Parità dello zero: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
FrescoBot (discussione | contributi)
m wl
Riga 130:
Questa seconda volta, il numero di bambini della stessa fascia di età che rispondevano che lo zero è pari scese al 32%.<ref>{{cita|Frobisher, 1999|p. 41}} "La percentuale di bambini del 2º anno che sceglievano che zero è un numero pari è molto più bassa che nel precedente studio, 32% rispetto al 45%"</ref> La percentuale di risposte corrette nel decidere se zero è pari inizialmente sale e poi rimane stabile intorno al 50% dai 7 ai 10 anni.<ref>{{cita|Frobisher, 1999|p. 41}} "Il successo nel decidere se zero è pari o no non continua a crescere con l'età, con circa un bambino su due, tra i 6 e gli 11 anni, che mette la crocetta nella casella 'pari'..."</ref> Come paragone, il più facile esercizio di identificare la parità di una sola cifra, aveva una percentuale di successo intorno all'85%.<ref>{{cita|Frobisher, 1999|pp. 40–42, 47}}; questi risultati derivano da uno studio effettuato nel febbraio del 1999, su 481 bambini, provenienti da tre scuole differenti con differenti livelli di apprendimento.</ref>
 
Nelle interviste, Frobisher stimolava il ragionamento degli studenti. Uno studente del 5º anno (9 anni) aveva deciso che 0 è pari perché si trovava nella [[Tabellina pitagorica|tabellina]] del 2. Uno studente del 4º anno (8 anni) si rese conto che 0 può essere diviso in parti uguali. Un altro studente del 4º anno aveva motivato la parità di 0 dicendo "1 è dispari e se vado giù [0] è pari".<ref>{{cita|Frobisher, 1999|p. 41}}, attribuito a "Jonathan"</ref> In un altro studio Annie Keth osservò una classe di 15 studenti del 2º anno in cui gli studenti si erano convinti l'un l'altro che 0 fosse un numero pari basandosi sull'alternanza fra pari e dispari e sulla possibilità di dividere in due parti uguali un insieme di zero cose.<ref>{{cita|Keith, 2006|pp. 35–68}} "C'era un piccolo disaccordo sull'idea che zero fosse un numero pari. Gli studenti convinsero i pochi che non erano d'accordo con due argomentazioni. La prima era che i numeri seguono uno schema ...dispari, pari, dispari, pari, dispari, pari... e poiché due è pari e uno è dispari il numero prima di uno, che non sia una frazione, sarebbe zero. Dunque zero dev'essere pari. La seconda argomentazione era che se una persona ha zero cose e le divide in due parti uguali allora ce ne sarebbero zero in ogni gruppo. I due gruppi avrebbero lo stesso numero di oggetti: zero."</ref>
 
==== Idee sbagliate degli studenti sulla parità di zero ====
Riga 182:
 
== Cognizione numerica ==
[[File:Nuerk figure 4 bare.svg|thumb|alt=Numbers 0–8, repeated twice, in a complex arrangement; the 0s are on top, separated by a dotted line|Questo grafico mostra i tempi di reazione nel dire la parità delle cifre da uno a dieci. Più le cifre sono vicine fra loro meno tempo è necessario.<ref>{{cita|Nuerk|Iversen|Willmes|2004|p. 851}}: "Si può osservare che zero differisce fortemente da tutti gli altri numeri indipendentemente dalla mano usata per rispondere. (Vedere la linea che separa zero dagli altri numeri.)"</ref>]]Anche gli adulti che credono che lo 0 sia pari, tuttavia, non sono familiari con questo concetto, fatto che diminuisce il loro [[tempo di reazione]] quando devono giudicare se un numero è pari o no. [[Stanislas Dehaene]], un pioniere nel campo della [[cognizione numerica]], ha condotto una serie di esperimenti di questo tipo nei primi anni 1990. Un numero in cifre o in lettere lampeggia su un [[Monitor (computer)|monitor]] che un soggetto sta guardando, e un [[computer]] registra il tempo necessario al soggetto per premere uno dei due pulsanti per identificare il numero come pari o dispari. I risultati hanno mostrato che per identificare 0 era necessario più tempo che per identificare un qualsiasi altro numero pari. Alcune varianti dell'esperimento hanno trovato ritardi lunghi fino a 60 [[Millisecondo|millisecondi]] o circa il 10% del tempo di reazione medio - una differenza piccola ma significativa.<ref>Vedi i dati in {{Cita|Dehaene|Bossini|Giraux|1993}}, e riassunti da {{cita|Nuerk|Iversen|Willmes|2004|p. 837}}.</ref>
 
Gli esperimenti di Dehaene non erano stati progettati specificamente per indagare la parità dello 0, ma per confrontare modelli concorrenti di come l'informazione di parità venga elaborata ed estratta. Il modello più specifico, l'ipotesi dell'utilizzo del calcolo mentale, suggerisce che la reazione a 0 deve essere veloce; 0 è un numero piccolo, ed è facile calcolare 0 × 2 = 0. (È stato notato che i soggetti dell'esperimento riescono a calcolare e dire il risultato della moltiplicazione per 0 più velocemente del risultato di una moltiplicazione per numeri diversi da 0, anche se sono più lenti a verificare i risultati proposti come 2 × 0 = 0.) I risultati degli esperimenti hanno suggerito che qualcosa di diverso stava accadendo: l'informazione di parità apparentemente era richiamata dalla memoria insieme a un gruppo di proprietà correlate, come l'essere [[numero primo|primo]] o una [[potenza di due]]. Sia la sequenza di potenze di 2 che la sequenza dei numeri positivi pari 2, 4, 6, 8,... sono categorie mentali ben distinte, i cui membri sono prototipicamente pari. Lo 0 non appartiene a nessuna lista, quindi le risposte erano più lente.<ref>{{cita|Dehaene Bossini Giraux, 1993|pp. 374–376}}.</ref>
Riga 193:
Alcuni dei contesti in cui la parità dello zero fa la sua apparizione sono puramente retorici. L'argomento fornisce il materiale per bacheche Internet e siti web in cui si chiedono consigli agli esperti.<ref>{{cita|The Math Forum participants, 2000}}; {{cita|Straight Dope Science Advisory Board, 1999}}; {{cita|Doctor Rick, 2001}}</ref> Il linguista Joseph Grimes riflette che chiedere "Zero è pari?" alle coppie sposate è un buon modo per creare disaccordo.<ref>{{cita|Grimes, 1975|p. 156}} "...uno può porre questa domanda a una coppia sposata di propria volontà (1) Lo zero è pari?... Molte coppie non sono d'accordo..."</ref> Le persone che pensano che lo zero non sia né pari né dispari possono utilizzare la parità di zero come prova che ogni regola ha un [[controesempio]],<ref>{{cita|Wilden Hammer, 1987|p. 104}}.</ref> o come esempio di una domanda [[trabocchetto]].<ref>{{cita|Snow, 2001}}; {{cita|Morgan, 2001}}</ref>
 
Intorno al 2000, i media hanno notato un paio di pietre miliari insolite: la data "19/11/1999" è stata l'ultima [[data]] del [[calendario]] composta solo da cifre dispari che si sarebbe verificata per un tempo molto lungo e che la data "02/02/2000" sarebbe stata la prima data formata da solo cifre pari dopo molto tempo.<ref>{{cita|Steinberg, 1999}}; {{cita|Siegel, 1999}}; {{cita|Stingl, 2006}}</ref> Poiché questi risultati fanno uso del fatto che 0 è pari, alcuni lettori furono in disaccordo con l'idea.<ref>{{cita|Sones Sones, 2002}} "Segue che zero è pari e che 2/20/2000 risolve senza problemi il 'mistero'. Sì, è sempre sorprendente quante persone sono infastidite dal dire che zero è pari..."; {{cita|Column 8 readers|2006a}} "'...secondo i matematici, il numero zero, insieme ai numeri negativi e alle frazioni, non è né pari né dispari,' scrive Etan..."; {{cita|Column 8 readers|2006b}} "'Io sono d'accordo sul fatto che zero sia pari, ma il Professor Bunder lo vuole 'dimostrare' affermando che 0 = 2 x 0? Secondo questa logica (da un 'laureato' in logica matematica, niente meno), poiché 0 = 1 x 0, 0 è anche dispari!' Il professore controbatterà a questo, logicamente, egli ha delle motivazioni sensate per farlo, ma forse noi stiamo considerando questo argomento un po' troppo alla leggera..."</ref>
 
Nei [[test standardizzati]], se una domanda riguarda il comportamento dei numeri pari, potrebbe essere necessario tenere a mente che 0 è pari.<ref>{{cita|Kaplan Staff, 2004|p. 227}}.</ref> Delle pubblicazioni ufficiali relative al [[GMAT]] e al [[Graduate Record Examination|GRE]] test sia stato che 0 sia pari.<ref>{{cita|Graduate Management Admission Council, 2005|pp. 108, 295–297}}; {{cita|Educational Testing Service, 2009|p. 1}}</ref>