Valerio Morucci: differenze tra le versioni

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Di fatto, durante i primi interrogatori, Morucci dice che i partecipanti all'azione di via Fani sono almeno dodici, forse di più<ref name=":0" />. Poi scende a nove; in entrambi i casi, coerentemente con la sua posizione di dissociato, si rifiuta di fare nomi<ref name=":0" />. Secondo [[Sergio Flamigni]] su suggerimento della [[Dorotei|destra DC]]<ref name=":2">{{Cita libro|nome=Giovanni|cognome=Fasanella|nome2=Alberto|cognome2=Franceschini|titolo=Che cosa sono le BR|url=https://books.google.com/books?id=TXZOAgAAQBAJ|accesso=18 marzo 2016|editore=Bureau|ISBN=978-88-586-6034-8}}</ref>, in carcere, probabilmente nel [[1986]], Morucci compila insieme con la compagna [[Adriana Faranda]] il cosiddetto ''memoriale''<ref>{{Cita libro|nome=Stefano|cognome=Grassi|titolo=Il caso Moro: un dizionario italiano|url=https://books.google.com/books?id=GXloAAAAMAAJ|accesso=18 marzo 2016|data=1º gennaio 2008|editore=Mondadori|citazione=Comunicato emesso dall’ufficio stampa del Quirinale il 18 agosto 1990: “Il 13 marzo 1990 perveniva al Presidente della Repubblica un plico contenente documenti, accompagnato da una lettera di un giornalista e da un’altra lettera firmata “Suor Teresilla”. La documentazione era costituita da un volume rilegato di 283 pagine scritte a macchina e da 5 fascicoletti allegati. La parte principale della documentazione era costituita dal volume suddiviso in tre parti: I parte: dichiarazione di Valerio Morucci; II parte: dichiarazione di Adriana Faranda; III parte: tavole ed appendice. Il tutto era preceduto da una premessa storico-politica nella quale gli autori dello scritto illustravano i motivi che li avevano indotti a ‘chiarificare secondo tutte le nostre conoscenze gli avvenimenti che hanno portato al sequestro ed alla morte di Aldo Moro, del ruolo da noi svolto in questa vicenda e di quello svolto dagli organi di direzione delle Brigate rosse’. Il 23 marzo 1990 il Presidente Cossiga consegnava al Procuratore della Repubblica di Roma Giudiceandrea la documentazione sopra descritta, concordando che la stessa sarebbe stata trasmessa all’Autorità Giudiziaria, qualora questa l’avesse ritenuta utile ai fini di giustizia. Il Procuratore della Repubblica di Roma, in un successivo incontro con il Presidente della Repubblica avvenuto il 26 aprile 1990, ritenendo utili a fine di giustizia alcune parti della documentazione di cui trattasi, consigliava l’invio della stessa al suo Ufficio tramite il Ministero dell’Interno. Cio’ veniva fatto con nota del Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, nella stessa giornata. Nella nota veniva fatto, tra l’altro, presente che qualora l’Autorità Giudiziaria avesse ritenuto necessario conoscere il nome della persona che aveva inviato la documentazione al Presidente della Repubblica, non ci sarebbero state difficoltà a comunicare ogni circostanza nota riguardo a tale invio. Con lettera in data 6 giugno, infine, il Segretario Generale della Presidenza della Repubblica autorizzava il Ministro dell’Interno a rendere noti all’Autorità Giudiziaria anche i nomi delle persone che avevano inviato la documentazione al Presidente della Repubblica”.|ISBN=978-88-04-56851-3}}</ref>, che specifica in forma definitiva la sua posizione sull'[[agguato di via Fani]] e il [[Caso Moro|sequestro Moro]]. Nel 1990 lo consegna in carcere a suor Barillà, una religiosa assistente dei carcerati che ha già collaborato con i Servizi segreti nel caso [[Ciro Cirillo|Cirillo]].
 
La suora fa pervenire il memoriale a Cavedon che lo consegna<ref name=":0" /> presso l'abitazione privata<ref name=":2" /> del capo dello Stato Cossiga il 13 marzo del 1990, con un biglietto datato 1986 che riporta: «Solo per lei Signor Presidente, è tutto negli atti processuali, solo che qui ci sono i nomi. Riservato 1986»<ref name=":0" /><ref name=":1" />. Più di un mese dopo, passato di mano tra vari esponenti della DC<ref name=":2" />, Cossiga lo consegna al capo della polizia, e questi a sua volta lo dà ai magistrati. Il documento viene presentato come la ricostruzione completa dell'operazione Moro, con i nomi e i cognomi dei brigatisti partecipanti. Poi nuove indagini lasceranno sospettare che si trattatratti di una versione parziale<ref name=":2" />. A tale proposito il capo storico brigatista [[Alberto Franceschini]] accusa Morucci, che per la magistratura è un dissociato, di comportarsi da vero e proprio pentito<ref name=":0" />. I nove brigatisti che Morucci identifica nell'[[agguato di via Fani]] sono [[Franco Bonisoli]], arrestato nell'ottobre del 1978, [[Prospero Gallinari]], [[Raffaele Fiore]] e Valerio Morucci, arrestati nel 1979, [[Bruno Seghetti]], arrestato nel 1980, [[Mario Moretti]], arrestato nel 1981, [[Barbara Balzerani]], arrestata nel 1985, [[Alvaro Lojacono]], arrestato nel 1988 e [[Alessio Casimirri]], tuttora latitante in [[Nicaragua]]<ref name=":1" />.
 
Nell'ottobre 1993 Morucci aggiungerà il nome di [[Rita Algranati]], moglie di Casimirri, arrestata nel 2004 in Egitto<ref name=":1" />. Le condanne di Morucci vennero ulteriormente ridotte nei successivi processi a ventidue anni e mezzo di reclusione grazie all'applicazione della [[Dissociazione (diritto)|legge sulla dissociazione]]. Egli ottenne poi il regime di [[semilibertà]] e la [[libertà condizionale]], finendo di scontare la sua pena nel [[1994]].