Castel Cellesi: differenze tra le versioni
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* Antonio Dobici (n. 1843, muratore, appena evaso dalla camera di custodia del Tribunale di Viterbo il 16 settembre 1874, "marciava sempre col calamaio in saccoccia per scrivere le lettere di ricatto")<ref>"... presentato il detenuto Antonio Dobici col di lui compagno di cella Simonetti Giovan Maria, si fecero perquisire minutamente tanto sulle loro persone, vestimenta e giaciglio. E dopo minutissime e accuratissime indagini, ebbero a estrarre dall'ano del Dobici Antonio un pezzo di tubo di canna della lunghezza di cm 4,5 circa, entro il quale si rinvennero accuratamente piegati tre biglietti del valore di Lire 1.000 cadauno [...]. Più tardi interrogato, il Dobici ammise che quei soldi provenivano dal ricatto Colesanti". Verbale dalla perquisizione condotta alle 19,30 del 24 marzo 1875.</ref>;
* Andrea Pecci (n. 1833, di Castel Cellesi, di famiglia benestante, al suo secondo reato, ma che non godeva di buona fama in paese per via della sua pessima condotta, come testimonia in uno scritto il sindaco di Castel Cellesi. Il Pecci è morto nel [[Castello Orsini (Soriano nel Cimino)#Carcere|carcere]] di [[Soriano nel Cimino|Soriano]] nel 1877);
* Martino Cocciola (n. 1833, di Castel Cellesi, pluricondannato, morto nel 1898 nella casa di reclusione di Piombino).<ref>"Il giorno 23 novembre dell'anno decorso (1872) mentre un Brigadiere e un carabiniere della stazione di Celleno verso le 4 pomeridiane si trovarono nella parte di territorio di Castel Cellesi denominato Piano de' Molini udirono due individui discorrere in prossimità di un fosso e appiattitosi viddero venir verso di loro i detti individui che il Brigadiere riconobbe per Coronato Troscia e Martino Cocciola. Essendo quest'ultimo colpito da un mandato di cattura del Giudice Istruttore di Grosseto il Brigadiere intimò ad entrambi di fermarsi, ma loro esplosero dopo una brevissima sosta contro i carabinieri tre colpi di fucile di cui erano dotati, due colpi il Cocciola che aveva il fucile a canna doppia, e il terzo da parte del fucile a canna singola del Troscia. A tale esplosione e alla fuga che presero sia il Cocciola che il Troscia, i carabinieri spararono anch'essi contro i fuggenti due volte ma senza colpirne alcuno. Inseguirono allora il Cocciola ma, non potendo camminare velocemente a causa del cattivo terreno, non lo raggiunsero, quantunque foss'egli pure rallentato dal caricare il fucile; però a un certo punto cadde e nel cadere abbandonò il fucile, che raccolto dai carabinieri insieme a quello abbandonato dal Troscia fu sequestrato. Procedettero poi all'arresto del Troscia nella sera stessa, come, in seguito di mandato di cattura per questo fatto spiccato dal Giudice Istruttore di questo Tribunale, fu da altri carabinieri arrestato il Cocciola" sentenza del Tribunale di Viterbo del 28 marzo 1873.</ref>
Parte dell'incasso del sequestro fu messo in comune col Rufoloni, altro brigante viterbese, nel momento in cui Dobici e Cocciolla vi si unirono a generare "l'autunno caldo" del 1874. Accadde infatti che, terminati i soldi Colesanti fu organizzato il sequestro Gori (35 000 lire di richiesta) per cui furono battute le campagne di tutta la Teverina, da Orvieto a Montefiascone, Bagnoregio, Castiglione, Civitella d'Agliano e Castel Cellesi.<ref>Rufoloni (30 anni di lavori forzati e 5 di sorveglianza speciale), Dobici (25 e 5), Pecci (10 e 5) e Cocciola (25 e 5) furono i "protagonisti" della prima sentenza, il 2 giugno 1876, con cui veniva "inaugurata" la nuova sede della Corte d'Assise di Viterbo (ex Chiesa dei Carmelitani Scalzi): è la cosiddetta ''causa Rufoloni'' (vedi Antonio Mattei, Brigantaggio sommerso, Scipioni Editori) </ref>
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