All Things Must Pass: differenze tra le versioni

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Richard Williams del ''Melody Maker'' riassunse la sorpresa che molti provarono nei confronti dell'apparente trasformazione di Harrison: ''All Things Must Pass'', scrisse, fornì "l'equivalente rock dello shock provato dagli spettatori al cinema nell'anteguerra quando [[Greta Garbo]] parlò per la prima volta in un film sonoro: ''La Garbo parla! – Harrison è libero!''"<ref name="Schaffner_A" /> [[William Bender]] della rivista ''[[Time]]'' descrisse il disco una "affermazione personale eseguita in maniera classicamente espressiva; ... uno dei migliori album rock in circolazione da anni", mentre Don Heckman scrisse sul ''[[The New York Times]]'': "Se qualcuno aveva dubbi che George Harrison fosse un grande talento, ora può rilassarsi... Questo è un disco da non perdere."<ref>Frontani, pag. 158, nota 19 (pag. 266).</ref>
 
Fuori dal coro delle lodi fu invece il noto critico musicale [[Robert Christgau]] del ''[[The Village Voice|Village Voice]]'', che scrisse quanto ''All Things Must Pass'' fosse caratterizzato da una "eccessiva fatuità" e da "una musica poco interessante".<ref>Robert Christgau, [http://www.robertchristgau.com/xg/bk-aow/beatles.php "Living Without the Beatles"], robertchristgau.com.</ref> Nel loro libro ''[[The Beatles: An Illustrated Record]]'', [[Roy Carr]] & [[Tony Tyler]] criticarono l'omogeneità della produzione e "la natura lugubre delle composizioni di Harrison".<ref name="Carr_&Tyler" /> Scrivendo in ''The Beatles Forever'' nel 1977, tuttavia, [[Nicholas Schaffner]] lodò l'album come un "traguardo glorioso" nelle rispettive carriere di Harrison e Spector, indicando le tracce ''All Things Must Pass'' e ''Beware of Darkness'' come le "due canzoni più eloquenti del disco ... sia musicalmente che liricamente".<ref>Schaffner, pp. 138, 142.</ref>
 
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