Liutprando di Cremona: differenze tra le versioni
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Di Liutprando ci sono giunte quattro opere, le quali traggono spunto dagli eventi storici di cui è testimone. A parte l'''Homelia Paschalis'', filologicamente controversa e di tenore differente, i testi di Liutprando, più che opere storiografiche in senso stretto, sono dei vivissimi racconti quasi bozzettistici, pieni di aneddoti salaci attraverso i quali l'autore, ignorando o nella maggior parte dei casi volutamente a dispetto di ogni verità storica, mette in cattiva luce personaggi con i quali si è trovato in conflitto o dai quali ha subito qualche forma di torto.
L'esempio più evidente è nell'''[[Antapodosis]]'' che, per l'appunto, significa contraccambio/resa dei conti, suggeritagli da Recemondo, vescovo [[mozarabo]] di Elvira. L'opera, che per ampiezza di argomenti e cura stilistica è considerabile la maggiore opera di Liutprando, è una narrazione che copre diversi decenni del X secolo. Fine dell'opera è vendicarsi, seppur su un piano letterario, di chi nella vita gli ha fatto sgarbi, visto che, come lui afferma, la giustizia divina vince sempre, ma i suoi tempi sono differenti rispetto alle esigenze dell'uomo. I testo pare incompiuto, perciò non si sa con certezza chi sia la persona che più di ogni altra ha "offeso" Liutprando; certo è che tutta l'opera è una difesa di Ottone I e, ancor di più, una sequela di attacchi contro [[Berengario II di Ivrea|Berengario II]], sua moglie [[Willa III d'Arles|Willa]] e altri aristocratici del periodo<ref>Estremamente ilare è, a titolo di esempio, la descrizione di Burcardo, aristocratico tedesco venuto in
Un'altra opera senza dubbio originale è la ''Relatio de legatione costantinopolitana'' in cui Liutprando, nel tentativo di spiegare il fallimento della sua missione diplomatica a [[Costantinopoli]]<ref>Liutprando era stato mandato, in virtù della sua conoscenza del greco bizantino, da Ottone I a Costantinopoli, con l'intento di ottenere una delle figlie dell'imperatore d'Oriente in sposa ad uno dei figli di Ottone.</ref>, copre di ridicolo l'imperatore [[Niceforo II Foca|Niceforo]] e l'intera corte bizantina, descrivendoli, in modo assolutamente paradossale come "barbari brutti e malvestiti".
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Altro ''pamphlet'' è l'opera conosciuta come ''Historia'' ''Ottonis.'' L'opera in realtà non ha un vero e proprio titolo: quello citato è il più comunemente riportato nella tradizione manoscritta, mentre è ignoto il titolo che Liutprando le abbia realmente dato. Inoltre il titolo è molto sviante: l'opera fu commissionata a Liutprando da Ottone I per giustificare la deposizione di [[Papa Giovanni XII]]; non è, quindi, come il titolo lascerebbe intuire, una "storia delle gesta di Ottone", per questo motivo Paolo Chiesa in una recente edizione critica dell'opera {{chiarire|l'ha nominata ''De Iohanne papa et Ottone imperatore''|L'ha così "nominata" per sua proposta o basandosi su un codice?}}. Lo stile è sempre il medesimo: Giovanni XII viene descritto come un depravato, vizioso, addirittura stupratore seriale, tanto che le nobildonne romane avrebbero avuto paura di uscire la sera per essere assalite dal papa; giustamente, quindi, Ottone I, come capo supremo della Chiesa, ha messo fine a questa ignominia, deponendolo. Anche qui, dunque, gli aspetti politici vengono messi in secondo piano, così come ogni presunzione di oggettività: ciò che conta è l'attacco, spesso violento e personale, ma sempre intriso di grandissima ironia e grandi capacità letterarie.
Queste opere, in cui Liutprando dimostra una grande padronanza della lingua latina, sono colme di citazioni e rimandi intertestuali ad autori classici anche non di comune utilizzo nel X secolo, come ad esempio [[Tito Maccio Plauto|Plauto]], [[Publio Terenzio Afro|Terenzio]], [[Marco Valerio Marziale|Marziale]], [[Decimo Giunio Giovenale|Giovenale]] e [[Aulo Persio Flacco|Persio]]<ref>Probabilmente per alcuni di questi autori la conoscenza di Liutprando è "mediata" da antologie e florilegi, mentre è sicuramente diretta la conoscenza di
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