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La Corona di Kritonios è uno splendido frammento di giardino forgiato nell’immortale materia dell’oro.
Forse una sorta di promessa di quei Campi Elisi che per i pagani erano la meta ultima delle anime amate dagli dèi, o un perenne tributo d’onore riecheggiante quelli che gli antichi usavano rendere ai vivi con corone fatte di vere fronde d’alberi e fiori. Tante erano le essenze – ciascuna con un suo significato simbolico – con cui si evocava quell’intimo contatto con la natura che caratterizzò le grandi civiltà del Mediterraneo.
Nella Corona di Kritonios, troviamo una dea alata, tre Erotes e due Nikai che sembrano fluttuare su rami e fiori, fra i quali figurano anche delle api riprodotte a sbalzo e proporzionate alla grandezza dei fiori. Al serto mancano purtroppo un intero mazzetto di fiori, un quarto Erote e, forse, qualche ape.
Le piante - accomunate dall’essere note fin da tempi remotissimi alla medicina popolare per le loro blande virtù terapeutiche - sono foggiate in modo realistico al punto da permettere senza difficoltà alcuna l’identificazione con le varietà botaniche più comuni della vegetazione “a macchia” lungo le coste e nei terreni semi-aridi.
Qui in ordine sparso le piante come: lo Smilax aspera (la nostrana Salsapariglia, nota anche col nome comune di stracciabraghe) che, diversamente dall’edera non ha radici avventizie ma si arrampica con viticci oltre a produrre graziosi grappoli di lucide bacche rosse, elementi ben riprodotti nella Corona; rametti di Quercus pedunculata e Quercus troiana (varietà di quercia) con una, due o tre foglie e ghiande; fiori di selvatica Rosa canina, nella parte bassa del serto; Rose da giardino a fiore doppio, già note ai giardinieri ellenici e romani; fronde di Crataegus oxyacantha (il comune biancospino, disposto in basso e nel giro interno della corona); la Calendula officinalis; il Chrisanthemum nyconis; alcune fronde di Castagno, fiori di Malva e fiori di Convolvolo, riprodotto in quattro varietà (Convolvulus soldanella, althaeoides, elegantissimus e arvensis), la cui corolla è ricoperta di uno smalto azzurro intenso, un tipo di decorazione che ritroviamo anche su alcuni fiori di libera invenzione, a forma di stella.
Il serto di rami e fiori che forma la Corona di Kritonios, è sovrastato da una figura femminile alata che il Lipinsky ha definito Dea Regina Triumphans, ipotizzando che si tratti di una “rivisitazione” lucana di Hera/Giunone regina dell’Olimpo, protettrice delle donne dalla nascita al parto, alla morte.
Si esclude infatti che sia una Vittoria alata (Nike), e ciò per via del diadema a punte portato sul capo e di una sottile corona perlinata che compare fra le ciocche dei capelli poco sopra la fronte, attributi atipici per una Nike (il cui capo è usualmente cinto da un semplice nastro) ma affini con quelli di tre statuine di divinità femminile del VI sec. a.C. rinvenute nella Tuscia meridionale. Così come esulano dall’iconografia della Nike anche gli oggetti che questa figura porta nelle mani, la patera e lo scettro, invece della consueta palma. Viceversa, sono delle vere Nikai le altre figure femminili che, insieme agli Erotes, accompagnano la dea in trionfo, alla quale potrebbe quindi riferirsi la terza parola dell’iscrizione dedicatoria (TOEI) che l’epigrafista Michel Lejeune traduce come “alla divinità”. La dea è l’unica figura ad essere stata fusa e cesellata a tutto tondo mentre le rimanenti sono lavorate in lamina, e solo sul lato anteriore. Essa indossa un chitone, modellato su spalle e petto, e un hymation decorato a granulazione che dalla spalla sinistra e dal braccio scende in larghe pieghe lungo il corpo. Il collo è ornato da una sottile collana terminante in un pendaglio in granulazione. Con la mano sinistra regge una patera mentre nella destra doveva stringere uno scettro oggi mancante. Ai piedi porta calzari chiusi in cuoio morbido e a punta tonda, mentre sulla testa acconciata con cura reca una corona a punte. Dalle spalle spuntano ali dalle lunghissime piume remiganti. La dea svetta su una base quasi cubica che reca l’iscrizione dedicatoria in greco.
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==Il contesto==
A partire dalla fine degli anni ’60 del Novecento, e quelli più recenti (anni ’90) condotti da Alfonsina Russo, Serra Lustrante (già Serra d’Oro) è un sito archeologico di singolare importanza per chiarire meglio le dinamiche dei rapporti tra il mondo magno greco e indigeno tra IV e III sec. a.C. L’area risulta frequentata a partire dagli ultimi decenni del IV sec. a.C. come luogo di culto: a questo periodo si fa risalire un piccolo sacello quadrangolare con un percorso pavimentato annesso. Nel III sec. a.C. il santuario viene monumentalizzato, e impostato su due terrazze raccordate da una scalinata e divise da un muro a blocchi squadrati di arenaria. La monumentalizzazione del santuario, con la realizzazione dell’impianto scenografico a terrazze, si inquadra in un contesto edilizio tipicamente ellenistico.
Nel sacello della terrazza inferiore sono stati rinvenuti alcuni materiali pertinenti agli attributi tipici di Eracle, come la clava e la pelle del leone nemeo, trofeo della prima fatica di Eracle, con la quale l’eroe si rivestì. Il santuario, dunque, doveva pertanto essere dedicato a Eracle, inteso come il garante dei valori guerrieri e agonistici giovanili, nella doppia dimensione divina ed eroica. Del resto, sia nel centro che nel sud Italia sono attestati culti a Eracle legati alla transumanza dei pastori e al culto delle acque, e non a caso ad Armento ci troviamo proprio in un punto di passaggio importante lungo il tragitto della transumanza tra i pascoli estivi dell’Appennino lucano e quelli invernali del litorale ionico.
==Marcia per la cultura==
La Marcia d’Amore della Cultura è arrivata in Val d’Agri e, in data 4 dicembre 2018, ha fatto tappa ad Armento, uno dei più suggestivi paesi/presepi lucani che con il suo centro storico impreziosito da palazzi nobiliari vie e piazze aperte su panorami mozzafiato è certamente da visitare.
Con la Marcia ogni comune diventa capitale delle proprie eccellenze per far conoscere al mondo il nostro patrimonio unico al mondo, Armento è stata nominata ‘Capitale della Corona Aurea di Kritonio’, vero capolavoro dell’oreficeria antica, con l’impegno del Sindaco di farne oggetto di una specifica delibera.
La Marcia festante, dopo i saluti di rito nella scuola, ha inondato le strade e le vie del centro antico di canti e suoni sostando nelle piazze, nel Belvedere del parco dei santi Luca e Vitale con i suoi panorami mozzafiato e con visite nella suggestiva Chiesa di San Vitale e nella vicina cappella dell’Annunziata dove è stato proiettato, con un sistema multimediale in 4D, l’avvincente storia di Armento, tratta da un testo della seconda metà dell’800 scritto da Nicola Villone.
La mattinata si è conclusa nella Chiesa Madre dedicata a San Luca Abate con la descrizione del Polittico del ‘500, la benedizione del parroco Don Francesco Barbarito, i ringraziamenti del Sindaco Franco Curto e di Tomangelo Cappelli, coordinatore regionale della Marcia per la Cultura che prima del suono delle campane per preparare a Vox Dei il concerto per campanili più grande del mondo, ha ricordato che proprio grazie ad un intervento finanziato dalla Regione Basilicata le campane di Armento tornarono a suonare nel 2000, dopo il terremoto del 1980, con l’istallazione del nuovo campanile a vela, realizzato su suo progetto, sul frontone della Chiesa Madre la cui struttura metallica richiama i tre archi del Polittico del ‘500 esaltandone la bellezza.
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