Vincenzo Cardarelli: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
→Bibliografia: Revisione |
ortografia |
||
Riga 54:
Nella poesia di Cardarelli sono individuabili due tendenze opposte che entrano solitamente in tenzone: una pulsione trasgressiva e una volontà di autocontrollo<ref>Romano Luperini, Pietro Cataldi, La scrittura e l'interpretazione: storia della letteratura italiana nel quadro della civiltà e della letteratura dell'Occidente, Volume 5, Palumbo, 1999</ref>. A prevalere è generalmente la seconda, che comporta l'accentuazione della compostezza formale senza però far venire meno l'elemento di derivazione avanguardistica. Il ritorno all'ordine che si attesta a partire dagli anni Venti, come per altri scrittori, è la logica conseguenza di un'insicurezza psicologica frutto della crisi della funzione sociale dell'intellettuale. In tal senso è da leggersi il passaggio dall'avanguardismo vociano al clima restaurativo della [[La Ronda|Ronda]], rivista improntata al culto del passato e dei classici, ma anche al recupero della funzione tradizionale dell'intellettuale. Tale transizione è accettata con entusiasmo da Cardarelli, che vi legge la possibilità di un rilancio dell'identità del letterato e dell'intellettuale.<ref>http://mcozzapoesie.altervista.org/joomla/pdf/Cardarelli.pdf
</ref> Il sociologo Camillo Pellizzi, che accompagnò per anni, su il Longanesiano L'Italiano, la vicenda di Strapaese cui anche Cardarelli aveva, negli anni '20, aderito con entusiasmo, così caratterizzava, in illo tempore, l'humanitas Cardarelliana'': "Nato nelle Maremme di padre marchigiano, ha fatto sempre di professione il giornalista e lo scrittore tuttavia ha scritto pochissimo; però ha molto parlato, sempre fra amici e artisti o disoccupati dilettanti: nella saletta di Aragno; alle Giubbe Rosse in Firenze; al Savini, in Milano; a Bologna non so dove e altrove. Tutta la sua vita ha qualcosa della vecchia bohème romantica ma la sua concezione dell'arte ha sempre piegato al monumentale, al tradizionale e al classico. Lo si può definire un profeta del ritorno odierno a gli spiriti antichi, un profeta che chiamava nel deserto. E chissà quanti canoni vengono oggi ammessi da molti, e anche da noi, ch'egli ha già dichiarati e enunciati con l'anticipo di un decennio o di due; ma enunciati a voce in un caffè o accennati a volo in una recensione, e chi può oggi ritracciare i documenti e le prove? Noi gli faremo tutto il credito necessario per asserire ch'egli è stato senz'altro un precursore; però ci corre l'obbligo di denunciare perché, ad asserir questo, occorre fargli un credito così largo. E troveremo allora al fondo del carattere suo e di altri della "bohème" di cui egli faceva parte, un incompostezza (che non vuol dire affatto disonestà) morale, la quale è in aperto dissidio con tutte le loro tendenze colturali ed artistiche: incompostezza, cioè sconnessione di motivi e impulsi, povertà o instabilità di fedi positive, anzi, generale sfiducia di sé, degli altri e del mondo; e incapacità a un lavoro continuo e ordinatore pur umile, e sia pur secondario. Chi nega, per altro esempio, che "Favole e Memorie" di Cardarelli sia un ottimo libretto di prose? Ma, guardate com'egli lo fa: egli rilegge la Bibbia, il Genesi, qua e là gli suggerisce una visione, una interpretazione personale, poetica; egli la nota e va oltre; n'esce un libretto ove c'è un pizzico di tutto quello che può formare una grande opera di poesia, ma non c'è l'opera. Si può dire che Cardarelli sia,
== Opere principali ==
| |||