All Things Must Pass: differenze tra le versioni

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| giudizio10 = {{Giudizio|5|5}}<ref name="Uncut">Nigel Williamson, "All Things Must Pass: George Harrison's post-Beatles solo albums", ''[[Uncut]]'', febbraio 2002, p. 60.</ref>
}}
L'album raggiunse il primo posto negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]] e anche in [[Gran Bretagna]], Australia, Canada, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia, il secondo in Italia, il quarto in Giappone ed il decimo in Germania; ed è unanimemente considerato dai critici il miglior lavoro di [[George Harrison]] solista. Avendo vinto 67 dischi di platino è l'album di un ex-Beatle ad avere venduto di più.
 
''All Things Must Pass'' restò in vetta alla classifica britannica per otto settimane di fila, anche se fino al 2006, i resoconti delle classifiche riportarono erroneamente che l'album si fosse fermato alla posizione numero 4. L'errore fu dovuto a un disguido postale occorso nel Regno Unito durante il periodo febbraio-marzo 1971, quando gli addetti alla compilazione dei risultati delle classifiche nazionali non ricevettero nessun dato di vendita dai negozi di dischi. Nel luglio 2006, l'[[Official Charts Company|Official UK Charts Company]] corresse i propri registri dimostrando che ''All Things Must Pass'' arrivò fino al numero 1.<ref name="last">[http://www.liverpoolecho.co.uk/whats-on/music/number-one-harrison-last-3516990 "Number one for Harrison at last"], ''[[Liverpool Echo]]'', 31 luglio 2006.</ref> Anche nella classifica nazionale di ''[[Melody Maker]]'', l'album rimase in vetta per otto settimane, dal 6 febbraio al 27 marzo, in coincidenza con la permanenza di ''My Sweet Lord'' alla posizione numero 1 della classifica dei singoli.<ref>Castleman & Podrazik, pp. 340–41.</ref> Negli Stati Uniti, ''All Things Must Pass'' trascorse sette settimane al numero 1 della classifica [[Billboard 200|''Billboard'' Top LP]], dal 2 gennaio al 20 febbraio, e un tempo simile in vetta alle classifiche di ''[[Cash Box]]'' e ''[[Record World]]'';<ref>Spizer, pag. 219</ref> per tre di queste settimane, ''My Sweet Lord'' fu al numero 1 della [[Billboard Hot 100|''Billboard'' Hot 100]].<ref>Castleman & Podrazik, pp. 352, 362.</ref> Scrivendo nell'aprile 2001 sulla rivista ''[[Record Collector]]'', il giornalista [[Peter Doggett]] descrisse George Harrison come "probabilmente la maggior rockstar del pianeta agli inizi del 1971", con ''All Things Must Pass'' che aveva "surclassato facilmente" gli altri dischi solisti dei Beatles come ''[[Ram (album)|Ram]]'' di McCartney, e ''[[Imagine (album John Lennon)|Imagine]]'' di Lennon.<ref>Peter Doggett, "George Harrison: The Apple Years", ''[[Record Collector]]'', aprile 2001, pag. 37.</ref> La cosiddetta "doppietta di ''Billboard'' di Harrison" – dove un artista detiene le prime posizioni sia nella classifica riservata agli album sia in quella dei singoli – fu un risultato che nessuno dei suoi ex compagni di gruppo eguagliò fino al giugno 1973, quando ci riuscì Paul McCartney con gli [[Wings (gruppo musicale)|Wings]].<ref>Castleman & Podrazik, pp. 353, 364.</ref> Ai [[Grammy Awards]] del 1972, ''All Things Must Pass'' ricevette una nomination come [[Grammy Award all'album dell'anno|Album of the Year]] e ''My Sweet Lord'' come [[Grammy Award alla registrazione dell'anno|Record of the Year]], ma Harrison perse in entrambe le categorie in favore di [[Carole King]].<ref>Grammy Awards 1972</ref><ref>[https://books.google.com/books?hl=pt-BR&id=bSgEAAAAMBAJ&q=Grammy#v=snippet&q=Grammy&f=false "1971 Grammy Champions"], ''[[Billboard]]'', 25 marzo 1972, pag. 6.</ref>