Carteggio apocrifo di Seneca e Paolo: differenze tra le versioni
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È da rilevare la prudenza di Girolamo: egli non avrebbe considerato Seneca un amico di Paolo se non fosse esistito quel carteggio che egli conosce direttamente - come mostra il passo che egli cita, « qui meus tuus apud te locus, qui tuus velim ut meus », tratto dalla lettera XII - ma sull'autenticità del quale non si pronuncia, lasciandone l'onere a non precisati « autori », mentre condivide la conclamata opinione della presunta purezza di costumi di Seneca.
Se è certo che in nessun suo scritto Girolamo ha mai considerato Seneca un cristiano, è controverso se egli ritenesse autentico o meno l'epistolario e credesse perciò all'amicizia tra Seneca e Paolo di Tarso: il Fleury<ref>A. Fleury, ''Saint Paul et Sénèque'', Paris 1853, I, p. 258.</ref> risponde affermativamente, a condizione però di ipotizzare l'esistenza di un originario carteggio in greco - di cui peraltro non vi è notizia alcuna - non ritenendo possibile che egli abbia potuto essere ingannato da una « composizione di troppo bassa lega ». Il motivo per il quale Girolamo non si pronuncia sull'autenticità dell'epistolario può essere tuttavia che la notizia di un'amicizia tra Paolo e un intellettuale del livello di Seneca tornava a tutto vantaggio del prestigio della nascente religione e dei suoi maggiori rappresentanti. Infatti, il ''De viris illustribus'' ha un intento dichiaratamente polemico contro la cultura pagana, come premette lo stesso Girolamo: «[[Celso (filosofo)|Celso]], [[Porfirio]], [[Giuliano (imperatore
Anche [[Agostino d'Ippona|sant'Agostino]] era a conoscenza dell'esistenza del carteggio: verso il [[413]] scriveva a Macedonio<ref>Agostino, ''Epistolae'', 153, 14.</ref> di « Seneca, che visse ai tempi apostolici, del quale si leggono anche alcune lettere a Paolo », dove non è chiaro se egli abbia mai direttamente letto quelle lettere. In ogni caso, sia la neutra ma comunque autorevole testimonianza di Girolamo e Agostino, sia il sermone apocrifo, attribuito a quest'ultimo, ma del [[XII secolo]],<ref>Pseudo-Agostino, ''Sermo XVII, De vigilatione et otiositate vivanda'': « ut ait paganus ille [Seneca] santissimi Apostoli amicus charissimus », in PL 40, 1263.</ref> che dichiarava Seneca essere « quel famoso pagano amico carissimo del santissimo Apostolo », faranno a lungo credere autentico il carteggio e incontestabile la loro amicizia.
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