Gaspare Spatuzza: differenze tra le versioni
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|Attività2 = collaboratore di giustizia
|Nazionalità = italiano
|PostNazionalità = , già membro di [[Cosa Nostra]], affiliato alla [[Famiglia (mafia)|
}}
==Biografia==
=== Attività criminale ===
Figlio di un manovale reinventatosi fruttivendolo ambulante morto in un incidente stradale mentre si stava recando al mercato ortofrutticolo, Gaspare capì ben presto di doversi impegnare a portare a casa dei soldi. Lasciò la scuola in terza elementare dopo averla ripetuta per due anni e trovò lavoro nella bottega di un falegname e poi come imbianchino grazie a un cugino che lavorava per persone legate a [[Cosa nostra]]. Spatuzza si ritrovò quindi a ritinteggiare la casa dei Graviano stringendo amicizia con [[Giuseppe Graviano|Giuseppe]] e [[Filippo Graviano|Filippo]] che diventarono ben presto la sua seconda famiglia. Nel [[1976]] un fratello di Gaspare, Salvatore, fu ucciso come ritorsione per essersi permesso di partecipare al rapimento di Graziella Mandalà, moglie di un importante costruttore edile, violando al regola non scritta secondo la quale i rapimenti non erano consentiti perché richiamavano l'attenzione delle forze dell'ordine e allarmavano la gente con la conseguente perdita del consenso sociale. Gaspare trovò il sostegno dei Graviano e, secondo quanto gli riferì Giuseppe, il fratello sarebbe stato ucciso da [[Salvatore Contorno]], uno degli uomini più fidati di [[Stefano Bontate]]. Per questa ragione quando esploderà la [[seconda guerra di mafia]], Spatuzza si schiererà dalla parte di [[Totò Riina]] e dei [[Corleonesi]], nemico giurato di Bontate e quindi di Contorno.<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Una famiglia da sfamare| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | p=495-496| ISBN=9788822720573 }}</ref>
Rapinatore e poi sicario, Gaspare Spatuzza, soprannominato "''u Tignusu''" (il Pelato) per la sua [[calvizie]], era affiliato alla [[Famiglia Graviano|Famiglia di Brancaccio]], guidata dai fratelli [[Filippo Graviano|Filippo]] e [[Giuseppe Graviano]]. Si è autoaccusato di aver rubato la [[Fiat 126]] che il 19 luglio [[1992]] venne impiegata come autobomba nella [[strage di via d'Amelio]] in cui furono uccisi il giudice [[Paolo Borsellino]] e la sua scorta<ref>{{Cita news|url=http://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/Reso.steno.26.3.2012Int..pdf|titolo=Audizione del procuratore Sergio Lari dinanzi alla Commissione Parlamentare Antimafia - XVI LEGISLATURA|pubblicazione=|accesso=24 gennaio 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131029192933/http://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/Reso.steno.26.3.2012Int..pdf|dataarchivio=29 ottobre 2013|urlmorto=no}}</ref>. Cooptato da Salvatore Grigoli, fu tra gli esecutori materiali dell'omicidio di don [[Pino Puglisi]] del 15 settembre [[1993]], per il quale è stato condannato all'[[ergastolo]] con sentenza definitiva.<ref name="pentito">[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/10/15/si-pente-il-sicario-di-don-puglisi.html Si pente il sicario di don Puglisi] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140204035843/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/10/15/si-pente-il-sicario-di-don-puglisi.html |data=4 febbraio 2014 }}, ''[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]]'', 15 ottobre 2008.</ref> È stato inoltre condannato per altri 40 omicidi tra cui quelli di Giuseppe e Salvatore Di Peri, Marcello Drago, Domingo Buscetta (nipote del pentito storico di Cosa Nostra, [[Tommaso Buscetta|Tommaso]]) e Salvatore Buscemi.<ref name="pentito"/> Il 23 novembre [[1993]] rapì [[Giuseppe Di Matteo]], figlio del [[pentitismo|collaboratore di giustizia]] [[Santino Di Matteo]], che sarebbe stato ucciso dopo oltre due anni di prigionia.<ref name="teologia">[[Attilio Bolzoni]], [http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/12/03/dagli-omicidi-pentito-anti-premier-tignusu-adesso.html Dagli omicidi a pentito anti-premier. U' Tignusu adesso studia teologia] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20140204035840/http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/12/03/dagli-omicidi-pentito-anti-premier-tignusu-adesso.html |data=4 febbraio 2014 }}, ''[[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]]'', 3 dicembre [[2009]].</ref> Arrestato il 2 luglio [[1997]] presso l'ospedale Cervello di Palermo, sconterà l’ergastolo per le [[Bombe del 1992-1993|bombe del 1993]] di Roma, Firenze e Milano e per l’omicidio di don Puglisi nonché 12 anni per il sequestro Di Matteo.<ref name="pentito"/><ref>{{Cita news|autore=Giovanni Bianconi|titolo=Confessò le stragi, Spatuzza è libero|pubblicazione=[[Il Corriere della Sera]]|giorno=10|mese=marzo|anno=2023|pagina=20}}</ref> Durante la detenzione, si è iscritto alla facoltà di [[Teologia]].<ref name="teologia"/>▼
▲Rapinatore e poi sicario, Gaspare Spatuzza, soprannominato "''u Tignusu''" (il Pelato) per la sua [[calvizie]], era affiliato alla [[Famiglia Graviano|Famiglia di Brancaccio]], guidata dai fratelli
=== Pentimento e collaborazione con la giustizia ===
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