Naufragio del Titanic: differenze tra le versioni

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Avevano invece rinunciato al viaggio Lord [[William Pirrie]], il presidente dei cantieri che avevano costruito la nave, e l'ambasciatore americano a [[Parigi]], nonché il famoso scienziato italiano [[Guglielmo Marconi]], il quale era stato invitato ma aveva preferito imbarcarsi su un altro piroscafo, il [[RMS Lusitania|''Lusitania'']]. In prima classe viaggiavano anche l'amministratore delegato della White Star [[Joseph Bruce Ismay]], che aveva avuto l'idea di costruire la nave e ne aveva scelto il nome (ed era sempre stato solito partecipare ai viaggi inaugurali delle imbarcazioni della sua flotta), ed il principale progettista, [[Thomas Andrews (ingegnere)|Thomas Andrews]], che voleva rilevare di persona eventuali problemi. Andrews perse la vita nel naufragio, mentre Ismay s'imbarcò sull'ultima lancia disponibile, un battello pieghevole del tipo "Engelhardt".<ref name="Marcus" />
 
Venne accumulata un'ora di ritardo in partenza in quanto, a causa del risucchio d'acqua causato dal movimento del ''Titanic'' e delle sue grosse eliche, la piccola nave ''New York'', ormeggiata a Southampton nelle vicinanze, ruppe gli ormeggi e si avvicinò pericolosamente al gigante<ref name="Titanic in cifre">[http://www.repubblica.it/online/cinema/titanic/fusco/fusco.html Titanic in cifre] Repubblica.it – 14 gennaio [[1998]]</ref>, evitando la collisione grazie al pronto intervento del comandante Smith, che ordinò di fermare le macchine. Dopo aver attraversato la [[La Manica|Manica]], il ''Titanic'' arrivò in serata a [[Cherbourg]], in [[Francia]], dove stazionò completamente illuminato ed imbarcò alcuni passeggeri, per poi partire qualche ora dopo alla volta di Queenstown (oggi [[Cobh]]), in [[Irlanda]]<ref name="Titanic in cifre" />, dove scesero 7 passeggeri e si imbarcarono numerosi emigranti irlandesi. Ripartì da Queenstown alle 13:30 dell'11 aprile e da quel momento navigò ininterrottamente per 2 643 miglia nautiche (4 895 &nbsp;km) attraverso l'Atlantico prima di schiantarsi contro l'iceberg ed affondare. L'ultima fotografia del ''Titanic'' in navigazione verso [[New York]] venne scattata dallo scoglio di [[Fastnet rock]], mentre la nave transitava nelle sue vicinanze.
Già la sera dell'11 aprile, quando il ''Titanic'' si trovava al largo delle coste irlandesi, gli arrivò un marconigramma con segnalazioni di iceberg nei pressi di Terranova, ma il messaggio non venne mai recapitato al capitano.
Tra il 12 e il 13 aprile arrivarono molti altri messaggi, ma nessuno di essi fu mai recapitato a Smith.
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Scoperta nell'aprile del 2000, questa foto è stata scattata il 20 aprile dal marinaio [[Boemia|boemo]] Štěpán Řehořek, del piroscafo ''Bremen''.<ref>
http://www.encyclopedia-titanica.org</ref>}}
Alle 13:30 del 14 aprile, dopo quattro giorni di navigazione<ref name="Marcus" /><ref name="Titanic, 95 anni fa la tragedia">{{collegamento interrotto|1=[http://quotidianonet.ilsole24ore.com/2007/04/09/4661-titanic_anni_tragedia.shtml Titanic, 95 anni fa la tragedia] |data=aprile 2018 |bot=InternetArchiveBot }}</ref>, il comandante Smith comunicò a Bruce Ismay di aver appena ricevuto dal piroscafo ''[[RMS Baltic (1903)|Baltic]]'' un messaggio che segnalava la presenza di [[iceberg]] a 400 &nbsp;km sulla rotta del ''Titanic''<ref>{{Cita web|url=https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/06/21/quella-notte-di-77-anni-fa.html|titolo= Quella notte di 77 anni fa |sito=Archivio - la Repubblica.it|accesso=2022-04-27}}</ref>: ciò nonostante, il direttore della White Star non diede eccessivo peso alla questione e giudicò sufficiente spostare la rotta del transatlantico sulla ''Outward Southern Track'' (in italiano: "rotta esterna meridionale"), un corridoio di navigazione concordato per le navi di linea.<ref>{{Cita libro|nome=Stephanie L.|cognome=Internet Archive|titolo=Titanic : a night remembered|url=http://archive.org/details/titanicnightreme0000barc|accesso=2022-12-12|data=2006|editore=London : Hambledon Continuum|ISBN=978-1-85285-500-0}}</ref> I due uomini discussero anche della velocità, decidendo di portarla al massimo possibile;<ref name="Ballard" /> nelle precedenti 24 ore erano infatti state percorse ben 546 miglia e c'era la possibilità di arrivare a New York con un giorno di anticipo, cosa che avrebbe indubbiamente fornito un ottimo ritorno pubblicitario per la nave e la compagnia. Non è mai stato chiarito di chi fu la responsabilità finale della decisione.
 
In ogni caso, nell'Oceano Atlantico, l'eventualità di incontrare ghiaccio galleggiante ed il fatto che, anche in presenza di iceberg, le navi di linea viaggiassero ad alte velocità per rispettare o ridurre i tempi erano circostanze assolutamente comuni all'epoca. Questa verità fu confermata durante l'inchiesta britannica successiva al disastro, quando parecchi comandanti (John Pritchard, William Stewart, Alexander Fairfull, Andrew Braes e molti altri) furono interrogati al riguardo. Riduzioni di velocità ed eventuali correzioni di rotta venivano eseguite solo in caso di effettivo avvistamento di un ostacolo; se le vedette, una volta allertate di prestare attenzione, non segnalavano niente di particolare, si procedeva normalmente. Durante il processo sulle cause del naufragio vi fu chi ipotizzò che la compagnia di navigazione avesse espressamente richiesto di rimanere al di sopra dei {{Converti|20|nodi}} di velocità al fine di assicurarsi il prestigioso "[[Nastro Azzurro (premio)|Nastro Azzurro]]" (''Blue Riband''), riconoscimento conferito alla nave più veloce nell'attraversare l'Atlantico, all'epoca detenuto dal transatlantico [[RMS Mauretania|RMS ''Mauretania'']] della compagnia rivale [[Cunard Line]] (la White Star Line aveva fatto costruire il ''Titanic'' e i suoi gemelli [[RMS Olympic|''Olympic'']] e [[HMHS Britannic|''Britannic'']] proprio allo scopo di battere la concorrenza del ''Mauretania'' e del suo gemello [[RMS Lusitania|RMS ''Lusitania'']]).<ref name="Marcus" />
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Alle 22:00 il 1º ufficiale Murdoch subentrò a Lightoller, il quale gli comunicò gli ordini del comandante. Mezz'ora più tardi, alle 22:30, il piroscafo ''Rappahannock'' incrociò il ''Titanic'' e lo informò, con segnali luminosi in codice Morse tramite la lampada, di essere appena uscito da una banchisa circondata da iceberg.<ref name="Marcus" /> Murdoch diede conferma di ricezione e ordinò al lampista di chiudere i boccaporti sul castello di prua, in modo che la luce non ostacolasse la visuale delle vedette;<ref name="Ballard" /> anche il 1º ufficiale, però, non decise di ridurre la velocità della nave. L'esperienza aveva dimostrato che solitamente le montagne di ghiaccio venivano rese visibili dallo scrosciare delle onde alla loro base, cosa che tuttavia non sarebbe potuta avvenire con un mare calmo come in quel momento.<ref name="Marcus" /> Durante l'inchiesta britannica Lightoller specificò che «…l'oceano era liscio come la superficie di un tavolo o di un pavimento; era un fatto veramente eccezionale».<ref name="Marcus" />
 
Alle 23:00 un ultimo marconigramma giunse infine dal mercantile ''[[Californian]]'', che sostava bloccato nella banchisa a poche decine di miglia a nord-ovest dal ''Titanic'', relativo alla presenza di un enorme campo di [[iceberg]] proprio sulla rotta del transatlantico; anche questo messaggio non venne recapitato in plancia e anzi il marconista Phillips rispose con tono seccato all'operatore del ''Californian'' dicendogli di tacere, per aver interrotto i suoi dispacci con la stazione telegrafica di [[Capo Race]], a [[Terranova]]. In generale, vi fu un’eccessiva leggerezza e sicurezza che si impadronì di tutto l'equipaggio. <ref>Parole di Walter Lord, citate nel libro: ''Il ritrovamento del Titanic'', di Robert Ballard.</ref>
 
=== Collisione ===
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Dopo l'avvistamento, istintivamente, [[Frederick Fleet|Fleet]] diede l'allarme suonando tre volte la campana e telefonò alla plancia di comando, dove il sesto ufficiale James Moody gli rispose chiedendogli cosa vedesse, domanda a cui Fleet rispose «''Iceberg, right ahead!''» («''Iceberg, proprio davanti!''»). Il primo ufficiale Murdoch, che in quel momento si trovava al comando della nave, ordinò immediatamente al timoniere [[Robert Hichens]] di mettere tutto il timone a [[Glossario dei termini marinareschi (S-Z)|sinistra]] (babordo), manovra che però avrebbe avvicinato la poppa all'ostacolo, motivo per cui successivamente Murdoch, probabilmente, ordinò una contro-virata a destra (tribordo); venne inoltre dato l'ordine di chiudere le porte stagne. Non è invece chiaro se le macchine furono veramente messe «indietro tutta»: ciò potrebbe non essere vero in quanto una virata con la nave «frenata» dall'azione delle macchine invertite è meno efficace, e Murdoch, ufficiale con quasi trent'anni di esperienza marittima, era quasi certamente a conoscenza di ciò; è certo che non vi fu un'inversione istantanea delle macchine alla velocità di crociera (manovra chiamata ''crash stop''), che avrebbe provocato una forte scossa per tutta la nave, che nessuno ha dichiarato di aver sentito, ed avrebbe addirittura potuto far saltare gli assi e danneggiare i motori. Sicuramente Murdoch fece fermare le macchine, perché il primo ordine ricevuto dai fuochisti fu quello di chiudere gli ammortizzatori delle caldaie per diminuire la pressione del vapore, necessario al pieno funzionamento delle macchine, ma non è chiaro se poi le fece invertire, ordine che avrebbe invece comportato la necessità di alimentare ancor di più le caldaie, quindi continuare a produrre vapore. In ogni caso, la nave viaggiava alla velocità di circa {{Converti|22,5|nodi}} (velocità calcolata subito dopo dal 4º ufficiale Boxhall), troppo alta per riuscire a rallentare e virare nel tempo disponibile per evitare l'impatto, in virtù dell'[[abbrivo]]. La nave sfiorò a [[dritta]] (sulla fiancata di destra) l'iceberg nella sua porzione emersa, ma si scontrò pesantemente con la porzione immersa della montagna di ghiaccio.
 
Dopo il ritrovamento del relitto, in base alla posizione geografica, si scoprì che la velocità effettiva al momento della collisione era di circa {{Converti|20,5|nodi}}.
 
A posteriori è stato ipotizzato che, se Murdoch avesse mantenuto la [[Rotta navale|barra]] dritta, il transatlantico si sarebbe di certo scontrato frontalmente in modo molto violento contro l'iceberg, riportando danni comunque molto seri, con una considerevole perdita di vite umane tra chi occupava le cabine a prua, ma comunque tali da non comprometterne la galleggiabilità e da consentirgli di proseguire a regime ridotto la sua traversata verso [[New York]], dove si sarebbe potuto provvedere alle riparazioni.
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Poco dopo mezzanotte, il 4º ufficiale Boxhall scorse le luci di una nave a circa 10 miglia di distanza (si trattava del già citato ''Californian'') e fu autorizzato da Smith a sparare otto razzi di segnalazione, uno ogni cinque minuti, senza alcun risultato<ref name="Marcus" /><ref name="Ballard" />. Alle 00:15 il comandante si recò personalmente in sala radio per istruire i due marconisti all'invio delle richieste di soccorso<ref name="Marcus" />, che avvennero inizialmente tramite il codice [[CQD]]. A partire dalle 00:45 i marconisti cominciarono ad impiegare anche l'[[SOS]], il nuovo segnale di soccorso introdotto nel [[1908]]. Gli operatori radio al tempo si servivano raramente del nuovo segnale, che cominciò a essere utilizzato universalmente dopo che Harold Bride lo usò a bordo del ''Titanic''. A quell'epoca, inoltre, non tutte le navi avevano apparati radio a bordo, e quelle che li avevano non sempre li tenevano in funzione 24 ore su 24.
 
Diversi bastimenti risposero, tra cui anche la «gemella» ''Olympic''<ref>[http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1998/02/06/il-business-del-titanic-all-asta-gli.html Il business del Titanic all'asta gli ultimi messaggi] [[La Repubblica (quotidiano)|La Repubblica]] – 6 febbraio [[1998]]</ref>, ma erano tutti troppo lontani per intervenire in tempo. L{{'}}''Olympic'' in particolare era anch'esso in navigazione, sulla tratta opposta, ovvero New York-Southampton, ma era a circa 930 &nbsp;km dal luogo della collisione. I suoi marconisti si adoperarono comunque a ritrasmettere i segnali di [[SOS]] verso le altre navi, essendo provvisti di un [[telegrafo]] estremamente potente (analogo a quello del ''Titanic''); a dispetto della grande distanza, l{{'}}''Olympic'' provvide anche ad accelerare, viaggiando addirittura a 23 [[Nodo (unità di misura)|nodi]] per tentare di raggiungere la «gemella», ma non poté fare nulla per salvare i passeggeri del ''Titanic'' poiché era troppo lontana e il tempo non bastò. Arrivò sul luogo del disastro a mattino inoltrato, quando ormai le operazioni di salvataggio erano state terminate.
 
Il primo uomo a ricevere la richiesta di soccorso fu il radioamatore [[Arthur Moore]]<ref>{{cita web|url=http://it.notizie.yahoo.com/il-primo-uomo-che-sent%C3%AC-l-urlo-del-titanic.html?nc|titolo=Il primo uomo che sentì l'urlo del Titanic|accesso=15 aprile 2012}}</ref>. La nave più vicina ad aver risposto era il ''[[RMS Carpathia|Carpathia]],'' distante 58 miglia, a bordo del quale il marconista Harold Cottam, dopo aver ricevuto un messaggio dalla stazione telegrafica di [[Capo Race]] che segnalava la presenza di messaggi privati destinati al ''Titanic'', notificò la cosa al celebre transatlantico, ma ricevette in risposta il segnale di soccorso e, allibito, svegliò di corsa il comandante [[Arthur Rostron]] per comunicare la notizia<ref name="Marcus" />. Rostron tracciò immediatamente un percorso verso l'ultima posizione nota del ''Titanic'', fece predisporre la propria nave all'accoglienza dei naufraghi ed ordinò di invertire la rotta e mettere le macchine avanti tutta, ma il ''Carpathia'' sarebbe giunto sul posto in non meno di quattro ore. L'ultimo messaggio ricevuto dal ''Carpathia'', alle 1:45, diceva: «Vieni il più presto possibile, amico. La nostra sala macchine si sta riempiendo fino alle caldaie.»<ref name="autogenerato2">Dal sito internet: ''Titanic'', di Claudio Bossi</ref>
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=== Fasi finali dell'inabissamento ===
[[File:Titanic sinking gif.gif|thumb|upright=1.8|Una [[Graphics Interchange Format|GIF]] che ritrae il naufragio a colori e in modo semplificato; l'orario è indicato in alto a sinistra]]
Secondo le testimonianze dei sopravvissuti e tramite le ricostruzioni effettuate grazie al relitto, si è stabilito che verso l'1:30 la prua della nave era completamente sommersa, con la poppa fuori dall'acqua. Sembra che le ultime parole del comandante siano state un invito ad essere galanti («''Be British!''», «Siate britannici!») e l'ordine «''Save yourselves, if you can!''» («Si salvi chi può!»), liberando l'equipaggio dal suo lavoro. Il progettista [[Thomas Andrews (ingegnere)|Thomas Andrews]] aveva trascorso le ultime ore cercando di rassicurare passeggeri e camerieri e incitandoli a indossare i salvagente («Dabbasso è in pezzi, ma non affonderà se reggono le paratie poppiere»<ref>''New York Herald'', 20 aprile 1912. Citato in {{Cita|Marcus 1990||Marcus}}.</ref>), fu visto per l'ultima volta dal cameriere John Stewart, in piedi, nel salone fumatori, con lo sguardo fisso su un quadro: ''Il porto di Plymouth'', del pittore Norman Wilkinson<ref name="autogenerato5">Dal sito internet ''Titanic'', di Claudio Bossi.</ref>. Il cameriere (che riuscì a salvarsi) chiese ad Andrews se non voleva fare nemmeno un tentativo, ma Andrews «…restò lì come inebetito»<ref name="Marcus" />. Ida Straus rifiutò di salire sull'ultimo posto dell'ultima lancia per restare accanto al marito [[Isidor Straus]].
 
Anche riguardo a [[Benjamin Guggenheim]] si ha una testimonianza curiosa, secondo la quale egli rifiutò il salvagente, indossò un abito da sera insieme al suo segretario e pronunciò una frase del tipo: «''Ci siamo messi gli abiti migliori e affonderemo come gentiluomini''».<ref name="Marcus" /><ref name="Ballard" /><ref name="autogenerato5" /> La frase passò alla storia, ma non è chiaro a chi fosse rivolta. Il direttore del ristorante [[Luigi Gatti (imprenditore)|Luigi Gatti]] rimase in disparte in mantello e tuba, mentre il milionario J.J. Astor IV – che si era visto rifiutare da Lightoller un posto nella lancia n. 4 accanto alla moglie<ref name="Ballard" /> – rimase sul ponte lance fino alla morte e pare che abbia messo in testa a un ragazzino un cappello da bambina dicendo «Ecco, adesso puoi andare»<ref name="Marcus" />.
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[[File:Titanic-lifeboat.gif|thumb|Sopravvissuti a bordo di una zattera smontabile, visti da bordo del ''Carpathia'']]
 
La quasi totalità dei 706 superstiti risultò consistere nelle persone che avevano preso posto sulle lance, mentre pochissimi furono i sopravvissuti tra quanti si trovavano ancora bordo del ''Titanic'' nella fase finale del naufragio e caddero in acqua dopo l'affondamento. La temperatura era di circa 0 gradi, condizione a cui l'essere umano, senza opportune protezioni, è in grado di resistere al massimo 10 minuti prima di assiderarsi. Gran parte dei naufraghi, infatti, morì appunto per [[ipotermia]] e non per annegamento, dato che quasi tutti indossavano il [[giubbotto salvagente]]. Un caso singolare a tale riguardo fu quello del panettiere [[Charles Joughin]], il quale ingerì una grossa quantità di [[whisky]] prima che la nave iniziasse ad affondare ed affermò che ciò gli permise di rimanere a mollo per circa due ore, prima di riuscire a raggiungere dapprima la pieghevole «B» e in seguito la lancia numero 12, sopravvivendo senza quasi accusare il freddo e riportare sintomi di congelamento, racconto che comunque è molto discusso<ref>[https://www.encyclopedia-titanica.org/titanic-survivor/charles-john-joughin.html Charles John Joughin – Titanic Survivor]</ref><ref>{{cita web|url=http://www.titanicinquiry.org/BOTInq/BOTInq06Joughin02.php|titolo=Testimony of Charles Joughin}}</ref><ref>Joughin attribuì ciò al fatto di essersi ubriacato prima di finire in mare, ma è da rilevare come in realtà l'alcol, pur dando una sensazione di caldo, abbassi la temperatura corporea. Potrebbe essere tuttavia possibile che ciò abbia protetto Joughin dall'iniziale shock provocato dalla caduta nell'acqua gelida, che fu, prima ancora del sopravvenire dell'ipotermia, la causa del decesso di molti dei naufraghi. Va però considerato che l'alcol accelera in realtà il processo di ipotermia, che avrebbe peraltro ucciso piuttosto rapidamente una persona di ridotta corporatura, quale era Joughin.</ref>. Nessuno fu, invece, vittima degli squali, animali comunque presenti a quelle latitudini. Delle circa 1550 persone che erano a bordo del ''Titanic'' nella fase conclusiva dell'inabissamento, quando 18 delle 20 lance erano state calate (le rimanenti due, le pieghevoli «A» e «B», non poterono essere correttamente calate e furono trascinate in mare quando la nave si inabissò), i sopravvissuti furono circa 50-60.
 
Otto membri dell'equipaggio, due dei quali morirono per [[ipotermia]] dopo il salvataggio, furono recuperati dalla lancia numero 4, la penultima a lasciare la nave, che, al comando del timoniere Walter Perkis, si era trattenuta nei pressi del transatlantico allo scopo di imbarcare altri passeggeri dai portelloni laterali (che però furono trovati chiusi) e che si avvicinò agli uomini in mare, recuperando quelli che riuscirono a raggiungerla a nuoto<ref name="tllt">[http://www.titanic-titanic.com/lifeboat_lowering_times.shtml Titanic Lifeboat Launching Times]</ref><ref>gli otto uomini recuperati dalla lancia n. 4 furono l'aiuto cambusiere Frank Winnold Prentice (sopravvissuto), i camerieri Andrew Cunningham (sopravvissuto) e Sidney Conrad Siebert (deceduto a bordo della lancia poco dopo il recupero), lo spalatore di carbone Thomas Patrick Dillon (sopravvissuto), il marinaio William Henry Lions (deceduto a bordo del ''Carpathia'' intorno alla mezzanotte del 16 aprile 1912), l'ingrassatore Alfred White (sopravvissuto), l'addetto alle lampade ad olio Samuel Ernest Hemming (sopravvissuto) ed il fuochista F. Smith, ma di quest'ultimo, del quale non è precisato il nome completo, non vi è traccia nelle liste dei superstiti e dell'equipaggio (un F. Smith, cameriere, figura come disperso): alcuni superstiti affermarono che l'ottavo uomo fosse un passeggero di terza classe.
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* il ''Titanic'' salpò con un incendio in corso all'interno della sala caldaie n. 6; gli operai addetti all'alimentazione delle caldaie non riuscirono a domarlo per un lungo tragitto e tale incendio causò danni maggiori soprattutto sulla paratia stagna che divideva i locali n. 5 e 6. Quando l'acqua invase la sala caldaie n. 6, a seguito della collisione contro l'iceberg, la paratia venne azionata, proprio come tutte le altre, al fine di isolare la sala stessa, ma l'incendio l'aveva indebolita e la pressione dell'acqua ad un certo punto ebbe la meglio, facendola cedere ed invadendo la sala caldaie n. 5, portando così all'allagamento di ben sei compartimenti della nave;
* la nave, strisciando la murata di dritta, urta lateralmente l<nowiki>{{'</nowiki>}}iceberg alle ore 23:40 di domenica 14 aprile 1912. L'impatto, avvenuto ad una velocità di crociera di {{Converti|20,5|nodi}}, deforma in modo permanente una sezione del lato di dritta lunga almeno 90 metri. Ciò si traduce nello squarcio di ben sei compartimenti stagni in quanto i rivetti, per l'immane pressione, saltano uno dopo l'altro creando almeno sei fenditure tra le piastre d'acciaio che – a mo' di mosaico – erano imbullonate sull'intelaiatura dello scafo. Da quel momento in poi il naufragio divenne inevitabile, sebbene alcuni altri fattori possano aver contribuito ad accelerare il processo in atto, siano essi fattori umani (alcuni membri dell'equipaggio aprirono il portello di murata di sinistra nel fallimentare tentativo di calar in mare delle lance da un'altezza inferiore; poiché lo scafo aveva incominciato a inclinarsi a sinistra, il portello non poté più essere richiuso, e quando – verso l'1:50 di lunedì 15 aprile 1912 – la prua s'era abbastanza abbassata, l'acqua entrò copiosamente anche da quell'apertura), o progettuali (la cupola in cristallo che sovrastava il salone della scalinata di poppa non resse alla pressione dell'acqua che pochi secondi; la sua disintegrazione permise all'acqua di inondare assai rapidamente i compartimenti interni della nave). La manovra d'allontanamento della nave dall'[[iceberg]] risparmiò i danni al timone e alle eliche, come era negli intenti dell'ufficiale al comando, il quale – tuttavia – sottovalutò alcuni importanti fattori quali il fatto che l'iceberg era alto circa 30&nbsp;m nella parte emersa (il che significa che era profondo circa 270&nbsp;m nella parte sommersa che, approssimativamente rappresenta circa i 9/10 delle dimensioni totali), che l'[[inerzia]] della nave lanciata a circa {{Converti|21|-|22|nodi}} non poteva evitare la collisione con un iceberg intravisto in condizioni d'emergenza (ad occhio nudo, di notte, all'ultimo istante) nemmeno con l'inversione della propulsione (che, in ogni caso interessava unicamente le due eliche laterali in quanto l'elica centrale non era invertibile, ma solo arrestabile), che l'urto frontale non avrebbe fatto inabissare la nave (in quanto la deformazione della prua avrebbe allagato al massimo quattro compartimenti stagni);
* dopo aver imbarcato acqua per due ore, senza che quasi nulla potesse fare il pieno regime delle pompe che lavoravano per espellerla, la prua incomincia a inabissarsi all'1:50 di lunedì 15 aprile 1912. La prua, nel contempo, incomincia a inclinarsi a sinistra. A questo punto incominciano a esser calate le lance, che erano in numero di venti perché la compagnia armatrice ne aveva radiate 28 su 48, in quanto «toglievano spazio e visuale sul ponte della camminata»;
* alle 2:15 la prua è pienamente sommersa e la pressione dell'acqua piega in avanti il fumaiolo della prima sala-macchine staccandolo. L'acqua penetra anche da questa nuova falla accelerando l'inabissamento della nave;
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* la poppa rimane a galla, in posizione orizzontale solo pochi istanti, giacché l'acqua irrompe copiosa dallo squarcio anteriore, facendola inabissare. L'ultima sezione della poppa si riposiziona in verticale. Prima di scomparire definitivamente dalla vista fa rotolare fuori dallo squarcio tutti gli oggetti pesanti, che s'avvitano velocemente verso il fondo. Da questo momento, i due tronconi della nave cessano di comportarsi come unica sezione e si inabissano seguendo traiettorie differenti;
* la sezione prodiera, pertanto, plana mantenendo un'accentuata angolazione, circa 20°, per {{M|3800}} metri verso il fondo, ad una velocità media di circa {{Converti|30|nodi}}: la conformazione idrodinamica della prua si accentua, avendo essa perso i due restanti fumaioli quasi in linea retta, inclinandosi molto per i primi {{M|1200}} metri di discesa. L'albero di trinchetto si stacca piombando sulla plancia di comando, devastandola, quando la pressione dell'acqua riesce a vincere la tenuta delle saldature (vale a dire verso i 300 metri di profondità). Poco dopo si frantuma la timoniera. La veloce discesa della prua trascina dietro al troncone una colonna d'acqua di 50 tonnellate;
* il troncone di poppa discende verticalmente, ribaltandosi e roteando a spirale in senso orario su se stesso con la parte posteriore puntata verso il basso. Per prima viene persa la sezione corrispondente al punto di frattura dello scafo, già lesionata, ovvero l'intera sezione compresa tra il secondo e il quarto fumaiolo, che precipita sul fondo dritta, aprendo un cratere da impatto e scomponendosi in quattro sottosezioni, tutte presenti ad est di dove precipiterà la sezione poppiera rimanente. La repentina pressione dell'acqua e dell'aria fa letteralmente "esplodere" a circa 150 metri di profondità sia la sezione centrale, sia la sezione poppiera (le sacche d'aria rimaste intrappolate al loro interno implodono e disintegrano i compartimenti-stagni). L'implosione dei ponti con espulsione massiccia dell'aria intrappolata in essi per un attimo blocca l'avvitamento della poppa in senso orario, invertendone il verso, in senso antiorario quasi immediatamente ed accelerandone la velocità a circa 80 &nbsp;km /h. A questo punto, l'intera sezione poppiera si rigira e precipita nell'abisso con la zona puntata (il timone) verso il basso, perdendo nella discesa intere sezioni di ponti, distaccate al momento dell'esplosione. Il crollo dei ponti l'uno sull'altro provoca la lacerazione delle lastre dello scafo, il distacco del doppio fondo, la parziale rottura dell'intera struttura, il suo piegamento, la sua deformazione, il suo schiacciamento e la sua parziale disintegrazione; nell'esplosione si staccano cinque caldaie, da 50 tonnellate cadauna, che precipitano poco lontano dalla poppa e molti altri oggetti e zolle di carbone, che, invece, la corrente farà posare dolcemente sul fondo a debita distanza dopo parecchie ore;
* a causa della forma allargata, entrambe le sezioni, di prua e di poppa, alternano momenti di caduta (con angolo compreso tra i 75° e i 90°), in cui acquistano velocità, a momenti di stallo (con angoli di 15°-20°), in cui la riducono. In cinque minuti di discesa inarrestabile entrambe le sezioni del relitto raggiungono e impattano il fondale marino distruggendosi nel contraccolpo; la sezione di prua, lunga 137 metri, piomba sul fondo ad una velocità stimata di circa 60 &nbsp;km / h e si sommerge nel fango del fondale per 18 metri, mentre la poppa, lunga circa 110 metri, penetra per 15 metri il fango ad una velocità stimata di circa 90 &nbsp;km / h e nel contraccolpo si disintegra quasi del tutto;
* dopo 30 minuti dalla separazione dal troncone di coda, la prua penetra nel fango del fondale marino con un angolo di 20° e una velocità di circa {{Converti|30|nodi}}, cosicché la punta si conficca per 18 metri nel fango, arandolo, mentre il contraccolpo violento piega l'intera sezione incurvandola con la concavità rivolta verso il basso e rompe lo scafo. A questo punto, dopo qualche istante, s'abbatte sul relitto anche la colonna d'acqua che la prua si trascinava dietro. Le 50 tonnellate d'acqua ai 55 - 74 chilometri orari completa la devastazione schiacciando i ponti, facendo saltare le giunzioni delle finestre (che – da chiuse – si aprirono) e facendo espellere il portellone del boccaporto di prua, che viene eiettato ad 80 metri avanti alla prua. La parte posteriore della prua si accascia facendo accartocciare le lamiere di entrambe le fiancate e facendo crollare i ponti;
* il troncone di poppa s'incunea nel fango del fondale lasciando tracce circolari (tuttora visibili a distanza di più d'un secolo) in senso antiorario, col timone seguendo un angolo di circa 25° e viene completamente devastato dallo schianto, con la distruzione totale dei ponti e delle fiancate, che si piegano con un angolo di 90°. La carena dello scafo, nella sezione poppiera, pesantissima a causa delle motrici alternative (che erano rimaste al loro posto), si schianta sul fondo con una tale violenza che i ponti crollano l'uno sull'altro. Il collasso dei ponti ricopre di lamiere entrambe le fiancate e il contraccolpo dovuto all'impatto sul fondale limaccioso sradica l'albero di poppa facendolo abbattere su ciò che rimane dei ponti;
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=== Il caso del ''Californian'' ===
[[File:Ships around Titanic it.jpg|thumb|upright=1.8|Mappa delle navi più vicine durante il naufragio.]]
Un evento che per molti anni restò avvolto nel mistero fu la presenza di una nave all'orizzonte, le cui luci furono viste in lontananza da molti testimoni, che non diede mai alcun segno di vita durante tutto l'arco temporale del naufragio. Gli ufficiali Boxhall e Lowe tentarono di inviare segnali dapprima con il faro, quindi con i razzi bianchi di segnalazione, senza però ottenere alcuna risposta, anche in quanto tali razzi non furono – per la concitazione – sparati nella corretta sequenza, il che rese "incomprensibile" la richiesta d'aiuto; tale nave era distante circa 15 &nbsp;km, quindi sarebbe stata perfettamente in grado di intervenire molto più velocemente del ''Carpathia'', intervenuto quattro ore dopo, che si trovava a 93&nbsp;km di distanza. Si trattava del piroscafo mercantile ''[[SS Californian|Californian]]'', che in quel momento sostava a macchine ferme<ref name="californian">{{collegamento interrotto|1=[http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=908442 Ottant'anni fa la tragedia che costo' la vita a 1490 passeggeri TITANIC il mostro era innocente Solo adesso scagionato il comandante della nave che non accorse in aiuto Non vide il transatlantico, ingannato dalle luci di un'altra imbarcazione. Ora si cerca quel "piroscafo fantasma"] |data=gennaio 2018 |bot=InternetArchiveBot }} La Stampa – 2 marzo 1992</ref>; come già accennato, il suo marconista Cyril Evans, circa quaranta minuti prima che il ''Titanic'' colpisse l'iceberg, inviò un messaggio per allertare le navi vicine che il ''Californian'' si era arrestato a causa dei ghiacci, ma il marconista del ''Titanic'' Jack Phillips, dopo aver sentito la comunicazione ad un volume estremamente elevato a causa della vicinanza tra i due bastimenti, inviò una risposta stizzita, chiedendo di tacere e di non disturbare l'invio dei messaggi personali dei passeggeri alla stazione telegrafica di [[Capo Race]]. Evans rimase in ascolto per alcuni minuti, poi disattivò l'apparecchio radio e si ritirò dal servizio, e per tale motivo il ''Californian'' non poté ricevere il messaggio di allarme del ''Titanic'' e non gli prestò soccorso.
 
Particolarmente suggestiva fu la descrizione che il 2º ufficiale Stone del ''Californian'' diede dell'accaduto, quando affermò di aver visto un razzo bianco levarsi dalle luci di un piroscafo. Anche uno dei fuochisti ebbe la stessa visione:
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Gli scienziati della spedizione del 1997 hanno però dichiarato che l'acciaio impuro rinvenuto nel ''Titanic'' era tipico della produzione corrente all'inizio del Novecento e che probabilmente non si poteva fare di meglio. A quell'epoca l'acciaio veniva prodotto in piccole partite da 70 tonnellate ciascuna<ref name="autogenerato1" />. Questo mette in dubbio la recente ipotesi che la White Star Line abbia voluto risparmiare sui costi di costruzione adottando deliberatamente materiale scadente, fatto poco verosimile su una nave concepita per essere la più comoda ed avanzata tecnologicamente dell'epoca e che come tale era stata presentata. Gli stessi scienziati hanno calcolato che, poco prima della rottura, lo scafo della nave subì una pressione di 3 tonnellate per centimetro quadrato<ref name="autogenerato1" /> a causa dell'eccezionale inclinazione. In pratica la nave non era malcostruita per gli standard dell'epoca, almeno per quanto concerne lo scafo, tanto che nel febbraio 1912 (due mesi prima del disastro) venne aggiunta una fascia d'acciaio di rinforzo al di sotto della linea di galleggiamento, in seguito alla falla che si aprì nel gennaio di quell'anno nell'''Olympic'', il gemello del ''Titanic'', quando, durante una tempesta, erano saltati dei rivetti. [[Edward Wilding]] fece apportare la modifica e il suo progetto è tuttora presente negli archivi della marina britannica.
 
[[Robert Ballard]], il geologo marino che nel [[1985]] ritrovò il relitto, nel suo libro ''Il ritrovamento del Titanic'' cita il professor H. P. Leighly dell'università del Missouri, secondo il quale un certo tipo di acciaio in produzione all'inizio del Novecento poteva diventare più fragile perdendo elasticità al di sotto di una certa temperatura. D'altra parte, secondo Ballard, resta il mistero per cui naufragò una nave «…costruita con criteri di sicurezza avanzati, non soltanto per gli standard del tempo ma anche per i nostri». Sempre secondo Ballard, l'architetto navale K.G. Barnaby scrive nel suo libro ''Alcuni disastri navali e le loro cause'' che le moderne norme di costruzione non rendono le navi più sicure del ''Titanic''. Per esempio, i danni subìti nel [[1956]] da un altro transatlantico rimasto vittima di un celebre naufragio, l{{'}}''[[Andrea Doria (transatlantico)|Andrea Doria]]'' (che si scontrò in mare aperto con la nave svedese [[Stockholm (nave)|''Stockholm'']]), non avrebbero costituito un serio problema per il ''Titanic'', che comunque rimaneva tecnologicamente molto meno avanzato dell{{'}}''Andrea Doria''. La tragedia fu provocata dalla collisione ad alta velocità e non da gravi carenze strutturali. Non bisogna dimenticare – scrive ancora Ballard – che furono ben cinque i compartimenti stagni colpiti e che le probabilità di una collisione di quel tipo sono estremamente basse. Sicuramente, prima del 1912, non si era mai avuta notizia di una nave che avesse sofferto un simile danno<ref name="Ballard" />.
 
Rimane poi il problema dei rivetti posti ad imbullonare le lamiere lungo la sezione di prua e di poppa. Mentre i rivetti della parte centrale dello scafo erano in [[acciaio]] di elevate caratteristiche e venivano installati "sparandoli ad alta pressione" all'interno grazie ad una [[rivettatrice pneumatica]], questo procedimento non era possibile nelle sezioni curve di [[prua]] e di [[poppa]], dove i rivetti dovevano esser materialmente martellati a mano. Il problema è che, manualmente, un uomo non dispone della forza necessaria ad incastrare un rivetto in acciaio di elevate caratteristiche, per cui a prua ed a poppa {{Senza fonte|i rivetti, benché fossero anch'essi stati realizzati in acciaio, si è scoperto in tempi recenti che la loro lavorazione presentava un'alta concentrazione di [[Loppa di altoforno|loppa]], un materiale di scarto che rende più malleabile e meno resistente l'acciaio stesso; del resto la loppa veniva impiegata su tutte le navi dell'epoca. Purtroppo, l'area dello scafo che impattò contro la mole dell'iceberg si trovava a prua, in una sezione in cui i rivetti impiegati erano stati per l'appunto realizzati in acciaio loppato.}} Studi successivi nel [[1998]] e nel [[2006]] hanno comunque avanzato una nuova teoria circa la presenza di bulloni difettosi sulla murata del ''Titanic'', che avrebbero favorito l'apertura delle falle sullo scafo<ref name="ricerca.repubblica.it" /><ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1998/gennaio/28/Nuove_ipotesi_sul_Titanic_sotto_co_0_9801281148.shtml Nuove ipotesi sul Titanic: sotto l'urto dei ghiacci cedettero bulloni difettosi] [[Corriere della Sera]] – 28 gennaio [[1998]]</ref>.
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* In base al fatto che, pur appartenendo ad una società armatoriale statunitense, il ''Titanic'' era una nave immatricolata in Gran Bretagna, costruita secondo le norme britanniche e navigante secondo le regolamentazioni britanniche con un equipaggio britannico, la [[Wreck Commissioner's Court]] britannica aprì a sua volta un'inchiesta, martedì 30 aprile 1912, su formale richiesta del ministro della giustizia, [[Robert Threshire]] martedì 23 aprile 1912. L'inchiesta del ''British Board of Trade'' in [[Inghilterra]], che si svolse tra giovedì 2 maggio e mercoledì 3 luglio, fu invece presieduta e condotta (assieme ad altri cinque pari grado) dal settantunenne [[John Charles Bigham]], barone Mersey of Tixteh, (Lord Mersey), che nel [[1915]] avrebbe presieduto anche l'inchiesta relativa all'[[affondamento]] del ''[[RMS Lusitania|Lusitania]]''. Le sedute si tennero inizialmente nella [[Drill Hall]], sala di ripetizioni del [[London Scottish Regiment]] a [[Buckingham Gâté]], a [[Londra]], non lontano da [[Buckingham Palace]], per poi esser trasferite alla [[Caxton Hall]] per gli ultimi due giorni. La commissione britannica era tecnicamente competente e si avvaleva anche della consultazione dei progetti di costruzione della nave, delle mappe con le rotte nell'Atlantico Settentrionale e di un modellino della medesima in scala 1:72, lungo 6 metri e fornito dai [[Cantieri Harland & Wolff]] ove venne costruito il ''Titanic''. Vennero interrogate 97 persone, tutte britanniche, al loro rientro da New York, le quali vennero obbligate a rimanere a Londra per gli interrogatori. L'inchiesta britannica biasimò il mancato soccorso da parte del Californian e criticò il comandante Smith per gli stessi motivi espressi dalla commissione statunitense. L'equipaggio venne soltanto criticato per aver calato in mare la prima lancia con poche persone a bordo.
 
Entrambe le inchieste raccolsero le testimonianze dei passeggeri e degli equipaggi, sia di quelli del ''Titanic'' sia di quelli del ''Californian'', oltre che quelli di vari esperti. Come conseguenza del mancato funzionamento della radio sul ''Californian'' durante la notte, 29 nazioni ratificarono nel [[1912]] il ''[[Radio Act]]'', che regolamentava l'uso delle comunicazioni radio in mare. Il disastro portò alla stesura della prima ''[[convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare]]'', a [[Londra]], il 20 gennaio [[1914]]. Il 20 gennaio [[1915]] la conferenza siglò un trattato che stabilì il finanziamento internazionale dell{{'}}''International Ice Patrol'', un'agenzia della guardia costiera americana che ancora oggi controlla e segnala la presenza di [[iceberg]] pericolosi per la navigazione nel nord Atlantico.
 
Si stabilì inoltre che le lance di salvataggio installate su ogni nave dovessero essere sufficienti per tutte le persone a bordo, che venissero svolte le opportune esercitazioni di addestramento per le emergenze, che le navi dovessero mantenere attive le apparecchiature per le comunicazioni radio 24 ore su 24 e dovessero avere un generatore di emergenza con autonomia di un giorno e che lo sparo di un razzo di segnalazione rosso da una nave dovesse essere interpretato come richiesta di soccorso.
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Il desiderio di trovare il [[relitto]] del ''Titanic'' nacque già poco dopo il naufragio. I rilievi batimetrici, già nel [[1912]], indicavano una profondità oceanica intorno ai {{M|3800|ul=m}} nella zona della sommersione, troppo grande per la tecnologia dell'epoca, tenendo conto che la pressione che l'acqua genera a quella profondità è pari a circa {{Val|380|ul=kg/cm2}}. Oggi è noto che il relitto giace a circa {{M|1600|ul=km}} di distanza da New York e a circa {{M|650|ul=km}} da [[Capo Race]] a Terranova (al momento del ritrovamento venne indicata una distanza di 375 miglia da [[Saint John's (Canada)|St. John's]] e {{M|1000}} [[Miglio nautico|miglia]] da [[Boston]]). Al tempo si calcolava che il relitto fosse al largo dei [[Grandi Banchi di Terranova|Banchi di Terranova]], a circa 900&nbsp;km da Capo Race, alle coordinate – poi dimostratesi errate – di 41°46' N di [[latitudine]], 50° 14' W di [[longitudine]].
 
Nessun tentativo fu compiuto fino al 1º settembre [[1985]], quando una spedizione congiunta franco-americana<ref>Per la valenza anche militare della spedizione oceanografica, v. [https://www.lastampa.it/2018/12/14/societa/tutto-ci-che-sapevate-sulla-scoperta-del-relitto-del-titanic-non-era-vero-la-confessione-del-militare-alla-cnn-z3FHBszpkV161frv5oHd4O/pagina.html ''Tutto ciò che sapevate sulla scoperta del relitto del Titanic non era vero, la confessione del militare alla Cnn''] {{Webarchive|url=https://web.archive.org/web/20190402104315/https://www.lastampa.it/2018/12/14/societa/tutto-ci-che-sapevate-sulla-scoperta-del-relitto-del-titanic-non-era-vero-la-confessione-del-militare-alla-cnn-z3FHBszpkV161frv5oHd4O/pagina.html |date=2 aprile 2019 }}, ''La Stampa'', 14 dicembre 2018.</ref>, condotta da Jean-Louis Michel e [[Robert Ballard]] del [[Woods Hole Oceanographic Institution]], localizzò il relitto, grazie alla strumentazione di robot quali l{{'}}''Argo ''e l'ANGUS. L'anno successivo Ballard si recò nuovamente sul posto e fotografò il relitto con l'ausilio del sommergibile ''[[DSV Alvin|Alvin]]'', a 22&nbsp;km di distanza dal luogo dove si supponeva si trovasse<ref>{{cita articolo|url= http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/09/08/ecco-inaffondabile-titanic-fotografato-quattromila-metri.html |titolo= Ecco l'"inaffondabile" Titanic fotografato a quattromila metri |rivista= La Repubblica |data= 8 settembre 1985 }}'</ref>. Esso giace a circa 486 miglia dall'isola di [[Terranova]], ad una profondità di {{M|3787|ul=m}}, su un fondale fangoso, ai piedi della scarpata continentale nordamericana, pertanto proprio sulla piana abissale. Le coordinate esatte sono: {{coord|41|43|55|N|49|56|45|W}}.
 
La scoperta più interessante fu che la nave si era spaccata in due tronconi, con la sezione di [[poppa]] situata a 600 metri di distanza dalla [[prua]] e rivolta in direzione opposta. C'erano testimonianze discordanti sul fatto che la nave si fosse spezzata e le inchieste successive conclusero che la nave si era inabissata intatta<ref>[http://archiviostorico.corriere.it/1998/marzo/30/nave_scivolo_silenziosa_lontano_noi_co_0_98033012439.shtml ''La nave scivolò silenziosa, lontano da noi, nell'abisso''], ''Corriere della Sera'', 30 marzo 1998.</ref>. Per esempio, il 2º ufficiale Lightoller e il colonnello Gracie affermarono sempre che lo scafo naufragò intatto<ref name="autogenerato1" />, e così pure Lawrence Beesley nel suo libro ''The Loss of the Titanic''. Secondo i disegni riportati nel libro di Ballard<ref name="Ballard" />, è probabile che la rottura si sia verificata poco sotto il livello dell'acqua, facendo così intuire (non vedere) l'avvenuta rottura. Ciò che i testimoni videro fu infatti l'improvvisa discesa del ponte di poppa sulla superficie, per poi rialzarsi in posizione verticale<ref name="Ballard" />.
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Alternativamente, vi è la concreta possibilità che la fine del relitto non sia quella di esser ridotto in ruggine, bensì di esser sepolto. Nel 2012 una spedizione organizzata dalla [[National Geographic Society]] ha rilevato un imponente sistema di dune sabbiose, più elevate del relitto stesso, che stanno muovendosi lungo il fondale in direzione nord-ovest verso sud-ovest e che nel giro di un trentennio potrebbero ricoprire totalmente il relitto, creando un ambiente anaerobico, che preserverebbe lo scafo dalla corrosione batterica ma che impedirebbe di vederlo, rendendo inutile qualsiasi altra missione scientifica.
[[File:Detached rusticles hires.jpg|thumb|[[Rusticles]] sul relitto del Titanic causati dall{{'}}''[[Halomonas titanicae]]'', scoperto nel [[2010]]]]
 
=== Oggetti ===
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Il 6 maggio [[2006]], all'età di 99 anni, è morta negli [[Stati Uniti d'America]] l'ultima persona sopravvissuta al naufragio che aveva ricordi relativi ad esso, [[Lillian Asplund|Lillian Gertrud Asplund]]; nata nel [[1906]], aveva cinque anni al momento del disastro<ref>{{cita articolo|url= http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2006/05/08/addio-alla-bimba-del-titanic.html |titolo= Addio alla bimba del Titanic |autore= Vittorio Zucconi |rivista= Corriere della Sera |data= 8 maggio 2006}}</ref>. Gli altri due superstiti ancora in vita all'epoca che avevano vissuto il naufragio erano troppo piccoli per poter avere memoria dell'accaduto: la prima era [[Barbara West|Barbara West Dainton]], nata nel [[1911]], che è morta il 16 ottobre [[2007]] a 96 anni e all'epoca aveva solo 10 mesi, mentre la seconda era [[Millvina Dean|Elizabeth Gladys "Millvina" Dean]] (nata il 2 febbraio [[1912]]), che aveva invece solo 71 giorni all'epoca del disastro, risultando la persona in assoluto più giovane sul transatlantico, e fu l'ultima a morire tra i superstiti della tragedia, il 31 maggio [[2009]], a 97 anni.<ref>{{cita web|url= http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200906articoli/44229girata.asp |titolo= È deceduta Millvina, l'ultima superstite del naufragio del Titanic |urlarchivio= https://web.archive.org/web/20090607233501/http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/200906articoli/44229girata.asp |dataarchivio= 7 giugno 2009 |rivista= La Stampa |data= 1º giugno 2009}}</ref>
 
Winnifred Vera Quick Van Tongerloo (Plymouth, 23 gennaio [[1904]] – East Lansing, 4 luglio [[2002]]), sopravvissuta al naufragio, non partecipò mai a nessun evento organizzato al riguardo<ref>Su di lei vedi in [http://www.titanichistoricalsociety.org/people/winnifred-van-tongerloo.asp titanichistoricalsociety.org] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20080111180651/http://www.titanichistoricalsociety.org/people/winnifred-van-tongerloo.asp |data=11 gennaio 2008 }}, e nel [https://query.nytimes.com/gst/fullpage.html?res=9E01EEDF1030F931A25754C0A9649C8B63 nytimes.com].</ref>.
 
Alcuni casi singolari sono rappresentati da persone che al momento del disastro non erano ancora nate ma le cui madri erano incinte al momento del naufragio e rimasero vedove in occasione di esso. Ellen Mary (Betty) Phillips nacque l'11 gennaio [[1913]] (quasi nove mesi esatti dopo il naufragio, quindi potrebbe essere stata concepita sul ''Titanic'') e morì nel novembre [[2005]], i genitori erano [[Henry Samuel Morley]] (deceduto) e [[Kate Florence Phillips]], che viaggiavano col falso nome di Marshall, in quanto erano una coppia clandestina avendo lui lasciata la vera moglie.