Luigi Giuliano: differenze tra le versioni

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=== La carriera criminale ===
Luigi Giuliano sostituì il padre Pio Vittorio ([[1928]]-[[2009]]) alla guida della famiglia verso la metà degli [[Anni 1970|anni settanta]]. Lo chiamavano ''Lovigino'', una storpiatura di "Luigi" e di "''love''", come lo chiamano gli americani nel [[Secondo dopoguerra in Italia|dopoguerra]], ancora stanziati tra la marina e i vicoli del [[Centro storico di Napoli|centro storico]]. A 14 anni, il futuro capo, insieme a [[Giuseppe Misso]] (futuro capoclan della [[Rione Sanità|Sanità]]), ruba l'auto di uno [[Stati Uniti d'America|statunitense]]. Poco prima, al padre Pio Vittorio era stata sequestrata una [[nave]] piena di [[sigaretta|sigarette]] di [[contrabbando]]. Ma nel furto di suo figlio, Pio Vittorio trova il giusto conforto, in quanto nell'auto viene rinvenuto un ingente quantitativo di denaro, che il ragazzino dona al padre per compensare il danno subito dal sequestro. Negli anni settanta entra in contatto con la [[banda della Magliana]] e con [[Roberto Calvi]], per conto del quale tenterà una rapina alla [[Banca Antonveneta]] di [[Padova]] ([[1975]]), fallita per l’intervento della polizia, nella quale, per conto di Calvi, doveva recuperare dei documenti compromettenti. Nel [[1978]] fonda la Fratellanza Napoletana (la futura [[Nuova Famiglia]]), per [[Faida tra Nuova Camorra Organizzata e Nuova Famiglia|contrastare]] la [[Nuova Camorra Organizzata]] di [[Raffaele Cutolo]], che una sera di dicembre gli aveva mandato due [[Picciotto|picciotti]] di [[sgarro]] (Mario Savio detto Marittiello ‘o bellillo e Raffaele Adorasi, detto ‘O nonno), con un messaggio: «Don Raffaele ha detto che gli dovete la sua parte: vuole 500 milioni subito e 50 mila lire ogni cassa di sigarette che sbarca a [[Napoli]]. Vi conviene accettare, perché altrimenti non campate tranquilli». La fratellanza, nata in un [[Basso (Napoli)|basso napoletano]], riunisce i [[Clan Giuliano|Giuliano]] di [[Forcella]], i [[Clan Mallardo|Mallardo]] di [[Giugliano in Campania]], Luigi Vollaro di [[Portici]]. Intanto Lovigino rafforza la posizione del suo clan intrattenendo relazioni collusive con lo Stato, guadagnando una specie di extra territorialità per [[Forcella]], dove monopolizza, indisturbato dalle indagini, lotto e totonero (che rendono 700 milioni alla settimana), estorsioni e pizzo. Luigi Giuliano è sempre stata una figura ingombrante. Ha curato la sua immagine più di altri camorristi, dimostrando nelle situazioni difficili di avere un carisma particolare. Una volta uno dei due figli più piccoli della famiglia andò a scommettere. Era la prima volta che il ragazzo metteva piede in una bisca, e non essendo abituato a certe regole si agitò troppo. Il proprietario lo cacciò in malo modo. Quando Giuliano seppe della cosa, mandò a chiamare il proprietario, e con un coltello da pane gli fece tagliare il dito indice con cui aveva mostrato la porta al ragazzo. Il 15 luglio [[1982]] viene arrestato da latitante per associazione a delinquere e concorso in omicidio, al momento dell'arresto disse "non mi mandate a Poggioreale se no mi ammazzano", ed è quello che in effetti stava per accadere il 14 novembre [[1982]] quando tentano di ucciderlo nel [[carcere di Poggioreale]], accoltellandolo durante l'ora d'aria. Il 15 aprile [[1983]] torna libero. Torna in carcere il 19 luglio [[1985]], essendo latitante dal 6 luglio, quando decine di [[Volante (Polizia di Stato)|volanti]] e un elicottero avevano circondato il quartier generale del clan, ma Giuliano, già all'apparire in [[Via Duomo (Napoli)|via Duomo]] della prima auto della polizia, era stato inghiottito da uno dei suoi tanti rifugi alternativi. Resta in carcere fino agli inizi del [[1989]], quando, caduta l’ultima accusa (per l’omicidio di un affiliato alla [[Nuova Famiglia]] passato con i cutoliani, di cui era accusato da un pentito), è rimesso in libertà. Giusto in tempo per organizzare il ricevimento per il matrimonio della figlia Gemma, passato alla storia come uno dei più sfarzosi di [[Napoli]], ma il matrimonio dovrà essere rimandato in data da destinarsi, perché la mattina del 3 marzo [[1989]] gli agenti bussano alla porta. Erano lì per arrestare Luigi Giuliano, accusato di omicidio, assieme al [[camorrista]] "[[Terrorismo nero|nero]]" [[Giuseppe Misso]]. Giuliano, da sempre ammalato di cuore, era allora agli arresti domiciliari per motivi di salute. Gemma Giuliano buttò via l'abito bianco e versò molte lacrime. La carcerazione di Giuliano durò un anno. Fu rimesso in libertà agli inizi del [[1990]] perché ritenuto estraneo a quel delitto. Passata la bufera, 'o re di Forcella per prima cosa ha voluto che quel matrimonio si facesse. Nel [[1990]] si sposa la figlia Gemma, con Ciro Masi, 21 anni all'epoca, mentre lei 18. Il 4 gennaio [[1991]], muore il suo luogotenente Antonio Capuano, ammazzato dal fratello Raffaele (in quanto sospettato di avere fatto delle avances a sua moglie Elvira Daniele). Da allora Luigi Giuliano porta al collo la sua medaglietta. Il 30 settembre [[1996]], la figlia di Luigi Giuliano e di sua moglie Carmela Marzano, Marianna, sposa il figlio primogenito di [[Vincenzo Mazzarella]], Michele (classe [[1978]]), lui appena maggiorenne, lei non ancora diciassettenne (all'epoca era incinta di sei mesi). L’unione pone fine allo scontro col [[clan Mazzarella]] che durava da quindici anni, e consente il controllo dei quartieri che vanno da [[Portici]] a [[San Giovanni a Teduccio]]. Luigi Giuliano è il grande assente, si è reso latitante per riflettere, sul suggerimento del suo avvocato Anyo Arcella, di consegnarsi alla giustizia in modo da saldare i conti col passato. Appena due anni, assicura l’avvocato, da scontare agli [[arresti domiciliari]]. Ma si sbaglia. Il 20 novembre 'O Re si consegna ai [[carabinieri]]. Il 16 dicembre successivo Arcella viene affiancato da due motorini e crivellato di colpi. Pochi giorni dopo vengono arrestati i fratelli di Lovigino, Guglielmo 'o Stuort, e Raffaele. Il 7 novembre [[2002]] l’annuncio del pentimento. Tra le prime rivelazioni, gli espedienti usati nelle sezioni speciali delle carceri per eludere il divieto di comunicare tra detenuti e portare messaggi all’esterno: cordicelle per calare bigliettini nelle celle, messaggi nascosti nei termosifoni (per esempio nel settore docce del carcere di [[Parma]]), la partecipazione dei detenuti alle videoconferenze nello stesso sito, una potente colla per chiudere le lettere (realizzata artigianalmente attraverso la manipolazione di un medicinale [[lassativo]], impediva di aprirle senza distruggerle), segnali per comunicare con persone che si affacciavano dalle finestre di edifici di fronte al carcere.
 
=== Figli ===