Biennio rosso in Italia: differenze tra le versioni

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Uno degli eventi più significativi di tutto il biennio rosso fu la [[rivolta dei Bersaglieri]] che scoppiò ad [[Ancona]] nel giugno del 1920, preceduta da una di minore entità a [[Storia di Trieste|Trieste]] l'11 giugno, in cui un gruppo di [[arditi]] di un reggimento d'assalto in attesa di imbarcarsi per l'[[Albania]] usò le armi contro gli ufficiali, causando due morti e diversi feriti.<ref>Angelo Visintin, ''Una città in grigioverde'', in ''Storia e Dossier'', p. 16, ottobre 1992.</ref>
 
Anche ad Ancona la scintilla che provocò la rivolta fu l'ammutinamento dei bersaglieri di una caserma cittadina che non volevano partire per l'Albania, dove era in corso un'occupazione militare decisa dal [[Governo Giolitti V|governo Giolitti]]. Al contrario di altre manifestazioni del biennio, la [[rivolta dei Bersaglieri]] fu una vera ribellione armata e coinvolse truppe di varie forze che solidarizzarono con i ribelli; dopo la resa dei bersaglieri della caserma, la rivolta continuò nelle piazze, sostenuta da una fetta della popolazione civile, unita dal motto "Via da Valona", chiedendo la fine del [[protettorato italiano dell'Albania]], visto come un attacco alla libertà dei popoli.
 
Da [[Ancona]] la rivolta divampò in tutte le [[Marche]], in [[Romagna]] (fino al suo cuore, [[Forlì]]), in [[Umbria]] ([[Terni]] e [[Narni]]), in [[Lombardia]] ([[Cremona]] e [[Milano]]) e a [[Roma]]. Quando il re, ordinò l'invio delle [[Regia guardia per la pubblica sicurezza|guardie regie]] per ristabilire l'ordine, fu indetto uno sciopero nazionale da parte del sindacato dei ferrovieri per impedire che i militi potessero arrivare ad Ancona.