Fabianesimo: differenze tra le versioni
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La Società fabiana, o Fabian Society in lingua inglese, nacque nel 1884 a Londra, con l’obiettivo di mettere in pratica le teorie del filosofo Thomas Davidson. Questi sosteneva che il progresso sociale dipendesse dalla rigenerazione individuale e che, per portare il mondo verso un sistema di vita migliore, occorresse che gruppi di individui si impegnassero a vivere un alto ideale di amore e fratellanza. Il fine dell’associazione era quindi quello di studiare quali fossero le condizioni per un’esistenza felice all'interno di un sistema di vita comunitario.<ref name="Pench" /> <br>
Tuttavia, i primi dodici membri della Società si mostrarono scettici verso le idee di Davidson e desiderarono un più preciso programma di riforme sociali. Pertanto, dichiararono di aver bisogno di tempo prima di enunciare una linea d’azione. Di qui, su proposta di Frank Podmore, co-fondatore del movimento, assunsero il nome di “Fabiani” per indicare il loro desiderio di esaminare i fatti più a fondo prima di agire, come si legge in uno dei loro primi opuscoli. Il nome della Società, del resto, deriva da quello del generale romano Quinto Fabio Massimo, detto il Temporeggiatore, che evitava le battaglie campali per poi gradualmente logorare le forze nemiche.
Proprio il concetto di gradualismo è la chiave di volta di tutto il pensiero politico dei Fabiani, i quali credevano nel graduale affermarsi del socialismo. Un ideale che in realtà si affermò solo molto tempo dopo la fondazione della Società grazie al contributo di Sidney Webb, altra figura illustre del Fabianesimo.<ref name="Pench" /><br>
Sebbene anche al suo apice, nel 1946, avesse solo 8.400 membri, non bisogna sminuire l'importanza di questo movimento.<ref>{{Cita web|https://www.britannica.com/topic/Fabian-Society}}</ref> Accanto al gradualismo, l’altra tattica vincente dei Fabiani consisteva nel fatto che essi preferirono esercitare una certa influenza, o meglio, “permeare” i partiti con idee socialiste, invece che formare il proprio partito politico o lavorare attraverso i sindacati. “Permeazione” significava infatti, per i Fabiani, aggregarsi a tutte quelle organizzazioni politiche dove fosse possibile attuare un progetto di indirizzo socialista e influenzarle dal loro interno, una volta entrati negli organi direttivi delle organizzazioni politiche stesse.
== Origini del pensiero fabiano ==
Il Fabianesimo è però il frutto di un’evoluzione storica del pensiero filosofico e politico britannico, che mette radici negli anni della prima rivoluzione del mondo moderno, ossia la Rivoluzione puritana del 1642. In quel periodo, infatti, vennero discussi i fondamenti dell’autorità religiosa e politica e cominciarono ad emergere nuovi ceti sociali e gruppi politici decisi ad ottenere un peso essenziale negli equilibri di potere. Tra questi si distinsero i Livellatori, che costituiscono l’antecedente storico-filosofico del socialismo britannico, nonché del Fabianesimo.<ref name="Pench">{{cita libro | nome=Lucio | cognome=Pench | titolo= Il socialismo fabiano: un collettivismo non marxista | anno=1988 | editore=Edizioni Scientifiche Italiane | città= Napoli }}</ref> <br>
Secondo il laburista Tony Benn, in ''Arguments for Socialism'', fonte di ispirazione per il pensiero fabiano furono proprio le tesi di quel partito politico, esposte durante i Dibattiti d Putney del 1647 nel manifesto ''Agreement of the People'', le quali, per la prima volta, proponevano come principi fondamentali di uno Stato la libertà e l’uguaglianza, che dovevano però convivere con la proprietà privata.
Da tali rivendicazioni prenderà forma nel corso del Settecento il partito radicale, che, nonostante la scarsa rappresentanza ai Comuni, svolse il ruolo di terza forza politica accanto ai Whigs e Tories. La nota dominante di questo atteggiamento politico è d’altra parte l’avversione al privilegio, identificato nel monopolio del re e dell’aristocrazia terriera, nel vasto apparato clientelare della Camera dei Lord, della Chiesa Anglicana e delle compagnie commerciali. Tuttavia, negli anni della Rivoluzione francese, tale partito subì una profonda crisi, dalla quale uscì totalmente rinnovato a livello ideologico grazie all’opera di grandi intellettuali come Jeremy Bentham, Tom Paine e William Godwin.
Il primo, infatti, sviluppò una filosofia giusnaturalista che faceva dei diritti naturali e inalienabili dell’uomo il presupposto della rivendicazione di una forma democratica di governo, facendo della rivoluzione lo strumento necessario per il perseguimento di tale rivendicazione.
Il secondo sosteneva la rivoluzione istituzionale, ma in termini decisamente meno agguerriti. Infatti, più che una violenta presa di potere Paine
Accanto all’opinione di Paine, si affermò l’ideale di una “società senza governo”, promosso da Godwin. Tutte le istituzioni sono infatti per Godwin “i grandi mali morali che ci sono al mondo”, di cui l’umanità potrà fare a meno in futuro. Inoltre, sebbene giustificò la resistenza all’autorità in caso di oppressione, condannò la violenza rivoluzionaria ed identificò le armi della critica come le sole capaci di demolire gli ''arcana imperii''.
Tuttavia, fu soprattutto la filosofia di Bentham ad influenzare notevolmente il pensiero del partito radicale. Le sue teorie cercarono, d'altronde, di adeguare il sistema legislativo inglese ai nuovi rapporti sociali delineatisi nel corso della Rivoluzione industriale.
In politica tale pensiero tendeva ad identificarsi con una riforma parlamentare, che promuovesse una legislazione e un'amministrazione efficienti e trasparenti. Bentham e i suoi seguaci attribuirono così la massima importanza alla pubblicità degli atti di governo e alla diffusione dell'istruzione, da cui sarebbe derivato un progressivo aumento dell'interesse per la cosa pubblica e quindi un più efficace controllo dei governati sui governanti. Ne consegue che la dottrina utilitaristica di Bentham veniva incontro soprattutto alle aspirazioni dei ceti emergenti, e cioè ai massimi artefici e beneficiari del nuovo assetto industriale e commerciale dell'Inghilterra.
Gli stessi Fabiani si proclamarono eredi di questa tradizione facente capo a Bentham, ma il pensatore che più di altri fu d’ispirazione primaria per loro fu John Stuart Mill. Questi era allievo dello stesso Bentham, ma presto prese le distanze dai suoi insegnamenti, sviluppando una filosofia del tutto autonoma, ma anche ambigua, specie nelle questioni riguardanti la natura dell’uomo e il suo posto nella società. Mill in effetti è apparso sia come anticipatore del collettivismo sia come difensore della libertà individuale, minacciata, secondo lui, non tanto dagli abusi dei potenti, quanto dagli eccessi della democrazia. Il pensiero di Mill, rispetto a quello del maestro, si fondava sul “libero sviluppo dell’individualità”, in modo da perseguire il “bene più grande costituito dalla libertà umana”. La libertà è proprio il punto di discordia tra Bentham e Mill: mentre il primo la considerava un elemento subordinato e strumentale, l’altro la vedeva come “fine in sé”. Si tratta insomma di conclusioni inconciliabili con l’utilitarismo di Bentham e che però esaltano la libertà individuale: intesa come un mezzo ordinato al conseguimento del benessere, una condizione necessaria al progresso dell’umanità ed un elemento costitutivo di quel benessere e di quel progresso. A livello politico, il socialismo di Mill consisteva in una rigenerazione morale della società più che in una sua riorganizzazione economica. Sulla scia di tutte le altre filosofie socialiste inglesi della prima metà dell’Ottocento, escludeva la componente rivoluzionaria violenta. Inoltre, il pensiero socialista di Mill non è stato intaccato minimamente dal socialismo scientifico di Marx, come si può intuire dall’analisi dei ''Principles'' e dei ''Chapters on Socialism'', dove non risulta un consenso verso il socialismo marxista, in quanto la stessa libertà individuale in un “sistema comunista” appare incerta agli occhi di Mill perché sotto il dominio dell’autorità pubblica. L’alternativa non è dunque tra il socialismo nelle sue varie forme e il caos, ma tra il socialismo e il sistema della società privata riformato in modo da garantire agli individui il frutto del lavoro. La chiave di lettura di molte idee di Mill è anti-interventista con il “Laissez - faire” che fa da regola generale di condotta. Mill appare quindi colui che vorrebbe credere nel socialismo, o almeno, in una versione conciliabile con il valore supremo della libertà individuale, ma non si sente in grado di superare i suoi dubbi, che però scompariranno del tutto con i suoi discepoli degli anni Ottanta dell’Ottocento, i Fabiani, i quali in seguito diverranno indipendenti nella loro ricerca della soluzione della questione sociale.
== Il Fabianesimo maturo ==
I primi aderenti alla Società fabiana erano giovani borghesi, di buona formazione e impiegati in vari campi: dal giornalismo all'istruzione fino all'amministrazione statale. Tutti per lo più intellettuali accumunati da un senso di insoddisfazione verso la propria esistenza e la società in generale
L’orientamento politico autentico dei Fabiani emerge in uno dei loro primi opuscoli, intitolato ''Facts of Socialists'', che consiste in una raccolta di dati statistici e citazioni di economisti autorevoli, tra cui alcune di Mill stesso, tesa a dimostrare le disuguaglianze nella distribuzione del reddito nazionale e le gravi conseguenze che ciò comporta a livello sociale come la povertà e la mortalità infantile. La soluzione proposta non è assolutamente la rivoluzione alla francese. Anzi, si ripone una certa fiducia nelle amministrazioni, in primis locali, che gradualmente devono cercare di promuovere riforme di tendenza socialista a livello nazionale. A ciò si affiancava anche il progetto di una politica nazionale di graduale soppressione della rendita in tutte le sue forme, nonché di un'imposizione fiscale differenziata. Allo stesso tempo, a prescindere dai contenuti, emerge in questo documento anche lo stile della letteratura fabiana, tendente sempre a trasmettere un’apparente neutralità invece che una posizione ideologica vera e propria. Le risoluzioni dei vari problemi, infatti, appaiono sempre come una naturale soluzione ai problemi stessi dal momento che, a monte, è stata presentata una serie di dati ufficiali, che descrivono in maniera oggettiva la realtà. La Società fabiana d’altronde non volle e non fece mai dichiarazioni espressamente politiche proprio perché la neutralità rappresentava quella qualità che l'aveva distinta sin dai suoi esordi all'interno del panorama politico dell'epoca. Tuttavia, l'importanza di questo opuscolo dipende non solo dalle statistiche raccolte, ma anche dal tentativo di propagandare i principi socialisti attraverso citazioni tratte da fonti non socialiste, e di presentare il socialismo non come un movimento rivoluzionario mirante a sovvertire la società esistente, ma piuttosto come uno sviluppo logico e necessario di tendenze già operanti nel capitalismo stesso. <ref name="Pench" /><br> ▼
▲L’orientamento politico autentico dei Fabiani emerge in uno dei loro primi opuscoli, intitolato ''Facts of Socialists'', che consiste in una raccolta di dati statistici e citazioni di economisti autorevoli, tra cui alcune di Mill stesso, tesa a dimostrare le disuguaglianze nella distribuzione del reddito nazionale e le gravi conseguenze che ciò comporta a livello sociale come la povertà e la mortalità infantile. La soluzione proposta non è assolutamente la rivoluzione alla francese. Anzi, si ripone una certa fiducia nelle amministrazioni, in primis locali, che gradualmente devono cercare di promuovere riforme di tendenza socialista a livello nazionale. A ciò si affiancava anche il progetto di una politica nazionale di graduale soppressione della rendita in tutte le sue forme, nonché di un'imposizione fiscale differenziata. Allo stesso tempo, a prescindere dai contenuti, emerge in questo documento anche lo stile della letteratura fabiana, tendente sempre a trasmettere un’apparente neutralità invece che una posizione ideologica vera e propria. Le risoluzioni dei vari problemi, infatti, appaiono sempre come una naturale soluzione ai problemi stessi dal momento che, a monte, è stata presentata una serie di dati ufficiali, che descrivono in maniera oggettiva la realtà. La Società fabiana d’altronde non volle e non fece mai dichiarazioni espressamente politiche proprio perché la neutralità rappresentava quella qualità che l'aveva distinta sin dai suoi esordi all'interno del panorama politico dell'epoca. Tuttavia, l'importanza di questo opuscolo dipende non solo dalle statistiche raccolte, ma anche dal tentativo di propagandare i principi socialisti attraverso citazioni tratte da fonti non socialiste, e di presentare il socialismo non come un movimento rivoluzionario mirante a sovvertire la società esistente, ma piuttosto come uno sviluppo logico e necessario di tendenze già operanti nel capitalismo stesso.
Tuttavia, i membri della Società avevano opinioni che riflettevano l'epoca in cui vivevano: i fabiani più illustri avevano pregiudizi e opinioni razziste che non erano in linea con l'impegno della Società per l'uguaglianza di tutti. Anche le opinioni sul ruolo dell'Impero variavano tra i membri: alcuni sostenevano una rapida decolonizzazione e altri vedevano l'Impero britannico come una forza potenzialmente progressista nel mondo. <ref>{{Cita web|https://fabians.org.uk/about-us/our-history/}}</ref> L'inizio delle divisioni interne arrivò con lo scoppio della Guerra Boera (1899-1902). Sebbene infatti molti membri della Società si dichiarano contrari al momento della dichiarazione di guerra, ci fu chi invece propose di stilare una risoluzione a favore del partito dei Boeri. Solo dopo la fine del conflitto le due ali del movimento si riappacificarono, ma alla fine sarà proprio l’assenza di una linea comune che porterà allo scioglimento della Società stessa nel corso del primo Novecento.<ref name="Pench" /><br>▼
▲Tuttavia, i membri della Società avevano opinioni che riflettevano l'epoca in cui vivevano: i fabiani più illustri avevano pregiudizi e opinioni razziste che non erano in linea con l'impegno della Società per l'uguaglianza di tutti. Anche le opinioni sul ruolo dell'Impero variavano tra i membri: alcuni sostenevano una rapida decolonizzazione e altri vedevano l'Impero britannico come una forza potenzialmente progressista nel mondo.
== Tattica ==
Prese tale nome in quanto si avvalse sempre di una tattica gradualistica e temporeggiatrice che ricordava, sotto alcuni aspetti, la strategia militare di [[Quinto Fabio Massimo Verrucoso|Quinto Fabio Massimo]] il ''Temporeggiatore'', che nella lotta contro [[Annibale]] e i suoi [[cartagine]]si si avvalse di una strategia attendista di lento logoramento, che permise
{{citazione|Per il momento giusto devi attendere, così come fece Fabio con pazienza, mentre fronteggiava Annibale, anche se molti lo criticarono per questo. Quando il momento giunge devi però batterti duramente, così come fece Fabio, o la tua attesa sarà stata vana e infruttuosa.|''Saggi fabiani'', I|For the right moment you must wait, as Fabius did most patiently, when warring against Hannibal, though many censured his delays; but when the time comes you must strike hard, as Fabius did, or your waiting will be in vain, and fruitless|lingua=en}}
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Il [[Movimento Comunità]] di [[Adriano Olivetti]] fu in seguito l'unico partito italiano che si rifece esplicitamente al fabianesimo, tra le sue ispirazioni principali assieme al [[federalismo]], al [[liberalismo sociale]] e alla [[socialdemocrazia]].<ref>{{Cita web |url=http://www.millennivm.org/millennivm/?p=601|titolo=''Olivetti: comunitarismo e sovranità industriale nell'Italia postbellica''|accesso=28 maggio 2014 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20140529085914/http://www.millennivm.org/millennivm/?p=601|dataarchivio=29 maggio 2014|urlmorto=sì}}</ref>
Negli anni 2000 nacque la ''Società Fabiana Siciliana'', tuttora esistente.<ref>{{Cita web|url=http://www.fabiana.it/|titolo=Società Fabiana Siciliana - Associazione dei Socialisti Riformisti della Sicilia - Sedi regionali a Messina e Palermo
== Il fabianesimo oggi ==
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Si può dire che molti partiti socialdemocratici abbiano tratto ispirazione dalla Fabian Society; tuttavia molti altri partiti che propugnano l'azione parlamentare richiamandosi al socialismo si definiscono "gradualisti".<ref name="fabiani" />
== Critica ==
I Fabiani però non furono esenti da critiche da parte dei loro contemporanei. Tra questi è bene ricordare la figura dello storico Eric J. Hobsbawm, il quale basò i suoi giudizi nei confronti della Società sul fatto che i membri di questa non provenissero dalla classe operaia, ma al contrario il gruppo era un'organizzazione socialista della classe media, del tutto anomalo visto che in Gran Bretagna non era consuetudine avere dei giovani intellettuali che simpatizzavano per gli ideali socialdemocratici. Di qui, ecco alcune delle "mitologiche pretese", come le definisce Hobsbawm stesso, dei Fabiani:
* I Fabiani non sono stati gli ispiratori, né i pionieri del Labour Party, come hanno più volte essi stessi asserito. Pare certo che l'ILP (Partito Laburista Indipendente) e il Labour Party sarebbero sorti senza la loro assistenza
* Il loro fallimento è mitigato dalla loro attività indefessa, dalla loro abilità di redattori di opuscoli e progetti amministrativi
* In realtà quel fallimento fu dovuto alla loro atipicità: non appartenevano né alla corrente liberale, né a quella operaia della politica inglese
* Non rientravano nella tradizione politica inglese, e per quanto si vantassero del loro realismo politico non si rendevano conto di tale stato di cose
[[Lev Trotsky]] pensava che il fabianesimo fosse un subdolo tentativo di salvare il capitalismo dalla furia della classe operaia. Ha scritto: {{Citazione|in tutta la storia del movimento laburista britannico vi è stata pressione da parte della [[borghesia]] sul [[proletariato]] attraverso l'uso di radicali, intellettuali, salotto e chiesa socialisti, e ''[[Robert Owen|owenisti]]'', che respingono la lotta di classe, difendono i principi di solidarietà sociale, predicano la collaborazione con la borghesia, imbrigliano, e indeboliscono politicamente l'avvilito proletariato.<ref>{{Cita libro|autore=Lev Trotsky|titolo=Scritti sulla Gran Bretagna|volume=2|città=Londra|editore=New Park|anno=1974|pagina=48}}</ref>}}
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