Sensibilità (sentimento): differenze tra le versioni

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Storia del significato filosofico del termine: non spetta a wiki diagnosticare se rousseu avesse un carattere sensibile
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Dal XVII secolo, il termine ''sensibilité'' è stato usato più frequentemente in Francia nei discorsi morali, sensuali e amorosi, fino a diventare un [[ideale (etica)|ideale]] etico ed estetico nella narrativa [[illuminismo|illuminista]] inglese e francese del XVIII secolo, in qualità di sentimento della propria [[esistenza]] e come risultato di un'intensa [[introspezione]] dentro di sé.<ref>Eric Voegelin, [https://books.google.it/books?id=czCHCwAAQBAJ&newbks=1&newbks_redir=0&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q=sensibilit%C3%A9%20illuminismo&f=false ''Dall'illuminismo alla rivoluzione''], a cura di Dario Caroniti, Gangemi Editore, 1975.</ref>
In questo periodo fu [[Jean-Jacques Rousseau]], di carattere [[Ipersensibilità (psicologia)|ipersensibile]], a porre l'accento specialmente nei suoi scritti biografici sull'importanza della sensibilità sul raziocinio, descrivendo le proprie sensazioni ed emozioni come preponderanti nello sviluppo della sua filosofia:
{{quote|Ho [[Passione (psicologia)|passioni]] ardentissime e finché mi agitano nulla eguaglia la mia impetuosità [...] Prendetemi nella calma, sono l'indolenza e la [[timidezza]] in persona; tutto mi sgomenta, tutto mi ripugna; ho paura del volo di una mosca; dire una parola, fare un gesto spaventa la mia pigrizia; paura e vergogna mi soggiogano al punto che vorrei eclissarmi agli occhi di tutti i mortali. Se occorre agire, non so che fare; se occorre parlare, non so che dire; se mi si guarda, mi smarrisco. Quando mi appassiono, so trovare a volte le parole da dire; ma nelle conversazioni abituali non trovo nulla, proprio nulla; mi riescono insopportabili solo per questo: sono obbligato a parlare.|J.-J. Rousseau, ''[[Le confessioni]]''}}