Giuseppe Garibaldi: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Reverted edits by 91.187.203.11 (talk) to last version by Spinoziano: Test
Etichette: Rollback Link a pagina di disambiguazione SWViewer [1.4]
Riga 188:
=== Giuseppe e Anita ===
{{doppia immagine|destra|Anita Garibaldi - 1839.jpg||Gaetano Gallino - Giuseppe Garibaldi.jpg||[[Ana Maria de Jesus Ribeiro]] (Anita) e Garibaldi, ritratti dal pittore genovese [[Gaetano Gallino]]|larghezza totale=300}}
Giuseppe e Anita si erano conosciuti a Laguna nel 1839: si narra che, dopo averla inquadrata con il cannocchiale mentre si trovava a bordo dell{{'}}''Itaparica'', una volta raggiunta le disse, in [[Lingua italiana|italiano]]: «Tu devi essere mia»<ref>Della validità di questo resoconto non si può essere certi. Si è certi dell'immediata simpatia fra i due, si veda per la citazione e per i dubbi espressi {{Cita|Scirocco|p. 79}}, Dumas cita «Angelo, tu sarai mio» {{Cita|Dumas|p. 95}}</ref>. [[Anita Garibaldi|Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva]] (questo il nome completo) si era sposata<ref>Per diverso tempo si era dato credito alla teoria che non fosse sposata, ma fidanzata. Tale malinteso era nato a seguito delle ricerche di [[Giuseppe Guerzoni]] e dalla dichiarazione sostenuta da Anita quale nubile sul certificato di matrimonio del 1842, ipotesi confermata da Ricciotti. Fra gli storici che dettero credito a questa affermazione: [[George Maculay Trevelyan]] in {{cita libro|George |Macaulay Trevelyan |Garibaldi's Defence of the Roman Republic, pag 31|2008|Cosimo, Inc||isbn = 978-1-60520-473-4}} e [[Jessie White]] che aggiunse che Garibaldi chiese in moglie la figlia al padre, in realtà morto tempo prima. Ancora la si vedrà sposa con [[Juan Manuel de Rosas]]. Per le teorie a proposito si veda: {{cita libro|J.|Ridley|Garibaldi, pag 110-119|1975|Mondadori|}}</ref> il 30 agosto 1835<ref>Furono in seguito ritrovati i documenti che attestavano il matrimonio fra i due, si veda {{Cita|Possieri|p. 96}}</ref> con il calzolaio<ref>per altri storici si trattava di un pescatore, si veda a tal proposito: {{Cita|Possieri|p. 114}}</ref> Manuel Duarte de Aguiar, molto più anziano di lei, che, arruolatosi fra gli imperiali, era fuggito da Laguna tempo prima, ma la moglie non lo seguì. Nata nel 1821 a Merinhos<ref>{{Cita|Dumas|p. 95}}.</ref>, aveva 18 anni al momento dell'incontro con Garibaldi.
Garibaldi e Ana Maria, passata alla storia e quasi alla leggenda del [[Risorgimento]] italiano con il diminutivo Anita, si sposarono il 26 marzo 1842 presso la chiesa di San Francisco d'Assisi con rito religioso. Secondo una leggenda, Anita, abile cavallerizza, insegnò a cavalcare al marinaio italiano, fino ad allora del tutto inesperto di equitazione. Giuseppe, a sua volta, la istruì, per volontà o per necessità, ai rudimenti della vita militare<ref>[https://books.google.it/books?id=m66eDwAAQBAJ&pg=PT72 Luigino Recusani, ''A spasso con gli immortali'', Youcanprint, 2019]</ref>.
 
Riga 230:
Continuano gli aiuti trovati per strada: vengono guidati dall'[[operaio]] Nicola Zani con Anita sempre più febbricitante, fino a [[Cesenatico]] dove si imbarcano 13 bragozzi (barche da pesca),<ref>{{cita libro|Mino|Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), pag 210|1982 |Mursia|}}</ref> alla volta di Venezia, il 2 agosto. Arsi dalla sete a circa {{M|80|u=km}} dall'obiettivo, all'altezza della punta di [[Goro]], vengono avvistati e attaccati da un brigantino austriaco, l{{'}}''Oreste'', che con rinforzi li insegue catturando gli equipaggi di 8 bragozzi, più di 160 prigionieri che verranno condotti a Pola. Garibaldi, con Anita in braccio, guada per circa 400 metri<ref>{{Cita|Scirocco|p. 173}}.</ref> giungendo infine sulla spiaggia, saluta i rimasti fra cui il barnabita [[Ugo Bassi]] e [[Giovanni Livraghi]], che saranno fucilati a Bologna l'8 agosto, e [[Angelo Brunetti]] e i due figli, fucilati in seguito anch'essi. Garibaldi arriva a [[Porto Garibaldi|Magnavacca]] nelle [[Valli di Comacchio]], con Anita agonizzante e [[Giovanni Battista Culiolo]] detto ''Leggero''. Aiutati dall'umile Battista Barillari riescono a dissetare la moglie dell'eroe. Il 4 agosto ripartono e salgono sul biroccino guidato da Battista Manelli; arrivano alle [[Mandriole]] dove si fermano alla fattoria Ravaglia con Anita che muore, nonostante gli sforzi del medico Nannini, appositamente convocato.
 
Garibaldi, secondo quanto riporta l'uomo di chiesa Falconieri, avrebbe voluto dare degna sepoltura alla moglie e trasportarla alla vicina [[Ravenna]], ma non vi era il tempo e fu scavata frettolosamente una buca nella sabbia della pineta<ref>Denis mack Smith "Garibaldi" ed. Il Giornale p.56</ref>. Dopo pochi giorni, il 10 agosto una ragazzina, Pasqua Dal Pozzo, scoprì il cadavere<ref>{{Cita|Possieri|p. 135}}.</ref> che fu tumulato nel cimitero di [[Mandriole]]. Le cause della morte di Anita furono a lungo discusse negli anni successivi, anche per attaccare Garibaldi.<ref>il giudice Giuseppe Francesconi e il medico [[Luigi Fuschini]] accorsero; inizialmente si pensò a un [[omicidio]], la donna mostrava segni di [[strangolamento]]. L'ispettore Zeffirino Socci arrestò i fratelli Ravaglia (uno dei due era assente all'epoca dei fatti) con l'accusa di omicidio il 14 agosto 1849. In seguito Fuschini ammise l'errore di valutazione. Non convinti tutti gli storici, alcuni come [[Umberto Beseghi]] sospettarono che Garibaldi avesse partecipato alla fine delle sofferenze della donna. Nel 1856 [[Antonio Bresciani]] eliminò ogni dubbio sull'ipotesi di omicidio. Si veda: {{Cita|Possieri|pp. 135-136}} l'appendice in {{cita libro|Umberto|Beseghi|Il maggiore Leggero e il trafugamento di Garibaldi, seconda edizione|1932|Edizioni Stern|Ravenna}} e per approfondimenti {{cita libro|Umberto |Beseghi|Garibaldi rimase solo|1958|Tamari|Bologna}} e {{cita libro|Isidoro|Giuliani|Anita Garibaldi: vita e morte|2001|Parrocchia di Mandriole}}</ref> Undici anni dopo, il 20 settembre 1859, Garibaldi con i figli Teresita e Menotti<ref>{{cita libro|Mino |Milani|Giuseppe Garibaldi (seconda edizione), p. 267|1982 |Mursia|}}</ref> tornerà a [[Ravenna]] per spostare i resti di Anita a [[Nizza]], accanto a quelli di Rosa, madre dell'eroe.
 
Garibaldi e Leggero fuggono dapprima a [[Forlì]]; poi, il giorno 16, lasciano Forlì per raggiungere il vicino confine del [[Granducato di Toscana]]: Si tratta della cosiddetta ''[[trafila di Garibaldi]]''. Sono aiutati, tra gli altri, da Ercole Saldini, dal sacerdote [[Giovanni Verità]] e dall'ingegnere Enrico Sequi, a cui Garibaldi lascerà la [[fede nuziale]] di Anita.
Riga 273:
Nel settembre 1859 fu promotore di una raccolta volta all'acquisto di un milione di fucili, dando il compito a [[Enrico Besana]] e [[Giuseppe Finzi]]. Riuscirono a comprare dei fucili Enfield e Colt inviò dei suoi revolver. Per la spedizione non vennero utilizzate le armi raccolte, ma quelle messe a disposizione da [[Giuseppe La Farina]]<ref>Il governatore di Milano, [[Massimo d'Azeglio]] non diede il consenso per utilizzarle, si veda: {{Cita|Possieri|p. 164}}</ref> che provenivano da quelle utilizzate nella campagna passata, simili a quelle raccolte.<ref>Si veda fra gli altri anche: R. Romeo Cavour e il suo tempo, Roma Bari, La Terza 1984, vol III p. 705</ref>
 
La sera del 5 maggio venne simulato il furto delle due navi ''[[Piemonte (nave)|Piemonte]]'' e ''[[Lombardo (nave)|Lombardo]]'': si raccolsero una quarantina di persone al cui comando era Bixio, che prese possesso delle imbarcazioni<ref>In seguito fu dibattuta dagli storici la questione di chi avesse affidato le imbarcazioni alla spedizione: l'armatore [[Raffaele Rubattino]] o il procuratore della società [[Giambattista Fauchè]], e del ruolo di quest'ultimo: mediatore o artefice; altri alimentavano le tesi dei complotti anglopiemontesi. Si veda: {{Cita|Possieri|p. 189}} e {{cita libro|Pietro |Fauchè|GB Fauchè e la spedizione dei mille, p. 35|1905|Albrighi e Segati|Milano}}</ref> Garibaldi salì sul Piemonte capitanato da [[Salvatore Castiglia]], con lui circa 300 persone. Bertani gli consegnò la somma raccolta, circa {{formatnum:90000}} lire.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 240}}.</ref> Sull'altra nave rimase Bixio con 800 uomini circa.
 
Garibaldi indossò per la prima volta la camicia rossa e non la solita veste di Montevideo; lo faranno in 150, tante erano le divise messe a disposizione.<ref name="Sciro241">{{Cita|Scirocco|p. 241}}.</ref> Si contavano 250 avvocati, 100 medici, 50 ingegneri,<ref name="Sciro241" /> e fra i {{formatnum:1000}} vi era una donna, [[Rosalia Montmasson]], moglie di Crispi. Partirono da [[Quarto dei Mille|Quarto]], presso [[Genova]]. Cavour il 7 maggio ordinò con un dispaccio di fermare le due navi solo se avessero ormeggiato in un porto della Sardegna, gli ordini giunsero all'ammiraglio [[Carlo Pellion di Persano]] il 9 maggio e chiedendone chiarimenti e riassicurazioni le ottenne il giorno 10.<ref>{{Cita|Mino|p. 290}}, per le trascrizioni degli ordini si veda: {{cita libro|Carlo |Pellion di Persano |La presa di Ancona: Diario privato politico-militare (1860) pp. 78-79|1990 |Edizioni Studio Tesi|Pordenone|isbn = 88-7692-210-5}}</ref>
Riga 299:
 
[[File:Le Gray, Gustave (1820-1884) - Palerme. Portrait de Giuseppe Garibaldi, juillet 1860.jpg|thumb|left|Garibaldi fotografato a Palermo nel luglio 1860]]
Il 27 luglio Garibaldi giunse a [[Messina]]. Lo stesso giorno ricevette una lettera dal conte [[Giulio Litta-Modignani]] il mittente era Vittorio Emanuele, nella missiva si leggeva una richiesta a desistere nell'impresa di sbarcare sul territorio napoletano,<ref>Della missiva esistono varie versioni, in una di esse si legge: «Per cessare la guerra fra Italiani ed Italiani io la consiglio a rinunziare all'idea di passare colla sua valorosa truppa sul continente Napoletano» stralcio della missiva, contenuto integrale in {{cita libro|Cavour |Camillo Benso |Carteggi: Il carteggio Cavour-Nigra dal 1858 al 1861, (volume IV), p. 98|1961 |Zanichelli|Bologna}}</ref> a questa prima seguì una seconda, letta a voce o consegnata<ref>Gli storici dubitano della veridicità in quanto la seconda missiva fu resa pubblica soltanto nel 1909, si veda {{Cita|Mino|p. 331}} fra le ipotesi avanzate quella di [[Giacomo Emilio Curatolo]], dove suggerì che la missiva fosse stata intercettata da Cavour, si veda anche {{cita libro|Giacomo Emilio |Curatolo|Garibaldi,Vittorio Emanuele, Cavour nei fasti della patria pag 163|2006|Zanichelli|Bologna}}. Inoltre Ridley in {{cita libro|Jasper Godwin|Ridley |Garibaldi, pp. 552|1975 |Mondadori|}} nota come ancora nel 1909 fosse sigillata e quindi ancora non letta, mentre Curatolo suppone fosse stata aperta con un tagliacarte ai margini.</ref> un suggerimento di non seguire l'ordine impartitogli.<ref>La risposta suggerita era: «Dire che il Generale è pieno di devozione e di reverenza pel Re, che vorrebbe poter seguire i suoi consigli, ma che i suoi doveri verso l'Italia non gli permettono di impegnarsi a non soccorrere i napoletani» stralcio della missiva, contenuto integrale in {{Cita|Mino|p. 331}}</ref> in ogni caso Garibaldi rispose, sempre il 27 luglio, negativamente alla richiesta espressa.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 280}}.</ref>
 
Il 1º agosto anche [[Siracusa]] e [[Augusta (Italia)|Augusta]] vennero liberate.<ref>{{Cita|Scirocco|p. 271}}.</ref> Tempo prima aveva formato un governo con 6 dicasteri che divennero 8. Il 7 giugno, abolì la [[tassa sul macinato]], pretese che parte del demanio dei comuni venisse diviso fra i combattenti, fondò un istituto militare dove venivano raccolti i ragazzi abbandonati e diede un sussidio alle famiglie in povertà della città di Palermo, cercando nel frattempo l'appoggio dei ceti dominanti. Chiese l'invio di [[Agostino Depretis]] a cui venne affidato l'amministrazione civile, mentre Cavour si preoccupava per le intenzioni del nizzardo.<ref>Cavour e Garibaldi avevano progetti diversi sull'isola: mentre il primo sollecitava l'acquisizione dell'isola al potere di Vittorio Emanuele, il secondo voleva più tempo a disposizione per farne una base per la liberazione del resto del mezzogiorno, si veda {{Cita|Scirocco|p. 274}}</ref>
Riga 377:
Durante la [[guerra franco-prussiana]] del 1870-1871, Garibaldi offrì i suoi servigi alla neonata [[Terza Repubblica francese]].<ref>«Quanto resta di me è al vostro servizio. Disponete» disse inizialmente, inascoltato, si veda: {{Cita|Scirocco|p. 351}}</ref> [[Joseph-Philippe Bordone]], con il battello ''Ville de Paris'', raggiunse la Corsica e, per ingannare la sorveglianza della marina italiana, continuò il viaggio su una piccola barca. Indi prese a bordo Garibaldi, che sbarcò a Marsiglia il 7 ottobre 1870,<ref>{{cita libro|Giuseppe |Garibaldi e Franco Russo |Memorie... (Vol. 2 di Memorie), pag 502|1968 |Avanzini e Torraca|}}</ref> recandosi poi nella capitale provvisoria francese, [[Tours]]. I primi ordini di [[Léon Gambetta]] furono quelli di occuparsi di qualche centinaio di volontari; il nizzardo rifiutò di eseguire l'ordine,<ref>{{Cita|Scirocco|p. 351}}.</ref> ottenendo il comando delle truppe della cosiddetta «Armata dei Vosgi»,<ref>Decise di dividere gli uomini in 4 brigate: {{formatnum:1500}} uomini al comando di [[Joseph Bossack-Hauke]], 2.000 di Menotti, altre due, costituite in seguito, al comando di Ricciotti e [[Cristiano Lobbia]]. Gli effettivi combattenti sono stati circa {{formatnum:8000}}, in {{Cita|Mino|p. 463}}</ref> i cui uomini furono inizialmente {{formatnum:4500}}.<ref>{{formatnum:4500}} a ottobre, {{formatnum:10000}} il mese successivo, {{formatnum:18000}} alla fine del 1870 e poi circa {{formatnum:19500}}. Si veda {{Cita|Scirocco|p. 352}}</ref> Stabilì dunque il quartier generale a [[Dôle]] e poi l'11 novembre a [[Autun]].<ref>{{Cita|Mino|p. 464}}.</ref>
 
Nello stesso mese predispose una spedizione vittoriosa, compiuta da Ricciotti.<ref>Spedì il figlio con 800 uomini attaccando di sorpresa il nemico nella notte del 18 novembre sino al 19 novembre a [[Châtillon-Sur-Saône]] con gravi danni inflitti ai tedeschi, si veda per dettagli delle perdite nemiche: {{cita libro|Charles|de Saint-Cyr|Garibaldi. pag 245|1907 |F. Juven|}}</ref> [[Digione]] intanto era caduta in mani tedesche, comandate da [[Augusto Werder]], e poi era stata abbandonata per l'avanzata delle truppe francesi. Sentenziò la pena di morte al colonnello Chenet perché abbandonò la sua postazione durante il combattimento, ma graziato dagli stessi francesi, la condanna non venne eseguita.<ref>Avrà parole dure per Garibaldi, si veda {{Cita|Mino|p. 467}}</ref>
 
[[File:Garibaldi in Dijon.jpg|thumb|Garibaldi a Digione]]
Riga 412:
Il 2 dicembre 1874 [[Pasquale Stanislao Mancini]] propose al parlamento di concedere un vitalizio al condottiero; il 19 dicembre la Camera approvò la mozione (si contarono 307 si e 25 no), mentre il Senato fece altrettanto solo il 21 maggio 1875. La pensione era di {{formatnum:50000}} lire annue con l'aggiunta di una rendita. Garibaldi inizialmente rifiutò, per poi accettarla l'anno successivo.<ref>I motivi per cui accettò la pensione sono dibattuti dagli storici: chi parla delle condizioni economiche disastrose dei figli Menotti e Ricciotti, (il primo ricevette {{formatnum:20000}} lire che lo salvarono dalla bancarotta) - si veda {{Cita|Montanelli|p. 567}} - chi afferma che si risolse quando seppe che, a un nuovo rifiuto, i beni sarebbero andati a Giuseppina Raimondi - {{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi, seconda edizione pag 493|1982|Mursia|}}. Quale che fosse il motivo, fu «il più amaro boccone che egli in vita sua abbia inghiottito» come afferma la White Mario ({{cita libro|Jessie| White Mario | Garibaldi e i suoi tempi pag 375|1907| Treves |}}); in precedenza per risollevare la propria situazione finanziaria aveva venduto il suo yacht per {{formatnum:80000}} lire, per poi affidare la somma a Antonio Bo, che preferì fuggire in America (come in {{Cita|Montanelli|p. 558}}). Guerzoni sostiene invece che, per il condottiero, i responsabili dovevano avere un «perpetuo rimorso nella coscienza» derivante dall'averlo costretto a tale gesto {{Cita|Guerzoni1|p. 595}}</ref>
 
Il 26 gennaio 1880 sposò la piemontese [[Francesca Armosino]]<ref>{{Cita web|url=https://www.antenati-italiani.org/it/registri/la-maddalena/stato-civile-italiano/26816-morti-1882|titolo=Atto n. 12 del 5 giu 1882|sito=www.antenati-italiani.org|accesso=2023-03-16}}</ref>, sua compagna da 14 anni e dalla quale ebbe tre figli. Nel 1882 fece il suo ultimo viaggio in occasione del sesto centenario dei Vespri<ref>{{Cita web|url=http://www.archiviostoricocrotone.it/crotone/lultimo-viaggio-di-garibaldi-passando-per-cotrone/|titolo=L’ultimo viaggio di Garibaldi, passando per Cotrone|cognome=Placco|nome=Francesco|sito=Archivio Storico Crotone|accesso=3 ottobre 2019}}</ref>: per tale ricorrenza partì il 18 gennaio, recandosi dapprima a Napoli fino al 24 marzo, per poi spostarsi a Palermo il 28 marzo; durante il tragitto nella città regnò il silenzio in segno di rispetto.<ref>«Durante quel tragitto di tre chilometri, neppur un battimano, neppur un solo evviva ruppe quel solenne silenzio, che giustificò il detto del Sindaco al popolo: Mai siete stati, come oggi, così sublimi!» in {{cita libro|Jessie |White Mario|Garibaldi e i suoi tempi pag 829|1884 |Fratelli Treves|}}</ref> Ritornerà a Caprera il 17 aprile. Poco dopo il ritorno la bronchite di cui già soffriva peggiorò; per tre giorni Garibaldi venne alimentato artificialmente e assistito dal dottor Alessandro Cappelletto, medico della nave da guerra ''Cariddi'', ancorata nell'isola vicina di La Maddalena. Il condottiero morì il 2 giugno 1882 alle 18:22, all'età di quasi 75 anni,<ref>{{cita libro|Mino |Milani |Giuseppe Garibaldi (Storia, biografie, diari) pag 522|2006 |Mursia||isbn = 978-88-425-2997-2}} e {{Cita|Guerzoni1|p. 610}}</ref> per una paralisi della [[faringe]] che gli impedì di respirare. Nel testamento, una copia del quale è esposta nella casa-museo sull'isola di [[Caprera]], Garibaldi chiedeva espressamente la [[cremazione]] delle proprie spoglie;<ref>Esattamente le sue volontà erano quelle di venire bruciato: «Bruciato e non cremato, capite bene. In quei forni che si chiamano crematoi non ci voglio andare». {{Cita|Guerzoni1|p. 615}}</ref> questo desiderio fu disatteso, poiché la salma venne [[imbalsamazione|imbalsamata]] e quindi deposta nel piccolo cimitero di famiglia del cosiddetto ''[[Compendio Garibaldino]]'' di Caprera, in un sepolcro chiuso da una massiccia pietra grezza di granito, recante la sola iscrizione ''Garibaldi''.
 
[[File:La Maddalena, compendio garibaldino di Caprera (35).jpg|thumb|La tomba di Garibaldi, a Caprera]]