Apis mellifera: differenze tra le versioni

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=== Fecondazione ===
Appena sfarfalla, la nuova regina è presa da una frenesia ed emette un singolare ronzio (un "trillo territoriale" di 1,5 – 2  kHz, registrabile anche fuori dell'[[arnia]]) ottenuto sia per vibrazione alare e/o toracica, sia per emissione di aria dagli stigmi; dopodiché si avvicina alle celle delle altre sue sorelle e, una dopo l'altra, le uccide tutte. Allora cessa il ronzio, si porta all'ingresso dell'alveare ed inizia il volo nuziale.{{Senza fonte}}
 
Essa si innalza a grandi altezze, seguita dalla folla dei [[fuco|fuchi]], il più possente dei quali la raggiunge ed ha luogo, in volo, il primo accoppiamento. La copula comporta l'inevitabile morte del maschio, poiché i suoi organi genitali restano infissi nel corpo della femmina ed esso deve strapparli per allontanarsi. La regina si accoppia con altri fuchi (8-9 circa) per poi planare sull'alveare, dando alle operaie, in tal modo, un segnale in seguito al quale esse assalgono ed uccidono con il loro [[pungiglione]] i fuchi che non si sono accoppiati; nessuno di essi si salva perché i pochi superstiti non sanno nutrirsi da sé, essendo stati nutriti sempre dalle operaie per [[trofallassi]] oro-orale e perché il loro apparato boccale di suzione è più corto di quello delle operaie e non potrebbero succhiare il nettare. Questa lotta non costa alcuna vittima tra le operaie, sia perché i fuchi non hanno alcun mezzo di difesa (sono maschi, quindi privi di ovopositore, cioè di pungiglione), sia perché possono agevolmente ritirare il loro pungiglione (diversamente da quanto avviene se l'ape punge un vertebrato). Talvolta, però, in caso di sovraffollamento della colonia, le operaie impediscono alla nuova regina di uccidere le sorelle e allora anche un'ulteriore nuova regina sciama (risciami). La prima ape regina e la nuova ape devono lottare fino alla morte di una delle due (grazie al pungiglione), altrimenti la nuova ape regina sarà costretta ad andarsene.
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=== Apparato boccale ===
L'apparato boccale tipico degli insetti era in origine masticatore, quale si ritrova ancora negli [[Ortotteri]], [[Coleotteri]], ecc. Gli adattamenti dovuti ai regimi alimentari hanno però determinato negli insetti radicali trasformazioni. Nell'ape, i pezzi originari si sono trasformati costituendo un apparato boccale lambente e succhiante. Il complesso maxillo-facciale si piega tra cardini e stipiti e si sposta un po' all'indietro sotto il [[cranio]], costituendo un canale temporaneo per suggere il [[nettare (botanica)|nettare]]. L'organo aspirante, lungo e flessibile, è formato dalle glosse labiali; per mezzo di questo le api raccolgono il nettare e manipolano il [[miele]] nell'arnia. I lati di questa ligula sono ripiegati verso l'interno e verso il basso, fino quasi ad incontrarsi, per formare un tubo racchiuso dalle mascelle e dai palpi labiali. Il labium (labbro inferiore) è provvisto di palpi assai sviluppati e 4-articolati (con il primo articolo molto allungato e piuttosto largo, il secondo più corto, gli ultimi molto brevi) e di una ligula (o glossa o lingua) lunga (in estensione misura 5,5–7  mm), cilindrica, densamente pelosa, flessibile e contrattile, percorsa da un solco ventrale (canale ligulare) e terminante con un'espansione a cucchiaio (labello o flabello). Le galee mascellari ed i palpi labiali, accostandosi alla ligula formano un tubo o proboscide, delimitante un canale di suzione che permette all'ape di succhiare il nettare liquido mediante l'azione aspirante del cibario (porzione della cavità boccale anteriore alla faringe) e della faringe (pompa cibario-faringea), convogliandolo nella grande ingluvie (o borsa o borsetta melaria o stomaco mellifico), un sacco a parete estensibile costituito da una dilatazione dell'esofago, dove il nettare subisce una prima trasformazione chimico-fisica che lo converte in miele.
 
Alla base della faccia interna delle mandibole sboccano 2 ghiandole mandibolari; nelle operaie esse producono una frazione della gelatina o [[pappa reale]] e sono funzionali in relazione alla lavorazione della [[cera]]; nei fuchi sono ridotte a una piccola masserella; nella regina sono molto sviluppate e producono il [[feromone]] di coesione della colonia (miscela degli acidi 9-ossodeca-trans-2-enoico e 9-idrossi-2-enoico che ha la funzione di far identificare la regina come tale all'interno e fuori dell'alveare, di inibire lo sviluppo dei loro ovarìoli e di impedire la costruzione di celle reali).
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=== Sistema nervoso ===
Il cervello delle api occupa un volume di circa 1  mm³ e pesa circa 1  mg, cioè 1/100 del peso dell'ape. Il numero totale di neuroni nel cervello è stimato in 950 000. I principali territori del cervello dell'ape sono i lobi ottici, i lobi antennali, i corpi fungiformi e il complesso centrale.
 
== Corredo genetico dei membri della colonia ==
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== Le costruzioni delle api ==
La cera è la sostanza fondamentale dell'attività costruttiva dell'alveare. I meccanismi di produzione della cera furono al centro dell'interesse di numerosi biologi e furono esaurientemente descritti nella prima decade del Novecento. La costruzione dei favi prende avvio sempre dall'alto e poi via via si sviluppa in maniera ellissoidale, assumendo una vaga forma di goccia. Le api si raggruppano in un ammasso detto ''glomere cerigeno'', in cui la maggior parte delle api è occupato a mantenere una temperatura di 35 °C al centro, dove alcune api provvedono alla costruzione vera e propria. Quando le api non hanno bisogno di fare calore (ad esempio, se la T° ambientale è superiore a quella ottimale o se viene fornito sperimentalmente) si possono notare catene di api immobili, attaccate le une alle altre; si suppone che ciò serva a indicare le zone da costruire. L'ape che costruisce secerne la cera dall'addome, dove ha delle ''ghiandole sericere''. La cera assume presto la consistenza di una scaglia, che le api attaccano alla spazzola per il polline e quindi la prendono con la mandibola. A questo punto la rielaborano con liquidi contenenti enzimi prodotti dalle ghiandole mandibolari e depositano l'impasto sui bordi delle cellette in costruzione. In genere, quand'è possibile, le api costruiscono i favi in modo da orientarli da nord a sud. I favi naturali sono spessi circa 25  mm; vengono distanziati l'uno dall'altro di circa 38  mm e talvolta vengono saldati assieme mediante delle costruzioni irregolari. Ogni faccia può contenere fino a 415 celle da operaia e 350 da fuco. Le celle hanno un'inclinazione verso l'alto che varia tra i 9° e i 14°, il fondo non è piatto ma incavato fra tre celle dell'altra faccia. La forma delle celle è perfettamente esagonale. Pur rispondendo ad un istinto, le api sono in grado di adattare la loro attività costruttiva a diverse situazioni non dipendenti da loro: ad esempio allungando, accorciando le celle, eccetera. Recenti studi hanno provato il ruolo della regina nello stimolare l'attività di costruzione e produzione di cera delle operaie tramite la diffusione di appositi feromoni.
 
== Il "linguaggio" delle api ==
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Ben più complessa della precedente, la [[danza dell'addome]] comunica alle compagne non solo che c'è una fonte di cibo, ma anche l'esatta posizione della stessa. Viene usata nel caso in cui la fonte si trovi ad una distanza dall'alveare maggiore di una certa soglia che varia con la sottospecie; poiché le api si spingono fino ad un raggio di tre chilometri dall'alveare, giocoforza il contenuto informativo dev'essere maggiore. Le api percorrono rapidamente un breve tratto rettilineo agitando l'addome, poi eseguono una evoluzione rotatoria a sinistra tornando al punto di partenza, percorrono ancora il tratto rettilineo agitando l'addome e compiono l'evoluzione rotatoria a destra. Questo schema viene ripetuto molte volte.<ref>{{Cita libro | titolo=Il linguaggio delle api | autore= Karl von Frisch |traduttore=Giorgio Celli e Andrea Crisanti | editore=Bollati Boringhieri | città= Torino | anno= 1976 | ISBN=978-88-339-0330-9 | pp=105-108 }}</ref>
 
All'inizio degli studi scientifici sulla danza dell'addome, si ipotizzò che la distanza della fonte di cibo dall'alveare fosse indicata dal numero di evoluzioni compiute in certo intervallo di tempo e dalla durata dell'agitazione addominale.<ref>{{Cita libro | titolo=Il linguaggio delle api | autore= Karl von Frisch |traduttore=Giorgio Celli e Andrea Crisanti | editore=Bollati Boringhieri | città= Torino | anno= 1976 | ISBN=978-88-339-0330-9 }}</ref> Studi successivi hanno invece mostrato che la distanza è indicata solamente dalla durata dell'agitazione addominale.<ref>{{Cita pubblicazione | autore1= S. Su | autore2= F. Cai | autore3= A. Si | autore4= S. Zhang | autore5= J. Tautz | autore6= S. Chen | titolo = East learns from West: Asiatic honeybees can understand dance language of European honeybees | rivista = PLOS ONE | volume = 3 | numero = 6 | pp = e2365 | data= giugno 2008 | pmid = 18523550 | pmc = 2391287 | doi = 10.1371/journal.pone.0002365 | bibcode = 2008PLoSO...3.2365S }}</ref> <ref>{{Cita pubblicazione | autore1= J. Tautz | autore2= K. Rohrseitz | autore3= D. C. Sandeman | titolo= One-strided waggle dance in bees | rivista= Nature | anno= 1996 | volume= 382 | p= 32 | lingua=en }}</ref><ref>{{Cita pubblicazione | autore1= A. Michelsen | autore2= B. B. Andersen | autore3= J. Storm | autore4= W. H. Kirchner | autore5= M. Lindauer | titolo= How honeybees perceive communication dances, studied by means of a mechanical model | rivista= Behavioral Ecology and Sociobiology | volume=30 | pp=143-140 | anno 19992 | doi= 10.1007/BF00166696 | lingua=en }}</ref><ref>{{Cita pubblicazione | autore1= T. Seeley | autore2= A. Mikheyev | autore3=G. Pagano | titolo=Dancing bees tune both duration and rate of waggle-run production in relation to nectar-source profitability | rivista= Journal of Comparative Physiology A | volume= 186 | pp=813-819 | anno 2000 | doi = 10.1007/s003590000134 | lingua=en }}</ref><ref>{{Cita pubblicazione | autore1= J. Tautz | autore2= D. C. Sandeman | titolo=Recruitment of honeybees to non-scented food sources | rivista= Journal of Comparative Physiology A | volume=189 | pp=293-300 | anno=2003 | doi=10.1007/s00359-003-0402-6 | lingua=en }}</ref> La durata della fase oscillatoria aumenta con l'aumentare della distanza, tuttavia questo aumento avviene in modo proporzionale soltanto per le prime centinaia di metri, poi avviene in maniera più graduale e le informazioni sulla distanza di destinazioni remote risultano, di conseguenza, meno precise.<ref name="tautz">{{Cita libro | titolo= Il ronzio delle api | autore= Jürgen Tautz | altri= Fotografie di Helga R. Heilmann |traduttore=Massimo Caregnato | editore=Springer | città=Milano | anno=2014 | ISBN=978-88-470-0860-1 }}</ref> Von Frisch misurò una durata della fase oscillatoria di 0,5 secondi per una distanza di 300 m, di 1 s per 500 m, di 2 secondi per 2000 m e così via.<ref>{{Cita libro | titolo=Il linguaggio delle api | autore= Karl von Frisch |traduttore=Giorgio Celli e Andrea Crisanti | editore=Bollati Boringhieri | città= Torino | anno= 1976 | ISBN=978-88-339-0330-9 | pp=111-113}}</ref> La distanza viene valutata dalle api in base al ''flusso ottico''.<ref name="tautz" /><ref>{{Cita pubblicazione | autore1= M. V. Srinivasan | autore2= S. Zhang | autore3= M. Altwein | autore4= J. Tautz | titolo= Honeybee navigation: nature and calibration of the "odometer" | rivista= Nature | volume= 287 | pp=851-853 | anno= 2000 | mese= febbraio | giorno= 4 | doi= 10.1126/science.287.5454.851 | lingua=en }}</ref> Questo è generato dalle immagini degli oggetti che si muovono sulle varie facce della superficie dell'[[Capo degli insetti#Occhio composto|occhio composto]] dell'ape mentre essa vola. Maggiori sono le variazioni percepite nel flusso ottico, maggiore è la distanza misurata dall'ape.<ref name="tautz" />
 
La direzione della fonte di cibo è indicata dalla direzione del tratto orizzontale della danza. Normalmente le danze avvengono su un favo verticale in un alveare buio, dove l'unico riferimento è la gravità. Quindi, per indicare la posizione della fonte di cibo, l'angolo formato dal percorso in volo dall'alveare al cibo e dalla direzione del sole rispetto all'alveare viene tradotto nella danza in un angolo tra la direzione del tratto orizzontale della danza e la direzione verticale (vedi figura). Per esempio se la fonte di cibo sta nella stessa direzione del sole il tratto rettilineo della danza è percorso verso l'alto, se il cibo è in direzione opposta al sole il tratto rettilineo è percorso verso il basso, se il cibo è a 60° a sinistra del sole anche il tratto rettilineo lo sarà rispetto alla verticale.<ref>{{Cita libro | titolo=Il linguaggio delle api | autore= Karl von Frisch |traduttore=Giorgio Celli e Andrea Crisanti | editore=Bollati Boringhieri | città= Torino | anno= 1976 | ISBN=978-88-339-0330-9 | pp=115-117 }}</ref>
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== Regolazione del microclima nell'alveare ==
Quando un alveare, in estate, comincia a surriscaldarsi, numerose api si mettono insieme per rinfrescarlo e per mantenerne la temperatura interna a circa 33 &nbsp;°C, adatta all'allevamento della covata e necessaria per fare evaporare l'acqua in eccesso dal miele contenuto nelle celle aperte (il miele contiene circa il 17% di acqua). Dapprima le api agitano vigorosamente le loro ali, ventilando l'alveare; ma quando il tempo è secco e via via che la temperatura esterna si innalza, trasportano acqua all'interno dell'alveare; l'evaporazione umidifica e rinfresca la colonia.
 
Le api eseguono questa operazione allo stesso modo di come riversano acqua nel miele, cioè facendola scendere goccia a goccia dalla loro bocca. Questo sistema di refrigerazione per mezzo dell'acqua spesso produce una notevole stabilizzazione della temperatura: un alveare in pieno sole ha una temperatura interna di 35 &nbsp;°C anche quando quella esterna raggiunge i 71 &nbsp;°C. Le bottinatrici raccolgono l'acqua e le giovani api funzionano da spruzzatori, distribuendo le gocce portate dalle vecchie raccoglitrici. Nei brevi momenti in cui ritornano all'alveare per depositare le gocce, le raccoglitrici vengono anche informate se occorre continuare il trasporto d'acqua. Per tutto il tempo durante il quale continua il surriscaldamento, le giovani spruzzatrici si danno da fare e prendono l'acqua con molta enfasi. Questo fatto indica alle raccoglitrici che è necessaria altra acqua e queste compiono un altro viaggio di approvvigionamento. Se invece l'alveare è stato sufficientemente rinfrescato, quando le raccoglitrici ritornano le api spruzzatici non mostrano più enfasi e le raccoglitrici non escono più per un altro carico. Durante l'inverno, quando il miele immagazzinato viene usato come alimento (occorrono circa 30 &nbsp;kg di miele per permettere ad una colonia di superare l'inverno), le api si ammassano assieme formando un aggruppamento a forma di palla, detto glomere, metà da un lato e metà dall'altro di una serie di favi e producono calore mediante movimenti attivi del corpo e delle ali. I glomeri si formano ad una temperatura di 14 &nbsp;°C o inferiore e riescono ad innalzare la temperatura dell'alveare fino a 24-30 &nbsp;°C, anche quando la temperatura esterna è inferiore a 0 &nbsp;°C. Le api al centro, essendo isolate dagli strati di altre api aggruppate intorno a loro, stanno assai calde, poiché la temperatura nell'interno del glomere può essere mantenuta anche a 38 &nbsp;°C. Le api cambiano continuamente di posizione, cosicché ciascun individuo si sposta gradualmente dalla zona esterna fredda del glomere a quella interna calda e poi retrocede. Questa formazione dura per tutta la stagione fredda, spostandosi gradatamente sulle superfici dei favi e nutrendosi del cibo immagazzinato. Temperature molto basse possono tuttavia immobilizzare le api e farle morire di fame, anche se hanno a disposizione il cibo necessario.
 
In un ambiente freddo, una singola ape è assolutamente incapace di conservare alta la temperatura del proprio corpo. Gli insetti sono animali [[Pecilotermia|pecilotermi]] e la temperatura interna è in accordo con quella esterna, diversamente da uccelli e mammiferi che sono omeotermi, cioè in grado di autoregolare la propria temperatura interna mediante meccanismi fisiologici. Si vede qui tutta l'importanza dell'evoluzione sociale delle api, le quali, nei giorni invernali con temperature più miti e sin dal cominciare della primavera possono sfruttare risorse precluse ad altre specie, in quanto dispongono sempre di individui adulti. Inoltre la popolazione dell'alveare non deve essere ricostituita daccapo ogni anno ed anche il lavoro delle generazioni precedenti per la costruzione del nido viene ereditato dalle generazioni successive.
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=== Sottospecie originarie dell'Africa ===
==== Sottospecie paleartiche ====
Sono presenti a nord del deserto del [[Deserto del Sahara|Sahara]]
* ''Apis mellifera sahariensis'' {{zoo|Philippe Jean Baldensperger|1932}} o Ape del Sahara. L'areale comprende le [[oasi]] del [[deserto]] del [[Marocco]] nel nordest del Sahara.
* ''Apis mellifera intermissa'' {{zoo|Hugo Berthold von Buttel-Reepen|1906}} o Ape del Magreb. L'areale si estende dal Marocco alla [[Tunisia]].