a convincere entrambe le fazioni della città ad eleggerlo capitano del popolo per cinque anni, nominando quale nuovo podestà suo cognato [[Ottorino Borri]] e reinstallando il vescovo in esilio a [[Legnano]]. Il 23 giugno ci fu una nuova sollevazione che portò all'espulsione dei Rusca e di Ottorino Borri. Il 17 luglio Matteo Visconti permise ai comaschi di eleggere Francesco da Carcano quale nuovo podestà. In novembre, in seguito a nuovi disordini, il Visconti marciò con l'esercito a Como e impose quale podestà il fratello Uberto e si fece riconfermare capitano del popolo.
Il 5 maggio, approfittando della morte di Guglielmo VII e del fatto che il legittimo erede Giovanni si trovasse alla corte del re di Napoli, Matteo ordinò che si radunasse l'esercito e vi mise a capo il podestà Antonio Gallizi. I milanesi marciarono su [[Bernate Ticino|Bernate]] e il giorno seguente Matteo si unì all'esercito a Corbetta; l'esercito passò quindi da Novara e da Vercelli assediando [[Trino]] che cadde il 20 maggio; caddero poi [[Pontestura]] e [[Moncalvo]]. Fu quindi ricevuto a [[Casale Monferrato|Casale]] dove lo nominarono capitano di tutto il Monferrato. Alcuni castelli non lo riconobbero tale restando fedeli agli [[Aleramici]] cercando una pace che fu rifiutata dal Visconti. Matteo passò poi da Alessandria che lo nominò capitano del popolo per cinque anni poi tornò a Milano. Il 15 maggio 1293 alcuni ambasciatori monferrini giunsero a Milano, confermarono il titolo accordato al Visconti e stabilirono una pace per cui il signore di Milano avrebbe potuto nominare un vicario del Monferrato, Giovanni avrebbe rinunciato ad ogni pretesa su Milano in cambio della protezione viscontea.
 
<ref>Giulini, ''Memorie'', vol. IV, pp. 748-749 e 752</ref>
Il 23 giugno ci fu una nuova sollevazione che portò all'espulsione dei Rusca e di Ottorino Borri. Il 17 luglio Matteo Visconti permise ai comaschi di eleggere Francesco da Carcano quale nuovo podestà. In novembre, in seguito a nuovi disordini, il Visconti marciò con l'esercito a Como e impose quale podestà il fratello Uberto e si fece riconfermare capitano del popolo.
 
Il 5 maggio, approfittando della morte di Guglielmo VII e del fatto che il legittimo erede Giovanni si trovasse alla corte del re di Napoli, Matteo ordinò che si radunasse l'esercito e vi mise a capo il podestà Antonio Gallizi. I milanesi marciarono su [[Bernate Ticino|Bernate]] e il giorno seguente Matteo si unì all'esercito a Corbetta; l'esercito passò quindi da Novara e da Vercelli assediando [[Trino]] che cadde il 20 maggio; caddero poi [[Pontestura]] e [[Moncalvo]]. Fu quindi ricevuto a [[Casale Monferrato|Casale]] dove lo nominarono capitano di tutto il Monferrato. Alcuni castelli non lo riconobbero tale restando fedeli agli [[Aleramici]] cercando una pace che fu rifiutata dal Visconti. Matteo passò poi da Alessandria che lo nominò capitano del popolo per cinque anni poi tornò a Milano. Il 15 maggio 1293 alcuni ambasciatori monferrini giunsero a Milano, confermarono il titolo accordato al Visconti e stabilirono una pace per cui il signore di Milano avrebbe potuto nominare un vicario del Monferrato, Giovanni avrebbe rinunciato ad ogni pretesa su Milano in cambio della protezione viscontea.<ref>Giulini, ''Memorie'', vol. IV, pp. 748-749 e 752</ref>
 
=== Operazioni militari contro Lodi e Lecco ===
Nell'aprile del [[1294]] giunse una legazione da parte di [[Adolfo di Nassau]]. Il sovrano creava Matteo Visconti quale vicario imperiale in Lombardia e l'anno seguente confermava i privilegi concessi alla città. Matteo inizialmente finse di rifiutare il titolo volendo che fossero le istituzioni comunali ad affidargli la carica e solo dopo prestò giuramento, aggiungendo l'aquila imperiale al suo blasone. Riuscì inoltre a farsi nominare capitano del popolo per un altro quinquennio.<ref>Giulini, ''Memorie'', vol. IV, pp. 753-754</ref>
 
Lo stesso anno le città di [[Lodi]] e di [[Crema (Italia)|Crema]], che mal sopportavano le ambizioni espansionistiche di Matteo Visconti, congiurarono segretamente per introdurre entro le loro mura i [[Della Torre|Torriani]] e farli tornare signori di Milano. Matteo convocò un consiglio generale delle città suddite e alleate a Milano ovvero Brescia, Pavia, Cremona, Piacenza, Tortona, Novara, Casale, Vercelli, Alessandria, Asti e Genova. Fu deliberato di muovere guerra ai lodigiani e ai cremaschi. Il 1º settembre il podestà [[Zanasio Salimbene]] uscì dalla città con l'esercito portandosi a [[Melegnano]] dove fu raggiunto il giorno dopo da Matteo con il resto delle truppe. I milanesi passarono la [[Muzza]] presso l'Isola Balbiana entrando nel territorio lodigiano che devastarono e misero a sacco. Il 25 settembre i lodigiani si vendicarono facendo lo stesso nella campagna milanese ma furono intercettati e sconfitti presso [[Pantigliate]]. Circa duecento di loro restarono prigionieri e furono condotti nei [[castello di Trezzo sull'Adda|castelli di Trezzo]] e [[Siziano]], tra questi [[Imberaldo della Torre]].
 
Il 1º giugno [[1295]] il podestà Enrico Tangentino da Brescia uscì da Milano con un grande esercito di circa 33.000 uomini costituito da un'avanguardia di 600 arcieri e balestrieri, seguita da alcune centinaia di cavalieri scelti, da 4.000 fanti, da circa 25.000 uomini reclutati tra i cittadini, da un migliaio di uomini delle città alleate e infine da una retroguardia di 2.000 lancieri. Una settimana dopo si accampò presso [[Viboldone]]; Matteo lo raggiunse a [[Lodi Vecchio]] che allora si trovava in mano ai milanesi i quali l'avevano fortificata. Il 18 giugno i milanesi posero l'assedio a [[San Colombano al Lambro|San Colombano]] e i lodigiani a [[Castelleone]], i primi poi lo abbandonarono improvvisamente per accamparsi il 24 giugno ad un miglio e mezzo dalle mura di Lodi di cui saccheggiarono i borghi. I lodigiani rimasero a difesa delle mura e stabilirono apparentemente condizioni ragionevoli dal momento che l'esercito visconteo si ritirò prima a [[Lavagna (Comazzo)|Lavagna]] poi il 29 giugno partì alla volta di Milano. L'8 agosto morì alla veneranda età di ottantotto anni [[Ottone Visconti]], primo signore di Milano della sua dinastia; fu sepolto in un'arca in marmo rosso macchiato in seguito traslata nel [[Duomo di Milano|Duomo]] dove si trova ancora oggi. L'11 settembre fu pubblicata la pace tra la signoria di Milano e Lodi che includeva l'espulsione dei Torriani dalla città. Il 21 ottobre Bonifacio VIII nominò quale nuovo arcivescovo di Milano il lucchese [[Ruffino da Frisseto]], togliendo il privilegio concesso agli ordinari milanesi di eleggere il successore. Il conseguente malcontento ritardò l'installazione di Ruffino in città sino a novembre. Il 21 luglio 1296 l'arcivescovo morì e al suo posto venne scelto dal pontefice il parmigiano [[Francesco I da Parma|Francesco Fontana]].<ref>Giulini, ''Memorie'', vol. IV, pp. 753-755, 761-766 e 771-777</ref>
 
L'8 agosto morì alla veneranda età di ottantotto anni [[Ottone Visconti]], primo signore di Milano della sua dinastia; fu sepolto in un'arca in marmo rosso macchiato in seguito traslata nel [[Duomo di Milano|Duomo]] dove si trova ancora oggi.
 
L'11 settembre fu pubblicata la pace tra la signoria di Milano e Lodi che includeva l'espulsione dei Torriani dalla città. Il 21 ottobre Bonifacio VIII nominò quale nuovo arcivescovo di Milano il lucchese [[Ruffino da Frisseto]], togliendo il privilegio concesso agli ordinari milanesi di eleggere il successore. Il conseguente malcontento ritardò l'installazione di Ruffino in città sino a novembre. Il 21 luglio 1296 l'arcivescovo morì e al suo posto venne scelto dal pontefice il parmigiano [[Francesco I da Parma|Francesco Fontana]].<ref>Giulini, ''Memorie'', vol. IV, pp. 753-755, 761-766 e 771-777</ref>
 
Nel luglio del 1296 il podestà Zanasio Salimbene si portò a [[Merate]] dove iniziò a reclutare un nuovo esercito. Giunto presso le mura di [[Lecco]] si fece consegnare centocinquanta ostaggi e costrinse gli abitanti a trasferirsi a [[Valmadrera]], poi incendiò la città con l'eccezione della rocca. Fu quindi emanata una legge che ne vietò la riedificazione. Non è chiaro per quale motivo la cittadina fu sottoposta a un così pesante castigo ma è probabile che si fosse alleata ai Torriani che avevano quale feudo la vicina [[Valsassina]]; in questo modo l'[[Adda]] avrebbe separato i territori soggette alle due famiglie rivali e i Visconti avrebbero avuto un avamposto (la rocca di Lecco) in terra torriana.<ref>Giulini, ''Memorie'', vol. IV, pp. 777-778</ref>
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=== La campagna contro Giovanni I del Monferrato e alleati ===
Nel [[1298]] [[Giovanni I del Monferrato]], dopo aver sondato la disposizione delle città vicine verso il Visconti, concluse segretamente una lega con [[Pavia]], Cremona, Bergamo, Tortona, Vercelli, Casale, con il marchese [[Manfredo IV di Saluzzo]], [[Azzo VIII d'Este]] duca di Ferrara e con alcuni novaresi. Matteo verosimilmente lo venne a sapere e si assicurò l'appoggio dei [[Della Scala]] maritando sua figlia [[Caterina Visconti (1282-1311)|Caterina]] con [[Alboino della Scala|Alboino]], figlio di [[Alberto I della Scala]], sedò i dissidi in [[Parma]] e poté contare sull'appoggio di [[Bologna]] dove sia il podestà Ottorino Mandelli che il capitano del popolo Jacopo Pirovano erano milanesi. Inviò inoltre a Novara il figlio ventenne [[Galeazzo I Visconti|Galeazzo]] in qualità di podestà.
 
Il 18 marzo [[1299]] Manfredo Beccaria e i suoi alleati mossero su [[Mortara]] dove furono raggiunti da Giovanni del Monferrato, Filippo conte di Langosco e dai saluzzesi. Quando giunsero a Novara gli fu aperta una delle porte e in questo modo riuscirono a prendere il controllo della città mentre il castello cadde alcuni giorni dopo. Galeazzo Visconti riuscì a fuggire a Corbetta. L'esercito anti-visconteo attraversò il Ticino saccheggiando la campagna ad ovest di Milano per poi ritirarsi distruggendo il ponte di Bernate. Il podestà [[Bisaccia Riccardi]] rinforzò le difese del ponte di Abbiategrasso e aumentò la guarnigione di [[Vigevano]]. Quando Casale cadde nelle mani del marchese di Monferrato, Matteo Visconti convocò il consiglio generale scagliandosi contro il tradimento di alcune città. Il consiglio dopo essersi consultato lo rielesse capitano del popolo per un altro quinquennio. Il Visconti da una parte avviò trattative di pace con i suoi nemici, dall'altra si preparò ad una nuova campagna militare. Furono scelti 300 uomini (cinquanta per porta) ed armati con lunghe lance dette ''manere'' e protetti da pancere e cappelli di ferro, poi altri 2.400 quattrocento uomini (quattrocento per porta) armati allo stesso modo, 3.000 lancieri e 1.000 cavalieri piacentini, 200 parmigiani e altrettanti bolognesi, 150 fanti e 50 balestrieri veronesi, più mercenari esteri stipendiati dal comune. I nemici non agirono diversamente e il 1º maggio convocarono un consiglio a Pavia in cui intervennero tutte le città alleate rinnovando la lega anti-viscontea. Il 9 maggio l'esercito milanese si accampò tra Rosate e Abbiategrasso e qui furono distribuite diciassette bandiere per porta. Il giorno successivo Matteo e Galeazzo Visconti insieme a Zanasio Salimbene effettuarono una scorreria sino alle mura per poi ingiuriare i pavesi affinché uscissero dalle mura ma questi non risposero alle provocazioni. Il 12 maggio l'esercito forte di 10.000 fanti e 4.000 cavalieri, guidato da Pietro e Galeazzo Visconti, attraversò il Ticino assaltando e dando fuoco a Mortara per poi saccheggiarne le campagne. I novaresi e i vercellesi risposero portandosi a [[Borgolavezzaro]] e i pavesi a [[Garlasco]] poi il 20 maggio si accamparono davanti a Vigevano , dove furono raggiunti dai monferrini e dai saluzzesi. Il 28 maggio i milanesi ritornarono ad Ozzero dove furono rinforzati da 500 comaschi e 150 parmigiani, poi il 2 giugno passarono nuovamente il Ticino costringendo il nemico a ritirarsi a Garlasco. I Visconti riuscirono a catturare e distruggere [[Gambolò]] facendo fuggire novaresi, vercellesi e pavesi per poi assaltare il 5 giugno Garlasco la cui guarnigione si difese valorosamente, respingendoli. Il 6 giugno fu raggiunto un trattato di pace tra le due parti perché i ferraresi nel frattempo erano entrati nella [[Gera d'Adda]] con 4.000 fanti e 700 cavalli ottenendo Crema da Enrico da Monza e si erano accampati [[Corte Palasio]] e minacciando i territori viscontei da oriente. I bergamaschi avevano raggiunto [[Osio Sotto]] e i cremonesi si erano portati sulla sponda orientale dell'Adda presso [[Cassano d'Adda|Cassano]]. Il 7 giugno l'esercito visconteo si ritirò tornando a Milano. Il 12 giugno Bisaccia Riccardi mosse rapidamente verso Cassano facendo fuggire disordinatamente i cremonesi a Crema e lo stesso giorno giunse a Milano il marchese [[Moroello Malaspina]] che fu nominato capitano generale dell'esercito visconteo. Il giorno successivo il Riccardi passò l'Adda e i cremaschi e i ferraresi avviarono trattative di pace che si conclusero con la loro pubblicazione il 20 giugno.
Il 18 marzo [[1299]] Manfredo Beccaria e i suoi alleati mossero su [[Mortara]] dove furono raggiunti da Giovanni del Monferrato, Filippo conte di Langosco e dai saluzzesi. Quando giunsero a Novara gli fu aperta una delle porte e in questo modo riuscirono a prendere il controllo della città mentre il castello cadde alcuni giorni dopo. Galeazzo Visconti riuscì a fuggire a Corbetta. L'esercito anti-visconteo attraversò il Ticino saccheggiando la campagna ad ovest di Milano per poi ritirarsi distruggendo il ponte di Bernate. Il podestà [[Bisaccia Riccardi]] rinforzò le difese del ponte di Abbiategrasso e aumentò la guarnigione di [[Vigevano]].
 
Quando Casale cadde nelle mani del marchese di Monferrato, Matteo Visconti convocò il consiglio generale scagliandosi contro il tradimento di alcune città. Il consiglio dopo essersi consultato lo rielesse capitano del popolo per un altro quinquennio. Il Visconti da una parte avviò trattative di pace con i suoi nemici, dall'altra si preparò ad una nuova campagna militare. Furono scelti 300 uomini (cinquanta per porta) ed armati con lunghe lance dette ''manere'' e protetti da pancere e cappelli di ferro, poi altri 2.400 quattrocento uomini (quattrocento per porta) armati allo stesso modo, 3.000 lancieri e 1.000 cavalieri piacentini, 200 parmigiani e altrettanti bolognesi, 150 fanti e 50 balestrieri veronesi, più mercenari esteri stipendiati dal comune. I nemici non agirono diversamente e il 1º maggio convocarono un consiglio a Pavia in cui intervennero tutte le città alleate rinnovando la lega anti-viscontea. Il 9 maggio l'esercito milanese si accampò tra Rosate e Abbiategrasso e qui furono distribuite diciassette bandiere per porta.
 
Il giorno successivo Matteo e Galeazzo Visconti insieme a Zanasio Salimbene effettuarono una scorreria sino alle mura per poi ingiuriare i pavesi affinché uscissero dalle mura ma questi non risposero alle provocazioni. Il 12 maggio l'esercito forte di 10.000 fanti e 4.000 cavalieri, guidato da Pietro e Galeazzo Visconti, attraversò il Ticino assaltando e dando fuoco a Mortara per poi saccheggiarne le campagne. I novaresi e i vercellesi risposero portandosi a [[Borgolavezzaro]] e i pavesi a [[Garlasco]] poi il 20 maggio si accamparono davanti a Vigevano , dove furono raggiunti dai monferrini e dai saluzzesi.
 
Il 28 maggio i milanesi ritornarono ad Ozzero dove furono rinforzati da 500 comaschi e 150 parmigiani, poi il 2 giugno passarono nuovamente il Ticino costringendo il nemico a ritirarsi a Garlasco. I Visconti riuscirono a catturare e distruggere [[Gambolò]] facendo fuggire novaresi, vercellesi e pavesi per poi assaltare il 5 giugno Garlasco la cui guarnigione si difese valorosamente, respingendoli.
 
Il 6 giugno fu raggiunto un trattato di pace tra le due parti perché i ferraresi nel frattempo erano entrati nella [[Gera d'Adda]] con 4.000 fanti e 700 cavalli ottenendo Crema da Enrico da Monza e si erano accampati [[Corte Palasio]] e minacciando i territori viscontei da oriente. I bergamaschi avevano raggiunto [[Osio Sotto]] e i cremonesi si erano portati sulla sponda orientale dell'Adda presso [[Cassano d'Adda|Cassano]]. Il 7 giugno l'esercito visconteo si ritirò tornando a Milano. Il 12 giugno Bisaccia Riccardi mosse rapidamente verso Cassano facendo fuggire disordinatamente i cremonesi a Crema e lo stesso giorno giunse a Milano il marchese [[Moroello Malaspina]] che fu nominato capitano generale dell'esercito visconteo. Il giorno successivo il Riccardi passò l'Adda e i cremaschi e i ferraresi avviarono trattative di pace che si conclusero con la loro pubblicazione il 20 giugno.
 
In luglio Matteo Visconti si dimostrò un saggio mediatore per la pace tra genovesi e veneziani e questi ultimi lo aiutarono stabilendo una nuova pace tra milanesi da una parte e pavesi ed alleati dall'altra; rimasto senza alleati, Giovanni del Monferrato sancì una pace con i milanesi il 4 settembre.<ref>Giulini, ''Memorie'', vol. IV, pp. 786-795</ref>