Assedio di Torino: differenze tra le versioni

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==== La vita in città ====
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{{finestra|allign=left|width=50%|logo=|border=1px|col1=#b0c4de|col2=#dddddd|col3=white|font-size=110%|titolo=Il beato Sebastiano Valfrè
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{{vedi anche|Sebastiano Valfrè}}
[[File:SebastianoValfrè.jpg|120px|right]]
La figura del beato Sebastiano Valfrè è sicuramente quella che più si distinse tra gli apostoli delle opere di carità che si prodigarono nell'assistenza ai poveri e agli ammalati della città assediata. Nato nel [[1629]] da un'umile famiglia di [[Verduno]], fu ordinato sacerdote il 24 febbraio [[1652]]<ref>{{cita web|url=http://www.studibeatovalfre.org/biografia.html|titolo=Biografia del beato Sebastiano Valfrè|accesso=23 gennaio 2011}}</ref>. Organizzò, davanti al monastero, un [[ospedale]] da campo e spesso si recò sul terreno di battaglia a confortare i soldati feriti. Vittorio Amedeo gli dette sempre estrema fiducia e non esitò a consultarlo nei momenti più difficili. La stima del duca di Savoia si dimostrò in pieno quando egli si recò più volte al capezzale dell'ormai moribondo [[presbitero]], cosa inusuale per le concezioni di vita delle [[Assolutismo monarchico|monarchie assolutistiche]] dell'epoca<ref>{{cita|Gariglio|p. 49|gariglio}}.</ref>.
<small>(Nel file: [[Sebastiano Valfrè]])</small>}}</div>
I cittadini seppero premunirsi attentamente per l'assedio. I viveri venivano forniti dalle scorte accumulate, dai piccoli orti cittadini o ancora da Porta Po; l'acqua veniva dai pozzi. Per l'approvvigionamento del cibo un ruolo fondamentale lo svolsero le [[Cascina a corte|cascine]] della pianura torinese (specie a [[Vanchiglia]])<ref>{{cita|Gariglio|p. 40|gariglio}}.</ref>.
 
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L'ordine pubblico in città fu garantito dalla costante presenza della [[milizia]] e della polizia, a cui furono assegnati numerosi compiti. Per prima cosa erano incaricati di sovraintendere a tutto il sistema di spegnimento dei frequenti incendi che si sviluppavano a seguito degli attacchi del nemico e alla repressione dei tentativi di sciacallaggio<ref>{{cita|Gariglio|p. 48|gariglio}}.</ref>. Particolare attenzione era data anche al controllo degli stranieri in città, che per entrare dovevano registrarsi e deporre qualsiasi arma eccetto la spada<ref>{{cita|Gariglio|pp. 48-49|gariglio}}.</ref>.
 
[[File:SebastianoValfrè.jpg|120pxthumb|rightupright|Sebastiano Valfrè]]
La figura del beato [[Sebastiano Valfrè]] è sicuramente quella che più si distinse tra gli apostoli delle opere di carità che si prodigarono nell'assistenza ai poveri e agli ammalati della città assediata. Nato nel [[1629]] da un'umile famiglia di [[Verduno]], fu ordinato sacerdote il 24 febbraio [[1652]]<ref>{{cita web|url=http://www.studibeatovalfre.org/biografia.html|titolo=Biografia del beato Sebastiano Valfrè|accesso=23 gennaio 2011}}</ref>. Organizzò, davanti al monastero, un [[ospedale]] da campo e spesso si recò sul terreno di battaglia a confortare i soldati feriti. Vittorio Amedeo gli dette sempre estrema fiducia e non esitò a consultarlo nei momenti più difficili. La stima del duca di Savoia si dimostrò in pieno quando egli si recò più volte al capezzale dell'ormai moribondo [[presbitero]], cosa inusuale per le concezioni di vita delle [[Assolutismo monarchico|monarchie assolutistiche]] dell'epoca<ref>{{cita|Gariglio|p. 49|gariglio}}.</ref>.
 
==== Preparazione ====
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=== L'assedio ===
<div style="float:right; font-size:90%; width:300px; border:0px; padding:0px; margin-right:1em; margin-left:5px;margin-bottom:0px; text-align:left">
{{finestra|allign=left|width=50%|logo=|border=1px|col1=#b0c4de|col2=#dddddd|col3=white|font-size=110%|titolo=L'eroico sacrificio di Pietro Micca
|contenuto=
Nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1706 un folto numero di granatieri francesi, sopraffatte le guardie all'ingresso, penetrò nella Galleria della Mezzaluna di Soccorso, minacciando di arrivare al cuore della cittadella.
[[File:Pietro Micca traditional picture.jpg|right|125px|Pietro Micca]]
[[Pietro Micca]], uno dei soldati minatori, quella notte addetto alla sorveglianza di un'importante scalinata che collegava il primo al secondo livello sotterraneo, intuì il pericolo e, sprangata la porta, provò a farla saltare con un barilotto da 20 chili di esplosivo.<br />
La miccia (forse bagnata) tuttavia non funzionò e Pietro Micca decise di utilizzarne un'altra, molto più corta. «Vai, che sei più lungo di una giornata senza pane!» avrebbe detto al compagno che era con lui, quindi accese la seconda miccia, tentando di fuggire, ma il suo corpo fu dilaniato dall'esplosione e fu trovato a quaranta passi dalla scalinata<ref>Il sacrificio di Pietro Micca fu sicuramente un gesto di eroismo, ma l'effetto pratico non fu così determinante come una storiografia retorica ha inteso a lungo far credere: molto difficilmente, nel caso in cui i granatieri francesi fossero riusciti a passare, il loro intervento avrebbe provocato la caduta della cittadella (solo un ingresso massiccio di truppe avrebbe potuto minacciare seriamente la fortificazione). Quindi l'episodio, grandioso nel sacrificio del giovane soldato, ebbe un'importanza - almeno dal punto di vista strettamente militare - non particolarmente rilevante. Il che naturalmente non sminuisce il merito eroico di Micca (vedi l'opuscolo del massimo esperto in materia, generale {{cita|Amoretti, Guido||amoretti 1996}}.</ref>.
<small>(Nel file: [[Pietro Micca]])</small>}}</div>
[[File:Torino nel 1673.png|upright=1.4|thumb|La città di Torino dopo il suo secondo ampliamento delle mura (1673). Sulla sinistra si riconosce la Cittadella pentagonale]]
Ebbe inizio il 14 maggio quando le truppe franco-spagnole (composte ora da oltre quarantamila uomini) si appostarono strategicamente di fronte alla fortezza. Due giorni prima, si verificò l'[[Eclissi solare del 12 maggio 1706|eclissi totale di Sole del 12 maggio 1706]],<ref>{{Cita web|url=http://escarton-oulx.eu/4/4guiffre/4guiffre.html|titolo=Manuscrit de Joseph Guiffre (appartenant à Alexandre Guiffre vers 1860/90)|cognome=Guiffre|nome=Joseph|citazione=Trascrizione C. Rochas, S. Ottonelli: [6] "Et en l'année mille set cent six et le dousiesme de may a neuf heures et demi du matin le soleil eclipsant en sorte que la clarté du iour se perdit tout a fait en maniere que les estoilles paroissant come à la nuict. Mon fraire Jean Pierre et moy travaillant à Bardonesche [sic] à faire une muraille au jardin de Jean Nevache nous a falu quitter le travail ny voyant pas quand le soleil fut perdu il se refroidit beaucoup comensant le jour à revenir comme laurore et le soleil etant trouble en sorte que il faisait tout que faire fendre la teste à le regarder." (Traduzione di S. Ottonelli: "[6] Nell'anno 1706, il 12 maggio, alle nove e mezza del mattino c'è stata un'eclissi di sole. La luce del giorno è svanita e le stelle si vedevano come se fosse notte. Mio fratello Gian Pietro ed io eravamo a [[Bardonecchia]] a costruire il muro di cinta del giardino di Giovanni Nevache e dovemmo interrompere il lavoro perché non ci vedevamo più. Quando il sole si oscurò la temperatura si abbassò molto, poi la luce ritornò come se fosse l'aurora e la luce del sole era così accecante che non lo si poteva guardare senza provare fastidio e dolore.")|accesso=12 dicembre 2016}}</ref> che alle ore 10:15 aveva oscurato la volta celeste, facendo risaltare la [[Costellazione del Toro]]. Il Sole era per antonomasia il simbolo di [[Luigi XIV]] (detto il ''Re Sole'') e questo avvenimento diede grande slancio agli animi dei torinesi, che si immaginarono una facile vittoria<ref>{{cita|Gariglio|p. 51|gariglio}}.</ref>.
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Dieci giorni dopo i francesi si lanciarono in un attacco sanguinosissimo alla Mezzaluna di Soccorso, forti di 38 compagnie di granatieri. I piemontesi si difendevano utilizzando anche materiale infiammabile. Alla fine, la vittoria fu dei torinesi, che costrinsero i nemici a ritirarsi ancora, ma sul campo erano rimasti oltre 400 vittime dalla sola parte sabauda<ref>Giuseppe Maria M. Solaro della Margarita, 'Journal historique du siège de la ville et de la citadelle de Turin en 1706'. (5e). éd. revue, augmentée, Torino, 1838.</ref>.
 
[[File:Pietro Micca traditional picture.jpg|rightthumb|125pxupright|Pietro Micca]]
È a questo punto che si colloca il celebre episodio di [[Pietro Micca]], che sacrificò la propria vita per frenare l'ennesimo attacco francese nelle gallerie sotterranee. La situazione sembrava destinata a precipitare per i piemontesi, tant'è che il duca d'Orléans, capitano dell'esercito di Luigi XIV, era arrivato a Torino e voleva darle il colpo di grazia.
È a questo punto che si colloca il celebre episodio di [[Pietro Micca]], che sacrificò la propria vita per frenare l'ennesimo attacco francese nelle gallerie sotterranee. Nella notte tra il 29 e il 30 agosto 1706 un folto numero di granatieri francesi, sopraffatte le guardie all'ingresso, penetrò nella Galleria della Mezzaluna di Soccorso, minacciando di arrivare al cuore della cittadella. Pietro Micca, uno dei soldati minatori, quella notte addetto alla sorveglianza di un'importante scalinata che collegava il primo al secondo livello sotterraneo, intuì il pericolo e, sprangata la porta, provò a farla saltare con un barilotto da 20 chili di esplosivo. La miccia (forse bagnata) tuttavia non funzionò e Pietro Micca decise di utilizzarne un'altra, molto più corta. «Vai, che sei più lungo di una giornata senza pane!» avrebbe detto al compagno che era con lui, quindi accese la seconda miccia, tentando di fuggire, ma il suo corpo fu dilaniato dall'esplosione e fu trovato a quaranta passi dalla scalinata<ref>Il sacrificio di Pietro Micca fu sicuramente un gesto di eroismo, ma l'effetto pratico non fu così determinante come una storiografia retorica ha inteso a lungo far credere: molto difficilmente, nel caso in cui i granatieri francesi fossero riusciti a passare, il loro intervento avrebbe provocato la caduta della cittadella (solo un ingresso massiccio di truppe avrebbe potuto minacciare seriamente la fortificazione). Quindi l'episodio, grandioso nel sacrificio del giovane soldato, ebbe un'importanza - almeno dal punto di vista strettamente militare - non particolarmente rilevante. Il che naturalmente non sminuisce il merito eroico di Micca (vedi l'opuscolo del massimo esperto in materia, generale {{cita|Amoretti, Guido||amoretti 1996}}.</ref>.
 
È a questo punto che si colloca il celebre episodio di [[Pietro Micca]], che sacrificò la propria vita per frenare l'ennesimo attacco francese nelle gallerie sotterranee. La situazione sembrava destinata a precipitare per i piemontesi, tant'è che il duca d'Orléans, capitano dell'esercito di Luigi XIV, era arrivato a Torino e voleva darle il colpo di grazia.
Gli assedianti però sapevano che il tempo a loro disposizione era poco, in quanto da maggio il cugino del Duca, il Principe [[Eugenio di Savoia]], comandante in capo delle truppe imperiali, dopo alcuni scontri vittoriosi contro i franco-spagnoli, stava marciando alla testa di un'armata di soccorso composta da circa {{formatnum:20000}} uomini alla volta di Torino<ref>{{cita|Gariglio|pp. 25-26|gariglio}}.</ref>.
 
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== Armamenti e soldati ==
<div style="float:right; font-size:90%; width:300px; border:0px; padding:0px; margin-right:1em; margin-left:5px;margin-bottom:0px; text-align:left">
{{finestra|allign=left|width=50%|logo=|border=1px|col1=#b0c4de|col2=#dddddd|col3=white|font-size=110%|titolo=Il reparto dei petardieri
|contenuto=La compagnia dei "bombisti" facente parte del battaglione di artiglieria sabaudo, contava un reparto speciale chiamato ''petardieri'' che operava contro porte e [[ponte levatoio|ponti levatoi]]<ref name=Gariglio153/>. Questi, protetti da una pesante [[Corazza|armatura]] di ferro, si avventuravano fino agli obiettivi prescelti dove tentavano di collocare i cosiddetti petardi (grosse pignatte contenenti polvere esplosiva) per poi accenderne la [[miccia]]. Fatto questo si allontanavano il più velocemente possibile, sotto il fuoco nemico, per mettersi in salvo. Questo reparto, come altri ancora destinati ad opere di sabotaggio, furono certamente determinanti per la difesa della città.}}</div>
Il [[battaglione]] di [[artiglieria]] che si occupò della difesa della città sabauda fu istituito nel 1696 e comprendeva 6 [[Compagnia (unità militare)|compagnie]] con 300 cannonieri. All'inizio dell'assedio, il battaglione si rivelò però insufficiente per la gestione di tutte le armi a disposizione e dovette essere integrato con 200 "Cavalieri" provenienti dal [[reggimento]] "[[Reggimento "Piemonte Cavalleria" (2º)|Piemonte Reale Cavalleria]]". Altrettanti uomini di "Piemonte Reale" e 700 [[Cavalleria|cavalieri]] germanici furono invece disposti ad ottemperare ai lavori notturni di riparazione dei danni dell'artiglieria nemica<ref name=Gariglio153>{{cita|Gariglio|p. 153|gariglio}}.</ref>.
 
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[[File:EsercitoPiemontese1706B.JPG|thumb|left|L'esercito piemontese in una rievocazione storica in occasione del trecentesimo anniversario della battaglia]]
La [[fanteria]] piemontese era invece inquadrata in 10 reggimenti<ref>In ordine di anzianità: reggimento Guardie, [[1º Reggimento fanteria "San Giusto"|Savoia]], Aosta, [[11º Reggimento fanteria "Casale"|Monferrato]], [[3º Reggimento fanteria "Piemonte"|Piemonte]], Croce Bianca, [[13º Reggimento fanteria "Pinerolo"|Saluzzo]], [[17º Reggimento addestramento volontari "Acqui"|Chablais]], [[5º Reggimento fanteria "Aosta"|Fucilieri]], [[7º Reggimento fanteria "Cuneo"|Nizza]], Cortanze, Trinità e Maffei</ref>, a cui si aggiungevano quelli [[mercenario|mercenari]] provenienti perlopiù dalla Francia (volontari [[protestantesimo|protestanti]] della [[Provenza]] e del [[Midi (Francia)|Midi]]) e dalla [[Svizzera]]<ref>{{cita|Gariglio|p. 165|gariglio}}.</ref>. L'equipaggiamento di un soldato di fanteria sabaudo era costituito da un cinturone munito di fibbia a cui era appesa la [[spada]] dotata di [[Elsa (impugnatura)#Fornimento|elsa]] di [[Ottone (lega)|ottone]], una [[baionetta]], una [[Bandoliera|gibassiera]] collocata sul fianco destro e un polverino<ref>{{cita|Gariglio|p. 166|gariglio}}.</ref>. I [[granatiere|granatieri]] al posto della gibassiera avevano la granatiera e invece della spada un [[Sciabola|sabro]].
 
|contenuto=La compagnia dei "bombisti" facente parte del battaglione di artiglieria sabaudo, contava un reparto speciale chiamato ''petardieri'' che operava contro porte e [[ponte levatoio|ponti levatoi]]<ref name=Gariglio153/>. Questi, protetti da una pesante [[Corazza|armatura]] di ferro, si avventuravano fino agli obiettivi prescelti dove tentavano di collocare i cosiddetti petardi (grosse pignatte contenenti polvere esplosiva) per poi accenderne la [[miccia]]. Fatto questo si allontanavano il più velocemente possibile, sotto il fuoco nemico, per mettersi in salvo. Questo reparto, come altri ancora destinati ada opere di sabotaggio, furono certamente determinanti per la difesa della città.}}</div>
 
Della struttura e della quantità delle armate francesi non si hanno molte notizie. Il numero delle artiglierie franco-spagnole è ignoto, ma si stima con ragionevole approssimazione, che la ''formidable artillerie'' degli assedianti potesse contare circa 250 cannoni e 60 [[mortaio|mortai]]<ref>{{cita|Gariglio|p. 162|gariglio}}.</ref>.