Scipione Ammirato: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Etichette: Modifica da mobile Modifica da web per mobile |
Nessun oggetto della modifica |
||
Riga 31:
Nel ''Dedalione'' l'Ammirato affronta la domanda comune a tutti i teorici letterari italiani del Cinquecento: in quale campo della filosofia si debba classificare la poesia. L'Ammirato la assegna al campo della filosofia civile. Operando una distinzione fra filosofia contemplativa e filosofia attiva, l'Ammirato stabilisce nella seconda tre categorie, di cui una è la filosofia civile o politica; in tale categoria il poeta ha come compito particolare, insieme al legislatore e all'oratore, di curare l'animo umano attraverso lezioni di moralità e di virtù, presentate in modo piacevole.<ref>{{Cita libro|curatore=Bernard Weinberg|titolo=Trattati di poetica e retorica del Cinquecento|volume=2|editore=Casa editrice Giuseppe Laterza & figli|città=Bari|anno=1970|collana=Scrittori d'Italia Laterza|p=683}}</ref>
Ormai famoso in tutta Italia, non riuscì tuttavia a ottenere la carica di storiografo regio a Napoli, proposta per lui da Angelo Di Costanzo, e indignato se ne andò a Firenze (1569), non accettando più alcun incarico nel [[Regno di Napoli]], nonostante le sollecitazioni del viceré. Dal granduca [[Cosimo I de' Medici]], che lo ospitò presso [[Villa medicea della Topaia|Villa La Topaia]], ottenne l'incarico di scrivere le ''Istorie fiorentine'', per la cui stesura poté servirsi del materiale conservato presso l'Archivio Pubblico istituito nel [[1570]]. Obiettivo polemico delle ''Istorie'' dell'Ammirato sono le ''[[Istorie fiorentine]]'' del Machiavelli, di cui contestò sia l'impostazione dispersiva sia le numerose inesattezze (1º vol., pp. 1-2, e 3º vol., pp. 96-97).<ref name = Machiavelliana>{{Cita|Francesco Vitali (2014)}}.</ref> Assiduo frequentatore dell'''Accademia degli Alterati'' di Giovan Battista Strozzi, l'Ammirato divenne un protagonista del panorama culturale cittadino.<ref name = A/> Giovan Battista Attendolo lo proclamò "principe degli storici del suo secolo", e l'[[Accademia degli Umidi|Accademia fiorentina]] "nuovo Livio"; [[Orlando Pescetti]] lo pose per la lingua allo stesso livello di [[Pietro Bembo]], [[Giovanni Della Casa|Monsignor della Casa]], [[Lionardo Salviati]], [[Benedetto Varchi]] e Annibale Caro; il suo lavoro sulle ''Famiglie napoletane'' ebbe un grande successo nelle corti di tutta Italia e suscitò le calorose lodi di [[Traiano Boccalini]] ed [[Annibale Caro]]. «In un'epoca in cui largamente si diffondeva un'araldica dominata dalla fantasia e trovavano credito le astruse ricostruzioni genealogiche di spregiudicati falsari, le documentate ed erudite ricerche di Scipione Ammirato sulle famiglie napoletane e fiorentine fecero testo per «compor le genealogie e fabbricar gli alberi delle case più illustri» (Traiano Boccalini, ''Ragguagli di Parnaso'', Cent. I, L).»<ref>{{Cita libro|autore=Claudio Donati|titolo=L'idea di nobiltà in Italia|editore=Editori Laterza|anno=1988|ISBN=9788842030485|p=220}}</ref> Indice della fama dell'Ammirato genealogista erano le richieste di pareri su tale materia che gli venivano avanzate non solo da famiglie regnanti italiane, ma anche dal re di Francia o dal decano capitolare di Colonia.<ref>Si veda Umberto Congedo, ''La vita e le opere di Scipione Ammirato'', in ''Rassegna pugliese di scienze lettere e arti'', vol. 20, 1903, pp. 13-15.</ref> I re [[Enrico II di Francia]] e [[Filippo II di Spagna]], i papi [[Papa Clemente VIII|Clemente VIII]] e [[Papa Sisto V|Sisto V]] e i Medici gli spedivano lettere assai lusinghiere, promettendogli immense ricchezze.<ref>{{cita|Scarabelli|pp. 13-15}}.</ref> Nel [[1595]] divenne [[canonico]] della [[Cattedrale di Santa Maria del Fiore|cattedrale di Firenze]]. Dopo aver fatto testamento (11 gennaio 1601) morì il 31 gennaio 1601 e lo stesso giorno fu sepolto in [[Cattedrale di Santa Maria del Fiore|Santa Maria del Fiore]] a Firenze.
== Teoria della ragion di stato ==
|