Codice napoleonico: differenze tra le versioni

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[[File:Code_Civil_1804.png|thumb|Prima pagina dell'edizione originale del 1804.]]
Il '''''Codice napoleonico'''''<ref name="cdn_trec">{{Treccani|codice-civile-napoleonico_(Dizionario-di-Storia)|accesso=15 luglio 2019}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.treccani.it/export/sites/default/scuola/lezioni/storia/L_EREDITA_NAPOLEONICA_lezione.pdf|titolo=L'eredità dell'epoca napoleonica - il Codice|accesso=23 agosto 2020|}}</ref><ref>{{cita web|url=https://dizionaripiu.zanichelli.it/storiadigitale/p/mappastorica/155/la-diffusione-del-codice-napoleonico|titolo=La diffusione del Codice napoleonico|autore=Corrado Malandrino|accesso=23 agosto 2020|dataarchivio=28 novembre 2020|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20201128003719/https://dizionaripiu.zanichelli.it/storiadigitale/p/mappastorica/155/la-diffusione-del-codice-napoleonico|urlmorto=sì}}</ref> (in lingua francese ''Code civil des français'' o ''Code Napoléon'') è il codice civile attualmente in vigore in [[Francia]] e uno dei più celebri del mondo, così chiamato perché voluto da [[Napoleone Bonaparte]]; esso fungerà da modello per tutti i codici successivi ed eserciterà una notevole influenza sulle analoghe raccolte di numerosi paesi al mondo.
 
Redatto da una commissione nominata da Napoleone a inizio '800, venne emanato il 21 marzo 1804<ref name="cdn_trec" /> ed è ricordato per essere stato il primo codice civile moderno, introducendo chiarezza e semplicità delle [[norma giuridica|norme giuridiche]] e soprattutto riducendo a unità il [[soggetto giuridico]]; anche se, sia in [[Austria]] sia in Francia, c'erano già state precedenti codificazioni in materia penale (es: il [[codice penale francese del 1791]]).
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Alla fine del [[XVIII secolo]] in Europa era ancora vigente il sistema di [[diritto comune]] di [[diritto medievale|elaborazione medievale]] che fondava le sue radici nel [[diritto romano]] come era giunto attraverso il ''[[corpus iuris civilis]]'' di [[Giustiniano]]. Per tutta l'[[diritto dell'età moderna|età moderna]] questo era stato affiancato da una moltitudine di altre [[fonte (diritto)|fonti giuridiche]] quali [[scuola dei commentatori|commentari]], raccolte di ''[[consilia]]'', trattati, pareri, compendi a cui si aggiungevano le legislazioni dei monarchi. Tutto ciò aveva causato una sostanziale imprevedibilità nei giudizi che rendeva ancora più frequenti le ingiustizie e le disuguaglianze in un mondo, detto spesso di ''[[Ancien Régime]]'', ancora diviso per classi e basato su un [[monarchia assoluta|potere assoluto]] del sovrano. Già nel settecento molti pensatori, in particolare gli [[illuminismo|illuministi]], avevano messo in luce le criticità del sistema proponendo delle soluzioni adottabili che talvolta [[Dispotismo illuminato|alcuni principi]] cercarono di mettere in pratica.<ref>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|pp. 305-306}}.</ref><ref>{{treccani|illuminismo|Illuminismo}}</ref><ref>{{cita|Del Frate et al., 2018|pp. 220-221}}.</ref><ref name=TreccaniNapoleonico/>
 
Già nel corso del settecento erano stati fatti dei tentativi di riordinare il materiale normativo esistente in maniera chiara e concisa cancellando, o più spesso relegandolo a un ruolo residuale, il vecchio diritto comune. Spesso si trattò, tuttavia, di semplici "consolidazioni" del diritto precedente con il «semplice scopo di facilitare la pratica forense nel reperimento di un materiale spesso disperso o difficile rinvenimento».<ref>{{cita|Del Frate et al., 2018|p. 206}}.</ref><ref name=treccanicodificazione>{{treccani|il-problema-della-codificazione_(Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Diritto)|Il problema della codificazione}}</ref> Ad esempio, nel 1756 era stato promulgato il codice civile bavarese (noto come ''[[Codex Maximilianeus Bavaricus Civilis]]''), moderno per il suo linguaggio chiaro e preciso, ma rimandava ancora al diritto comune in caso di [[Lacuna (diritto)|lacune]],<ref name="Ascheri pp. 250-251">{{cita|Ascheri, 2008|pp. 250-251}}.</ref> mentre [[Ducato di Modena e Reggio]], intorno alla metà del XVIII secolo, si realizzò una "consolidazione" finalizzata a riorganizzare il materiale giuridico già esistente, ma senza l'ambizione di sostituire la produzione precedente che rimase in vigore.<ref>{{cita| name="Ascheri, 2008|pp. 250-251}}.<"/ref> [[Federico II di Prussia|Federico II il Grande]], sul trono di [[regno di Prussia|Prussia]] dal 1740 al 1786, aveva tentato di far redigere un codice civile finalizzato alla «pubblica felicità dei sudditi» in cui le norme fossero espresse in maniera chiara, ma l'impresa naufragò<ref>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|pp. 434-436}}.</ref><ref>{{cita|Ascheri, 2008|pp. 249-250}}.</ref> così come fallì l'analogo progetto del ''[[Codex theresianus]]'' promosso da [[Maria Teresa d'Austria]] per l'opposizione del cancelliere [[Wenzel Anton von Kaunitz-Rietberg]].<ref>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|p. 437-439}}.</ref><ref>{{cita|Ascheri, 2008|pp. 251-252}}.</ref>
 
Una pietra miliare nella [[codificazione]] fu il [[codice leopoldino|codice penale leopoldino]] promulgato nel [[Granducato di Toscana]] il 30 novembre 1786<ref>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|p. 444}}.</ref><ref>{{cita|Ascheri, 2008|pp. 267-268}}.</ref> sebbene che dal punto di vista formale giuridico, anch'esso mancasse degli elementi necessari per essere definito un vero e proprio [[Codice (diritto)|codice]] (nel senso contemporaneo), poiché non abrogava interamente le leggi previgenti ma si limitava a prescrivere la loro interpretazione conforme.<ref name="nota1">{{cita|Di Simone, 2012|p. 70}}.</ref>
 
In questo panorama la [[Francia]] viveva una situazione ancora più stantia, nonostante fosse il «cuore pulsante» dell'illuminismo e degli [[enciclopedisti]]. Da una parte il problema dell'incertezza del diritto si presentava particolarmente critico, tanto che [[Voltaire]] raccnota che «un viaggiatore in questo paese, cambia leggi quasi tante volte quante cambia i cavalli di posta»;<ref group=N>«''Un homme qui voyage dans ce pays change de loi presque autant de fois qu’il change de chevaux de poste''». In {{cita libro|autore=Voltaire|opera=Dictionnaire philosophique|editore=Garnier|volume=tomo 18|titolo=Coutumes|anno=1878|url=https://fr.wikisource.org/wiki/Dictionnaire_philosophique/Garnier_(1878)/Coutumes}}</ref> persino i principi erano differenti, con il sud del paese che seguiva il diritto comune scritto e quello a nord rimasto ancora ad una forma [[consuetudine|consuetudinaria]] risalente all'epoca [[carolingi|carolingia]]a.<ref name=TreccaniNapoleonico>{{Treccani|codice-civile-napoleonico_(Dizionario-di-Storia)|Codice civile napoleonico}}</ref><ref>{{cita|Fassò, 2020|pp. 12-13}}.</ref><ref>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|p. 478}}.</ref><ref name=TreccaniNapoleonico>{{Treccani|codice-civile-napoleonico_(Dizionario-di-Storia)|Codice civile napoleonico}}</ref> Dall'altra parte il governo si dimostrò inadeguato nel portare avanti riforme sostanziali, condannando il Paese a un'arretratezza che sarà poi una delle cause della rivoluzione del 1789. Come ebbe a dire il celebre [[Jean-Étienne-Marie Portalis]], tra i principali autori del futuro codice, la «Francia non era che una società di società» e quindi era impossibile realizzare un progetto di riforma fintantoché il vecchio regime fosse ancora in vigore.<ref>{{cita|Ascheri, 2008|p. 253}}.</ref><ref>{{cita|Del Frate et al., 2018|p. 240}}.</ref>
 
== Genesi ==
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[[File:Jean-Étienne-Marie Portalis by Pierre Gautherot.jpg|miniatura|verticale|[[Jean-Étienne-Marie Portalis]]]]
 
Una nuova commissione, composta di quattro affermati giuristi dalle posizioni moderate, venne incaricata ufficialmente il 12 agosto 1800. Ne facevano parte: il presidente della Corte di cassazione [[François Denis Tronchet]]; il giudice della medesima corte [[Jacques Maleville]] [[Félix-Julien-Jean Bigot de Préamenau]], membro del vecchio [[Parlamento di Parigi]] soppresso dalla Rivoluzione e l'alto funzionario amministrativo (commissario di governo) [[Jean-Étienne-Marie Portalis]]. Portalis sarà poi il principale artefice dell'impresa e autore anche dell'importante ''Discorso preliminare al primo codice civile''.<ref>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|pp. 481-482}}.</ref>
 
I quattro operarono sotto la direzione di [[Jean-Jacques Régis de Cambacérès]] e in soli quattro mesi fu presentata una bozza inviata alla [[Corte di Cassazione|Corte di cassazione]] con lo scopo di ottenere osservazioni in merito; fu chiesto il parere anche del [[Consiglio di Stato (Francia)|Consiglio di Stato]], presieduto da [[Napoleone Bonaparte]] il quale presenziò a circa la metà delle sedute dando il proprio personale contributo soprattutto quando si trattava di discutere i temi più socialmente rilevanti, come il [[divorzio]] o l'[[adozione]]. Dopo oltre 100 sedute il testo venne licenziato e inviato al [[Corpo legislativo|parlamento]] per l'approvazione, non prima però della discussione all'interno del Tribunato. Grazie al prestigio personale dell'imperatore si riuscirono a superare gli ostacoli rappresentati dalle Corti e l'ostruzionismo dell'apparato burocratico. Il [[codice civile dei francesi]], da subito conosciuto anche come "codice napoleonico", entrò quindi in vigore il 21 marzo 1804.<ref name=TreccaniNapoleonico/><ref name="Padoa Schioppa 482">{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|p. 482}}.</ref><ref>{{cita|Fassò, 2020|pp. 13-14}}.</ref><ref name=TreccaniNapoleonico/><ref>{{cita|Del Frate et al., 2018|p. 239}}.</ref>
 
== Descrizione ==
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=== Non eterointegrabilità ===
Una delle più grandi innovazioni del codice napoleonico fu quella di porsi come unica fonte di diritto per i francesi, escludendo qualsiasi altra che fosse anteriore ad esso. La legge del 30 ventoso dell'anno XII (21 marzo 1804), grazie alla quale il codice venne promulgato, disponeva che venivano totalmente abrogate il diritto romano, le ordinanze regie, le consuetudini o qualsiasi altra fonte normativa nelle materie trattate dal codice civile. Con questa veniva di fatto "cancellati secoli di diritto comune" che venivano sostituiti dal nuovo testo.<ref name=Padoa-Schioppa483/>
 
Una scelta così radicale non fu accolta all'unanimità. Già nei tentativi di codice precedenti era declinata la possibilità per il giudice di ricorrere alla "legge naturale o agli usi accolti" in caso che avesse riscontrato una [[lacuna (diritto)|lacuna]] normativa. Lo stesso Portalis difesa una tale impostazione riconoscendo che il codice, per quanto completo ed esaustivo fosse, non avrebbe mai potuto potuto prevedere tutti i casi che da quel momento in poi sarebbero stati posti all'attenzione di un giudice. Nonostante ciò la disposizione venne mantenuta negando anche la possibilità di ricorrere all'[[equità]] come fonte suppletiva e, secondo quanto enunciato dall'articolo 4, al concedere al giudice di rifiutarsi di giudicare per silenzio o oscurità della legge. In questo modo definitivamente "il codice divenne fonte esclusiva non [[Eterointegrazione|eterointegrabile]] con altre fonti da parte del giudice".<ref name=Padoa-Schioppa483>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|p. 483}}.</ref>
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Il codice civile francese del 1804, o codice napoleonico, è composto di {{M|2281}} articoli suddivisi in un titolo preliminare e tre libri.
 
* Titolo preliminare: ''Della pubblicazione, degli effetti e della applicazione della legge in generale'' (articoli dal numero 1 al numero 6). Esso ha al centro l'articolo 4, che impedisce al giudice di ricusare il giudizio e stabilisce l'assoluta impossibilità di eterointegrazione del codice (nascerà qui il metodo del cosiddetto combinato disposto: gli strumenti d'interpretazione d'una norma saranno limitati ai lavori preparatori o ad altre norme del codice stesso).
 
* Libro primo: ''Sulle persone'' (articoli dal 7 al 515). Il «Primo libro» riguarda i diritti della persona e della [[famiglia]]; contiene norme su stato civile, [[matrimonio]] (per la prima volta venne istituito quello civile), [[divorzio]] (conservato da [[Napoleone Bonaparte|Napoleone]], anche se in termini più restrittivi rispetto al 1792), paternità (con la riduzione dei poteri del ''pater familias''), filiazione (con la parificazione tra figli legittimi maschi e femmine, e col riconoscimento di qualche diritto ai figli naturali), capacità d'agire (con la preesistenza della soggezione dei figli alla potestà genitoriale fino al compimento del ventunesimo anno d'età).
 
* Libro secondo: ''Dei beni e della differente modificazione della proprietà'' (articoli dal 516 al 710). Il «Secondo libro» aboliva principalmente il [[feudo]] e i vincoli che esso comportava sulla proprietà, caratterizzata da assolutezza, pienezza ed esclusività. Oltre al diritto reale per eccellenza sono presi in esame gli altri [[diritti reali]] e con essi il [[possesso]], che non è considerato un diritto ma uno stato di fatto.
 
* Libro terzo: ''Dei differenti modi d'acquisto della proprietà'' (articoli dal 711 al 2281). Nel «Terzo libro» confluiscono infine la materia successoria (nella quale si statuiscono la completa equiparazione tra maschi e femmine, il rifiuto del [[fedecommesso]] e dei privilegi a favore di qualche figlio, nonché l'inviolabilità della volontà testamentaria), la materia delle [[Obbligazione (diritto)|obbligazioni]] (le convenzioni legalmente formate hanno forza di legge fra le parti), la materia [[contratto|contrattuale]] (con ampio riconoscimento della volontà contrattuale delle parti, di contratti atipici e di clausole non previste dal legislatore, fatte salve la causa lecita, la certezza dell'oggetto, la capacità contrattuale e l'accordo).
 
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Storicamente, e soprattutto dopo il [[concilio di Trento]] del XVI secolo, il [[diritto di famiglia]] è sempre stato di quasi esclusiva competenza del mondo ecclesiastico e del [[diritto canonico]]. Con la profonda laicizzazione dello Stato a seguito della Rivoluzione francese le autorità civili iniziarono ad avocare a sé anche tale importate campo del diritto. Così, dopo gli eccessi riformistici rivoluzionari, il codice di Napoleone si prese l'onere di disciplinare la vita famigliare cercando di "raggiungere un equilibrio tra tradizione e rinnovamento". Nell'idea degli estensori del codice, al famiglia doveva rappresentare il nucleo fondante della società e che quindi il suo corretto funzionamento fosse presupposto essenziale per garantire l'ordine di tutto lo Stato. Venne così concepita, con l'avallo dello stesso Napoleone, una forma "monarchica" della famiglia sottoposta all'autorità del padre.<ref name=PadoaSchioppa484-485>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|pp. 484-485}}.</ref>
 
Pertanto la [[patria potestà]], messa in discussione dall'ordinamento rivoluzionario, venne pienamente ripristinata benché fosse stata accolta la precedente consuetudine, presente nelle regioni settentrionali francesi, di prevedere l'emancipazione del figlio che avesse raggiunto la maggiore età.<ref>{{cita| name="Padoa-Schioppa, 2007|p. 484}}.<"/ref> L'autorità del padre sul figlio si estendeva fino a prevederne la possibilità di arresto anche se le casistiche che lo rendevano lecito vennero ridotte rispetto agli anni pre-rivoluzionari. Inoltre, il matrimonio dei figli di età inferiore ai 21 e ai 25, rispettivamente per femmine e maschi, doveva essere autorizzato dal padre, mentre un suo formale consiglio era previsto fino al compimento dei trent'anni.<ref name=PadoaSchioppa484-485/>
 
Il divorzio era già stato introdotto durante la Rivoluzione e il codice napoleonico lo confermò sebbene riducendone le cause ammesse. I beni famigliari erano amministrati dal marito in quanto l'articolo 1224 decretava l'incapacità di agire alla moglie alla stregua del minore o dell'incapace. La disparità tra marito e moglie era evidente anche dalle cause di divorzio, infatti l'articolo 220 decretava che il marito potesse "domandare il divorzio per causa d’[[adulterio]]" mentre l'articolo 230 disponeva che la moglie potesse fare lo stesso solo "allorché egli [il marito] avrà tenuta la sua [[concubina]] nella casa comune."<ref name=PadoaSchioppa485>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|p. 485}}.</ref>