Giovanni Brusca: differenze tra le versioni
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Arrestato il 20 maggio [[1996]], nel [[2000]] gli viene riconosciuto lo status di [[Collaboratore di giustizia (Italia)|collaboratore di giustizia]]. Il 31 maggio [[2021]] Brusca, dopo aver trascorso 25 anni in carcere, è stato liberato per aver scontato la sua pena, rimanendo sottoposto alla [[libertà vigilata]] per ulteriori 4 anni, secondo quanto stabilito dalla [[Corte d'appello di Milano]]<ref>{{Cita news|autore=[[Lirio Abbate]]|url=https://espresso.repubblica.it/attualita/2021/05/31/news/torna_libero_l_ex_boss_giovanni_brusca-303661635/?ref=RHTP-BH-I0-P1-S1-T1|titolo=Torna libero l’ex boss Giovanni Brusca|pubblicazione=[[L'Espresso]]|data=31 maggio 2021|lingua=it|accesso=1º giugno 2021|urlarchivio=https://archive.today/20210601080414/https://espresso.repubblica.it/attualita/2021/05/31/news/torna_libero_l_ex_boss_giovanni_brusca-303661635/?ref=RHTP-BH-I0-P1-S1-T1|dataarchivio=1 giugno 2021|urlmorto=no}}</ref>.
Dal luglio del [[2022]]
== Biografia ==
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===La "guerra" contro lo Stato italiano e l’omicidio Di Matteo===
{{Vedi anche|Bombe del 1992-1993}}
[[File:Strage_di_capaci.jpg|thumb|left|upright=1.4|Il cratere provocato dalla devastante esplosione a [[Capaci]], che uccise il giudice [[Giovanni Falcone]], la moglie [[Francesca Morvillo]] e tre agenti di scorta; Brusca azionò materialmente il comando che provocò la deflagrazione.]]
Quando nel [[1992]] i Corleonesi iniziarono a fare la guerra contro lo Stato, Brusca divenne uno dei killer più importanti del gruppo: infatti assassinò il capo della Famiglia di [[Alcamo]], Vincenzo Milazzo, quando iniziò ad opporsi alle stragi, e pochi giorni dopo fece strangolare barbaramente anche la compagna di Milazzo, Antonella Bonomo, che era incinta di tre mesi.<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/12/17/riina-ordino-incinta-uccidete.html|titolo=RIINA ORDINO' : ' È INCINTA? UCCIDETE LA DONNA DEL BOSS' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-30}}</ref>
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Nel settembre di quell'anno lo stesso Brusca partecipò all'omicidio del potente esattore [[Ignazio Salvo]], il quale si era dimostrato incapace di modificare le sentenze sfavorevoli a Cosa Nostra;<ref>{{Cita web|url=http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/2004/11/10/Cronaca/MAFIA-CHI-ERANO-I-CUGINI-NINO-E-IGNAZIO-SALVO-2_121512.php#|titolo=MAFIA: CHI ERANO I CUGINI NINO E IGNAZIO SALVO (2)|sito=www1.adnkronos.com|accesso=2021-05-30}}</ref> inoltre, tra ottobre e novembre, Brusca incaricò Santo Mazzei (mafioso di [[Catania]]) di collocare un proiettile d'artiglieria nel [[Giardino di Boboli]] a [[Firenze]] al fine di creare allarme sociale e condizionare le istituzioni nella prospettiva di benefici per i detenuti in regime carcerario di cui all'[[articolo 41 bis]];<ref>{{Cita news|url=http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/17LatrattativaGioeBelliniproiettileBoboli.pdf|titolo=La trattativa tra Gioè-Bellini/Il proiettile nel Giardino di Boboli - Sentenza del processo di 1º grado per le stragi del 1993|urlmorto=sì|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131110201622/http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/17LatrattativaGioeBelliniproiettileBoboli.pdf|dataarchivio=10 novembre 2013}}</ref> nello stesso periodo Brusca stava pianificando attentati contro l'allora Ministro della Giustizia [[Claudio Martelli]], l'onorevole [[Calogero Mannino]] e il giudice [[Pietro Grasso]], progetti che però non andarono in porto.<ref name=":8" /><ref>{{Cita web|url=https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/stato-mafia-falcone-brusca-trattativa-milano-a00a45bb-4318-428a-a515-fc9d32c3aee2.html|titolo=Il pm Di Matteo non partecipa all'udienza con Brusca|sito=rainewsalian|accesso=2021-05-30}}</ref>
Dopo l'arresto di Riina nel gennaio del [[1993]], Brusca fu favorevole alla continuazione della strategia degli [[Bombe del 1992-1993|attentati dinamitardi]], insieme ai boss [[Leoluca Bagarella]], [[Matteo Messina Denaro]] e ai fratelli Filippo e [[Giuseppe Graviano]],<ref>{{Cita news|url=http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/19Lastrategiamafiosa.pdf|titolo=Le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia - Atti del processo di 1º grado per le stragi del 1993|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20131227233619/http://www.misteriditalia.com/stragi1993/lasentenza/19Lastrategiamafiosa.pdf|dataarchivio=27 dicembre 2013|urlmorto=sì}}</ref><ref>[http://www.antimafiaduemila.com/200805105104/articoli-arretrati/i-pentiti-del-terzo-millennio.html I pentiti del terzo millennio] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20131019072600/http://www.antimafiaduemila.com/200805105104/articoli-arretrati/i-pentiti-del-terzo-millennio.html|data=19 ottobre 2013}} Antimafiaduemila.com</ref> i quali pianificarono anche il sequestro del piccolo [[Omicidio di Giuseppe Di Matteo|Giuseppe Di Matteo]] come ritorsione verso il padre [[Santino Di Matteo|Santino]], divenuto collaboratore di giustizia<ref>{{Cita web|url=https://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/11/07/news/il_pm_in_aula_accusa_i_boss_il_piccolo_di_matteo_fu_torturato-24579083/|titolo=Il pm in aula accusa i boss"Il piccolo Di Matteo fu torturato"|sito=la Repubblica|data=2011-11-07|accesso=2021-05-30}}</ref>: gli attentati dinamitardi a [[Firenze]], [[Milano]] e [[Roma]] nell'[[estate]] [[1993]] provocarono in tutto 10 morti e 106 feriti, oltre a ingenti danni al patrimonio artistico italiano.<ref>{{Cita web|url=http://www.repubblica.it/online/cronaca/riina/conferma/conferma.html|titolo=Autobombe '93, per l'accusa ergastoli da confermare|editore=[[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=2 dicembre 2000|citazione=la strategia di attacco terroristico al patrimonio culturale del Paese sarebbe stata decisa dai vertici di Cosa Nostra già alla fine del '92|accesso=12 luglio 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20180124005823/http://www.repubblica.it/online/cronaca/riina/conferma/conferma.html|urlmorto=no}}</ref> Nell’autunno del 1993 la posizione di Brusca stava vacillando, perché i
===L'arresto===
[[File:Giovanni Brusca arresto 1996.jpg|thumb|Giovanni Brusca viene tratto in arresto, il 20 maggio 1996]]
Il 12 gennaio [[1996]], seguendo le indicazioni del collaboratore di giustizia Tony Calvaruso (ex braccio destro di [[Leoluca Bagarella]]), gli inquirenti arrivarono ad una villa a [[Borgo Molara]], dove Brusca si nascondeva insieme alla compagna Rosaria Cristiano e al figlioletto Davide di 5 anni, che però riuscirono a fuggire prima dell'irruzione delle forze dell'ordine<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/01/14/il-superboss-sfugge-agli-agenti.html|titolo=E IL SUPERBOSS SFUGGE AGLI AGENTI - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-30}}</ref><ref>{{Cita web|url=http://www1.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/1996/01/13/Altro/I-FATTI-DEL-GIORNO-3A-EDIZIONE-4-LA-CRONACA_183500.php#|titolo=I FATTI DEL GIORNO. 3/A EDIZIONE (4): LA CRONACA|sito=www1.adnkronos.com|accesso=2021-05-30}}</ref>. Nel febbraio successivo, due fedelissimi di Brusca, [[Giuseppe Monticciolo]] e [[Vincenzo Chiodo]], vennero arrestati e decisero subito di collaborare con la giustizia: fecero infatti scoprire il casolare-bunker in contrada Giambascio a [[San Giuseppe Jato]], dove un mese prima era stato ucciso e sciolto nell'acido il piccolo Giuseppe Di Matteo e lì venne trovato un vero e proprio arsenale a disposizione di Brusca (dieci [[Missile|missili]], un [[lanciamissili]], 10 [[bazooka]], 50 [[AK-47|kalashnikov]], 400 kg di esplosivo, 10 bombe anticarro, un [[lanciagranate]], 7 [[Fucile mitragliatore|fucili mitragliatori]], 35 [[Pistola|pistole]], [[Giubbotto antiproiettile|giubbotti antiproiettile]] ed ordigni esplosivi già confezionati).<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/02/28/missili-lanciarazzi-nell-arsenale-della-mafia.html|titolo=MISSILI E LANCIARAZZI NELL' ARSENALE DELLA MAFIA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-30}}</ref>
Monticciolo e Chiodo diedero indicazioni utili sui possibili nascondigli di Brusca, cui seguì il ritrovamento di un’agenda con codici e numeri di telefono trovata addosso al latitante Salvatore Cucuzza, reggente del [[Mandamento (cosa nostra)|mandamento]] di [[Porta Nuova (Palermo)|Porta Nuova]]<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/06/un-boss-arrestato-palermo.html|titolo=UN BOSS ARRESTATO A PALERMO - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref><ref name=":5" />: dopo vari pedinamenti e intercettazioni basati su tali informazioni<ref name=":7">{{Cita web|url=https://www.adnkronos.com/savina-il-superpoliziotto-che-prese-brusca-cosi-collaboro-oggi-concordo-con-maria-falcone_EbbwPtUhw0qn61C0m8Paz|titolo=Savina, il superpoliziotto che prese Brusca: "Così collaborò, oggi concordo con Maria Falcone"|autore=mrtrepetto|sito=Adnkronos|data=2021-06-01|accesso=2021-06-01}}</ref>, Brusca fu infine arrestato il 20 maggio [[1996]] in via Papillon, [[Cannatello|contrada Cannatello]] (frazione balneare di [[Agrigento]]), dove un fiancheggiatore gli aveva messo a disposizione un villino, in cui abitava anche il fratello [[Enzo Salvatore Brusca|Enzo Salvatore]] insieme alla moglie<ref name=":5">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/22/brusca-tradito-dalle-sue-donne.html|titolo=BRUSCA ' TRADITO' DALLE SUE DONNE - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-23}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/22/arrestati-blando-la-moglie.html|titolo=ARRESTATI BLANDO E LA MOGLIE - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref>.
L'operazione venne coordinata dal questore di Palermo [[Arnaldo La Barbera]] e condotta dagli uomini della [[Squadra mobile|Squadra Mobile]] palermitana guidati dal commissario [[Luigi Savina]]<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/26/cosi-regna-aglieri-nuovo-padrino.html|titolo=' COSI' REGNA AGLIERI, NUOVO PADRINO' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref>: per identificare esattamente il covo in cui si trovava Brusca, in quanto nella via vi erano diverse villette una accanto all'altra, si adottò lo stratagemma di utilizzare una motocicletta smarmittata guidata da un poliziotto in borghese il quale dava delle forti accelerate al motore portandosi di fronte ai cancelli delle ultime tre ville in modo che il rombo del motore fosse percepibile dall'audio di "fondo" nell'intercettazione telefonica sull'utenza di Brusca<ref name=":7" />; via radio "guidarono" il collega in moto in quel segmento di via, e ascoltando il massimo percepibile del rumore del motore, capirono che quello era il punto esatto e diedero il via al blitz con la frase d’ordine, “''ddrocu è''“.<ref name=":2" /> Alcuni abitanti locali raccontano che gli agenti, non riuscendo a capire perfettamente qual era l'esatta ubicazione della casa di Brusca, irruppero contemporaneamente nelle due villette a destra e a sinistra (oltre che a quella centrale dove poi fu scovato), onde evitare appunto uno sbaglio che avrebbe compromesso l'operazione e potenzialmente favorito la fuga<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/23/davide-cinque-anni-una-vita-da-latitante.html|titolo=DAVIDE, CINQUE ANNI E UNA VITA DA LATITANTE - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-24}}</ref>. Ironia della sorte, al momento dell’arresto, i fratelli Brusca stavano guardando il film [[Giovanni Falcone (film)|''Giovanni Falcone'']] di [[Giuseppe Ferrara]], trasmesso da [[Canale 5]], e vennero ammanettati dall'ispettore Luciano Traina, fratello di [[Claudio Traina|Claudio]], uno degli agenti di scorta uccisi nella [[Strage di via D'Amelio|strage di via d'Amelio]]<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/22/noi-gli-assaltatori-eroi-qui-palermo.html|titolo=' NOI, GLI ASSALTATORI EROI QUI A PALERMO' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-24}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/22/ho-ammanettato-io-il-boia-di.html|titolo=' HO AMMANETTATO IO IL BOIA DI MIO FRATELLO' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref><ref name=":3" />.
L'azione fu molto movimentata e nello stesso tempo velocissima, tanto che alcuni vicini di casa dirimpettai, accorsi alle finestre per il trambusto udito, alla vista di questi agenti non in divisa, armati di mitra, che indossavano il "[[Passamontagna|mephisto]]" nero, abbassarono terrorizzati le tapparelle delle proprie finestre, uscendo da casa solamente il giorno dopo. Nella casa vennero trovati anche decine e decine di [[Pizzino (termine dialettale)|''pizzini'']] scritti da imprenditori e commercianti che chiedevano la
I fratelli Brusca vennero scortati in manette da un convoglio di poliziotti fino alla [[Questura]] di Palermo, dove gli agenti con il volto coperto dal [[passamontagna]] arrivarono con le mitragliatrici alzate tra la folla di curiosi e giornalisti e si abbandonarono a suoni di [[clacson]] ed urla di gioia per la riuscita dell'operazione, immagini che vennero trasmesse da tutte le televisioni nazionali e internazionali e che provocarono numerose polemiche<ref name=":3">{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/21/catturato-brusca-belva-di-cosa-nostra.html|titolo=CATTURATO BRUSCA, BELVA DI COSA NOSTRA - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-24}}</ref><ref name=":4">{{Cita web|url=https://www.corriere.it/foto-gallery/cronache/16_maggio_19/20-anni-fa-arresto-boss-mafioso-giovanni-brusca-84925542-1dc9-11e6-aeb1-6bab54555d1d.shtml|titolo=Mafia, vent'anni fa l'arresto del boss Giovanni Brusca: da Capaci al pentimento|autore=Leda Balzarotti e Barbara Miccolupi|sito=Corriere della Sera|data=2016-05-20|accesso=2021-05-31}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/23/poliziotti-non-ci-stanno-palermo.html|titolo=I POLIZIOTTI NON CI STANNO ' A PALERMO C' E' LA GUERRA QUANDO SI - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref>: il giornalista [[Giorgio Bocca]] scrisse in un articolo molto critico uscito in quei giorni sul quotidiano [[La Repubblica (quotidiano)|''La Repubblica'']] "''... sembra di essere a [[Città del Messico]] la sera che vi entrò [[Pancho Villa]]''"<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/22/lo-spettacolo-di-palermo.html|titolo=LO SPETTACOLO DI PALERMO - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/23/lo-stato-difende-gli-agenti-legittima.html|titolo=LO STATO DIFENDE GLI AGENTI ' LEGITTIMA LA LORO GIOIA' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref>. All'interno della Questura, in segno di vendetta, Brusca venne posto dagli agenti vicino ad una fotografia di [[Giovanni Falcone|Falcone]] e [[Paolo Borsellino|Borsellino]] appesa al muro e fotografato in quella posa<ref name=":4" />; fu inoltre necessario l'intervento dei [[Corpo nazionale dei vigili del fuoco|Vigili del fuoco]] per segare le manette ai suoi polsi poiché la chiave era andata persa nella confusione<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/05/30/brusca-trionfo-italiano.html|titolo=' BRUSCA, TRIONFO ITALIANO' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-05-31}}</ref>.
===La collaborazione con la giustizia===
Brusca decise di collaborare e l’intenzione di voltare le spalle a Cosa Nostra arrivò il 23 maggio, nel giorno del quarto anniversario della strage di Capaci, quando il PM [[Alfonso Sabella]] ricevette una telefonata in codice da un dirigente del Gruppo Operativo Mobile.<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Le chiavi delle manette| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | p=111| ISBN=9788822720573 }}</ref> A giugno, a circa un mese dall'arresto, Brusca iniziò a rendere dichiarazioni ai magistrati delle Procure di [[Palermo]], [[Caltanissetta]] e [[Firenze]]; a raccogliere le sue prime dichiarazioni furono Savina e Sanfilippo i quali per non dare nell'occhio entrarono nel carcere dell'Ucciardone dentro al
Nel [[2000]] Brusca (fino ad allora considerato dalla giustizia solo un "dichiarante") riuscì ad ottenere lo ''status'' di "[[Collaboratore di giustizia (Italia)|collaboratore di giustizia]]", che gli consentì di lasciare il regime carcerario duro previsto dall'[[articolo 41-bis]] e di godere dei benefici previsti dalla legge, compreso un sussidio di {{formatnum:500000}} [[Lira italiana|lire]] al mese per sé e per i componenti della sua famiglia<ref name=":6" />.
Nel corso dei vari processi, Brusca ha pubblicamente chiesto perdono ai familiari delle sue vittime<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/07/15/brusca-ai-di-matteo-perdonatemi.html|titolo=BRUSCA AI DI MATTEO: 'PERDONATEMI' - la Repubblica.it|sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2021-06-02}}</ref><ref>{{Cita web|url=https://www.lasicilia.it/news/cronaca/421107/quando-giovanni-brusca-chiese-scusa-a-tutte-le-vittime-della-mafia.html|titolo=Quando Giovanni Brusca chiese «scusa a tutte le vittime della mafia»|accesso=2021-06-02}}</ref>.
=== La detenzione ===
Detenuto nel
L'autorizzazione suscitò diverse polemiche da parte dell'opinione pubblica.
Nel [[2010]] ricevette, in carcere, un'accusa di riciclaggio, di intestazione fittizia di beni e di tentata estorsione. Il 17 settembre di quell'anno i carabinieri del Gruppo di Monreale, per ordine della Procura di Palermo, effettuarono una perquisizione nella sua cella e, in contemporanea, anche nelle abitazioni di suoi familiari, confiscando a Brusca una parte del suo patrimonio che, secondo gli inquirenti, avrebbe continuato a gestire dal carcere.<ref>{{Cita web|url=https://palermo.repubblica.it/cronaca/2010/09/17/news/il_pentito_brusca_indagato_per_riciclaggio_dal_carcere_gestisce_un_tesoro_nascosto-7155731/|titolo=Il pentito Brusca indagato per riciclaggio "Dal carcere gestisce un tesoro nascosto"|autore=[[Salvo Palazzolo]] |editore=[[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=17 settembre 2010|accesso=8 ottobre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20101102074908/https://palermo.repubblica.it/cronaca/2010/09/17/news/il_pentito_brusca_indagato_per_riciclaggio_dal_carcere_gestisce_un_tesoro_nascosto-7155731/|dataarchivio=2 novembre 2010|urlmorto=no}}</ref> Brusca avrebbe cercato di recuperare soldi di un vecchio investimento immobiliare a Palermo con una lettera dai toni mafiosi inviata alla moglie di un ex fiancheggiatore. Nel registro degli indagati finì anche sua moglie Rosaria Cristiano accusata di riciclaggio: nella sua abitazione in località segreta i militari trovarono 188.000 euro in contanti che sarebbero stati il frutto di attività economiche o della gestione di immobili di cui il pentito non ha mai parlato. Nel luglio del [[2014]] il giudice monocratico della seconda sezione del Tribunale di Palermo respinse la tesi della Procura che aveva chiesto la condanna a un anno di carcere e assolse Brusca dall’accusa di violenza privata per aver tentato di riprendersi con le minacce parte del patrimonio intestato a due coniugi di [[Altofonte]] che aveva usato come prestanome.<ref>{{cita libro| autore-capitolo-nome=Bruno | autore-capitolo-cognome=De Stefano | capitolo=Zone d’ombra| titolo=I boss che hanno cambiato la storia della malavita| curatore= | anno=2018 | editore=[[Newton & Compton]] | città=Roma | ed=1 | p=115-116| ISBN=9788822720573 }}</ref>
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=== La scarcerazione ===
Il 31 maggio [[2021]]
== Condanne ==
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Grazie a Buscetta si fece luce su tanti omicidi, sia politici sia tradizionali, come quelli dei pentiti durante la guerra di mafia, ma anche su quelli dei tanti collaboratori di Falcone, come [[Rocco Chinnici]], [[Giuseppe Montana]] e [[Ninni Cassarà]]. Totò Riina, scottato dalla condanna in primo grado all'ergastolo, si mise in agitazione perché il giudice stava andando troppo oltre, applicando - prima con [[Tommaso Buscetta]], poi con [[Salvatore Contorno]], [[Nino Calderone]] e [[Francesco Marino Mannoia]] - lo strumento della [[collaboratore di giustizia|collaborazione]] dei "pentiti", già sperimentato nella lotta al terrorismo, nelle indagini su Cosa nostra. Per questo motivo, il magistrato fu criticato sia dai colleghi magistrati sia dalla stampa, che gli rimproverò una presunta "voglia di protagonismo". Dopo le critiche, anche aspre, a Falcone fu di fatto impedito di assumere il coordinamento delle indagini sulla mafia<ref>{{cita web|url=http://www.tribunale.teramo.it/aule_udienza.aspx?pnl=falcone|titolo=Un binomio inscindibile|autore=Francesco La Licata|editore=Tribunale di [[Teramo]]|accesso=24 febbraio 2013|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20120804230627/http://www.tribunale.teramo.it/aule_udienza.aspx?pnl=falcone
|dataarchivio=4 agosto 2012|urlmorto=no}}</ref>. Dopo quest'azione di delegittimazione, il 23 maggio [[1992]], al suo ritorno da [[Roma]], dove svolgeva il ruolo di direttore degli affari penali per il ministero di grazia e giustizia, durante il tragitto verso casa, il giudice Giovanni Falcone, che già nel [[1989]] era scampato a un attentato, trovò la morte.
Per commettere il delitto furono assoldati ben cinque uomini, tra cui Giovanni Brusca che fu la persona che fisicamente azionò il telecomando, i quali riempirono di tritolo un tunnel, canale di scolo scavato sotto l'autostrada nei pressi di [[Capaci]] (per assicurarsi la buona riuscita del delitto, ne misero circa 500 kg). Fu una strage ("''l'attentatuni''") nella quale persero la vita Giovanni Falcone, la moglie [[Francesca Morvillo]], e tre uomini della scorta: Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo.
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=== Strage di via d'Amelio ===
{{vedi anche|Strage di via D'Amelio}}
Brusca dichiarò di non aver partecipato fisicamente alla [[Strage di via D'Amelio]], avvenuta il 19 luglio [[1992]] a Palermo in cui persero la vita il giudice antimafia [[Paolo Borsellino]] e la sua scorta,
=== Omicidio di Giuseppe Di Matteo ===
{{vedi anche|Omicidio di Giuseppe Di Matteo}}
Giovanni Brusca decise di affrontare la situazione del pentimento di [[Santino Di Matteo]], detto "Mezzanasca",
Per l'omicidio del piccolo Giuseppe, oltre che Giovanni Brusca, sono stati condannati all'ergastolo i boss [[Leoluca Bagarella]], [[Giuseppe Graviano]] e [[Matteo Messina Denaro]]. Quest’ultimo però,
=== Processo sulla trattativa Stato-Mafia ===
{{vedi anche|Processo sulla trattativa Stato-mafia}}
Il 24 luglio [[2012]] la Procura di Palermo, sotto [[Antonio Ingroia]] e in riferimento all'indagine sulla [[trattativa Stato-mafia]], ha chiesto il rinvio a giudizio di Brusca e altri 11 indagati accusati di ''"concorso esterno in associazione mafiosa"'' e ''"violenza o minaccia a corpo politico dello Stato"''. Gli altri imputati sono i politici [[Calogero Antonio Mannino|Calogero Mannino]]
"Processo per Riina, Provenzano e Mancino"|autore=[[Salvo Palazzolo]]|editore=[[la Repubblica (quotidiano)|la Repubblica]]|data=24 luglio 2012|accesso=8 ottobre 2019|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160413125628/http://palermo.repubblica.it/cronaca/2012/07/24/news/trattati_la_procura_chiede_il_rinvio_a_giudizio-39613634/?ref=HRER2-1|dataarchivio=13 aprile 2016|urlmorto=sì}}</ref>
Il 20 aprile [[2018]] in primo grado, come richiesto dai pubblici ministeri, le accuse nei confronti di Brusca vengono prescritte.<ref>[https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/20/trattativa-stato-mafia-la-sentenza-mori-e-dellutri-condannati-a-12-anni/4305623/ Trattativa Stato-Mafia, sentenza storica: Mori e Dell’Utri condannati a 12 anni. Di Matteo: “Ex senatore cinghia di trasmissione tra Cosa nostra e Berlusconi”]</ref>
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