Barlaam e Iosafat: differenze tra le versioni

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=== Parte II ===
AlloraAccade iallora che dei soldati del re catturano un gruppo di eremiti. E poiché essi non mostrano di aver paura né di lui né delle torture che il re gli promette, né della morte, alla fine, dopo averli tagliato le lingue, cavato gli occhi, amputati mani e piedi, il sovrano li fa giustiziare. Successivamente, il re si rivolge a un suo consigliere per trovare una soluzione. Il consigliere progetta di convocare a corte un asceta che apparteneva però alla religione politeistica del sovrano; a questo asceta si farà fare la parte di Barlaam; egli verrà messo a confronto con innumerevoli dotti, maghi, astrologhi non cristiani, e fingerà di abiurare il cristianesimo. Nel frattempo il sovrano decide di parlare al figlio e quest’ultimo conferma la propria piena adesione alla nuova religione. Il sovrano è preso dall’ira, dalla collera, dalla rabbia anche perché il figlio mostra un pieno disprezzo per quella vita così vana e fatua, volta all’inseguimento dei piaceri, che il proprio padre e sovrano conduce. D’altra parte il re stesso è costretto dalle parole del figlio, a comprendere quanto sia effettiva la conversione del proprio unico erede. Arriva il giorno del confronto tra il finto Barlaam e gli esponenti della religione politeistiche. Ma la divina provvidenza ispira una visione al figlio del re svelando l’inganno architettato; d’altra parte, nel corso del confronto, l’asceta finto Barlaam, ispirato dalla provvidenza, fa un discorso di difesa della religione cristiana così convincente che tutti gli esponenti del paganesimo ammutoliscono e non sono in grado di replicare. Il re rimane interdetto, il suo inganno non ha funzionato. Il figlio può così trascorrere il proprio tempo, nel palazzo, in preghiere e digiuni invocando Dio affinché gli consenta di unirsi a Barlaam. Il re non demorde.
 
Nella città si doveva tenere una grande festa, con molti sacrifici, in onore degli dei. Ad essa partecipa anche un convinto assertore del paganesimo, difensore dell’idolatria, dedito a pratiche magiche: Theudas. Richiesto di un consiglio dal re, gli propone di far vivere accanto al giovane cristiano un gruppo di giovani e bellissime donne che accendano in lui il fuoco del desiderio e lo riportino alla “ragione”. Così accade. Il mago idolatra convoca gli spiriti maligni perché fiacchino il giovane , ma tutto è inutile. Theudas escogita un altro inganno: una di queste giovani donne dichiara il suo amore per Iosafat, fa mostra di conoscenza delle dottrine cristiane, gli chiede di unirsi a lui solo per una notte; solo così la fanciulla si sarebbe convertita al cristianesimo. E il giovane sta quasi per cedere, ma nella notte viene trasportato in luoghi meravigliosi, dove vivono pieni di letizia coloro che sono stati fedeli a Cristo; successivamente viene portato in luoghi desolati, tenebrosi, dove si consumano nel fuoco e pagano le proprie colpe i peccatori. Questa esperienza fortifica Iosafat, che respinge ogni tentazione. Il sovrano è preso da grande scoramento, comincia a tentennare; allora Theudas chiede un confronto diretto con il giovane, dal quale uscirà sconfitto in quanto adoratore degli idoli, e convertito al cristianesimo. Ora il re è completamente disorientato; un suo consigliere gli propone di fare di necessità virtù: suddividerà il regno, assegnerà una parte al figlio che di essa verrà nominato sovrano. Così accade. Iosafat, nonostante il desiderio di condurre vita monastica nel deserto, obbedisce al padre. Distrugge, nella capitale della sua parte di regno, tutti i templi e gli altari degli idoli, erigendo al posto loro delle chiese. Distribuisce inoltre le ricchezze regali ai poveri tanto che la sua fama si sparge ovunque. Il re Abenner , suo padre, si convince della bontà della fede del figlio, va a colloquio con lui, ed infine viene da lui convertito così che il giovane Iosafat si trova ad essere spiritualmente il “genitore di suo padre”. Il re gli lascia ogni potere, vive il resto della sua vita pentendosi dei propri peccati, dell’uccisione dei cristiani, e muore in stato di grazia.