Vincenzo Calmeta: differenze tra le versioni

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{{Citazione|La folla abitante della felice selva si stupisce del fanciullo per la grazia nella voce; soprattutto dal tuo canto è allietata la desiderata Beatrice, e compiacente riconosce le proprie lodi, e infine, deposta la lira, lo prende per mano e portandolo con sé tra le amene ombre gli chiede di te, Calmeta, del tuo canto armonioso, e ti perdona volentieri i successivi amori.|Epicedion di Pier Francesco Giustolo.<ref>[https://www.google.it/books/edition/Medioevo_e_umanesimo/zJw2AAAAIAAJ?hl=it&gbpv=0&bsq=felicis%20nemoris%20pueri%20cum%20voce%20decorem%20Beatrix Medioevo e umanesimo], Volume 17, 1974, pp. 276 e 309.</ref>|[...] stupet accola turba / felicis nemoris pueri cum voce decorem; / praecipueque tuo cantu affectata Beatrix / mulcetur propriosque libens agnoscit honores / ac demum posita pueri testudine dextram / abripit et, secum per amoena umbracula ducens, / de te deque tuis fidibus, Calmeta, sonoris / quaeritat et curis ignoscit sponte secundis.|lingua=lat}}
 
Si tratta del compianto per un giovane poeta di recente defunto, il quale era stato allievo di Vincenzo: la scena si svolge nella selva ultraterrena, dove il fanciullo allieta le anime dei defunti con le canzoni che Vincenzo gli ha insegnato, e dove appare inaspettatamente una Beatrice che altri non può essere che la stessa duchessa Beatrice d'Este, già morta al principio delda 1497anni. Da ciò si comprende che Vincenzo aveva continuato a scrivere poesie in sua memoria, le quali insegnò al proprio allievo: riconosciutele, Beatrice prende per mano il fanciullo defunto e lo interroga sul benestare di Vincenzo, dicendo di perdonarlo per le sue "curis secundis", verosimilmente traducibile con "successivi amori", in quanto intrattenuti dopo la morte della duchessa. In seguito, in una successiva edizione dell'epicedio, il nome di Vincenzo venne rimosso, mentre quello di Beatrice subì varie sostituzioni: si tentò dapprima di trasformarlo in quello di una anonima Lycore; fallito questo tentativo, il nome ''Beatrix'' venne trasformato in ''Hermosine'', misteriosa donna amata da [[Angelo Colocci]].<ref name=":10">Medioevo e umanesimo, Volume 17, Editrice Antenore, 1974, pp. 276, 309-313.</ref> Si trattò di un vero e proprio "furto letterario" perpetrato dal Colocci ai danni del Calmeta, al cui nome sostituì il proprio come dedicatario fittizio nell'epicedio del Giustolo, probabilmente dopo la sua morte nel 1508. Questa fu la versione che andò a stampa.<ref name=":9">Lettere italiane, Volume 34, Giuseppe Searpat, Leo S. Olschki Editore, 1982, p. 138.</ref> Esso fu invece presumibilmente composto dal Giustolo a [[Fano]], nel 1501, e inviato a Napoli al Calmeta, il quale era allora al servizio del Valentino. I veri nomi dei protagonisti furono riscoperti solo nella seconda metà del XX secolo da [[Augusto Campana]].<ref name=":10" /><ref name=":9" />
 
I ''Triumphi'' iniziano col poeta che piange la prematura morte della "sua cara compagna" [[Beatrice d'Este|Beatrice]], e si esprime addirittura con queste struggenti parole: