Vincenzo Calmeta: differenze tra le versioni
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Secondo [[Alessandro Luzio]], già prima del 1502 Vincenzo si pavoneggiava del favore accordatogli da [[Isabella d'Este]], moglie di Francesco. Secondo Stephen Kolsky, l'odio del marchese non sarebbe derivato da gelosia ma, al contrario, da una difesa della moglie e della sorella, le quali sarebbero state infamate da Vincenzo: in seguito alle feste ferraresi per le nozze di [[Lucrezia Borgia]] con [[Alfonso I d'Este|Alfonso d'Este]] fu diffusa una lettera, proveniente dall'Accademia romana e diretta proprio alle due donne, in cui la marchesa Isabella era descritta come una mangiona, avida e sciatta che, pur non essendo più tanto giovane, si conciava in modo tale da volere sembrare un ragazzina. Si diceva che l'autore fosse lo stesso Vincenzo, ma questi aveva più volte dichiarato che non era suo costume "lacerare", cioè infamare, gli altri, e lo stesso [[Mario Equicola]] ne reputava piuttosto autore Mario Bonaventura, che avrebbe voluto incastrare Vincenzo.<ref>[https://www.google.it/books/edition/Mario_Equicola/XvCTFZnIXf4C?hl=it&gbpv=0 Mario Equicola: The Real Courtier], Stephen Kolsky · 1991, pp. 69-70.</ref> Del resto non si spiegherebbe altrimenti come, a dispetto degli odi del fratello, Elisabetta Gonzaga riservasse sempre a Vincenzo la propria più sincera e appassionata amicizia,<ref name=":2" /> né come Isabella fosse in ottimi rapporti col Calmeta ancora nel 1504.<ref name=":4" /> Questa predilezione avrebbe addirittura causato a Elisabetta un litigio con Francesco, che le negò la propria ospitalità.<ref>[https://www.google.it/books/edition/Archivio_della_Societ%C3%A0_romana_di_storia/vF0KAAAAIAAJ?hl=it&gbpv=0 Archivio della Società romana di storia patria], Volume 16, Società romana di storia patria, Deputazione romana di storia patria · 1893, p. 528.</ref> Secondo Cecil Grayson, invece, il marchese si adirò non per le presunte offese rivolte alla moglie, bensì per quelle rivolte alla sua amante Teodora Suardi, forse anche facendo risaltare il contrasto tra la prima e la seconda.<ref>Prose e lettere edite e inedite, con due appendici de altri inediti, di Vincenzo Calmeta, Cecil Grayson, Commissione per i testi di lingua, Bologna, 1959, pp. XXVIII-XXIX.</ref>
Certamente da ciò si comprende "quanto interesse doveva portargli Elisabetta",<ref name=":2" /> se per causa sua correva persino il pericolo di entrare in contrasto con l'amato fratello, come in effetti accadde.<ref>Archivio ..., Volume 16, Società romana di storia patria, 1893, p. 528.</ref> Difatti "la relazione del Calmeta con Elisabetta durò inalterata per anni parecchi", fino alla sua morte.<ref name=":2" /> In una scena narrata nel ''[[Il Cortegiano|Cortegiano]]'' di [[Baldassarre Castiglione]] (ambientato nel 1507 ma scritto diversi anni dopo) "l'irreprensibile Elisabetta, che ha scelto di essere ''vidua'' [vedova] ''in vita'' dell'impotente Guidobaldo" si mostra in pubblico con una lettera S sulla fronte, sul significato della quale i suoi cortigiani si interrogano: "forse cela nell'emblema che le orna la fronte un desiderio segreto relativo alla tanto agognata, impossibile maternità. O forse un segreto vincolo d'amore". Nell'opera è detto che [[Bernardo Accolti|Unico Aretino]] risponde alla sfida con la composizione estemporanea di un sonetto, ''Per segno del mio amor nel fronte porto'', il quale indica appunto il significato principalmente amoroso di quella S sulla fronte, che varia poi in base alle diverse situazioni.<ref>La rivista di engramma 2010 82-86, Edizioni Engramma, 2019, Raccolta dei numeri di 'La Rivista di Engramma' (www.engramma.it) 82-86 dell'anno 2010, pp. 347-348.</ref> In verità tale sonetto, attribuito da Castiglione all'Aretino, uscì a stampa già nel 1502 sotto il nome di Vincenzo Calmeta.<ref>Il Libro di poesia dal copista al tipografo: Ferrara, 29-31 maggio 1987, Edizioni Panini, 1989, p. 166; Forme e vicende: per Giovanni Pozzi, Ottavio Besomi, Antenore, 1988, p. 144.</ref>
"Tratto spiccato della sua vita riesce il grande favore in cui lo ebbero le maggiori donne del tempo: Beatrice, Elisabetta, e insieme con esse anche la sorella dell'una e cognata dell'altra, Isabella Gonzaga; nobili sembianze, frammezzo alle quali produce effetto singolare il veder sporgere il truce suo viso Cesare Borgia".<ref name=":13">Scritti di filologia e linguistica italiana e romanza, Volume 2, Pio Rajna, Salerno, 1998, p. 921.</ref>
</blockquote>In questo periodo Vincenzo si dedicò intensamente all'approfondimento dello studio sulla [[lingua cortigiana]] elaborando la sua [[teoria]] e dimostrò, nei ''"Nove libri della volgare poesia"'', oggi andati perduti, nelle "Annotazioni e iudìci" e nella nota "Vita di Serafino Aquilano" pubblicata a [[Bologna]] nel [[1504]], di essere uno tra i più validi critici del tempo. Questi libri gli causarono l'avversione e l'inimicizia di [[Pietro Bembo]], col quale era inizialmente in buoni rapporti. Morì infine a Roma nell'agosto del 1508.<ref name=":2" />
== Aspetto e personalità ==
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==== Perdute ====
#''Nove libri del''<nowiki/>''la volgare poesia'': dedicati a Elisabetta Gonzaga,<ref name=":13" /> furono l'esposizione della sua teoria sulla lingua;<ref name=":5" />
#''Amoroso Pelleg''<nowiki/>''rinaggio'': [[prosimetro]] in tre libri, mai terminato;<ref name=":5" />
#La ''[[epitome]] del''<nowiki/>''la inclinazione dello Imperio infino al tempo di Sisto IIII sopra la varietà d'Italia, dove poi incomincia istoria della varietà della fortuna de' tempo suoi in XII libri distinta'': opera storica in dodici libri che copriva gli anni dal 1453, [[Assedio di Costantinopoli (1453)|conquista di Costantinopoli]], al 1502, con la [[Guerra d'Italia del 1499-1504|discesa in Italia di Luigi XII]], narrando tutti i principali avvenimenti e i loro protagonisti. Il dodicesimo libro costituiva una sorta di rassegna delle donne più famose d'Italia, fra cui [[Bona di Savoia]], [[Eleonora d'Aragona (1450-1493)|Eleonora d'Aragona]], [[Isabella d'Aragona (1470-1524)|Isabella d'Aragona]], [[Beatrice d'Este]], [[Isabella d'Este]], [[Elisabetta Gonzaga]], [[Lucrezia Borgia]], [[Caterina Sforza]], [[Sancia d'Aragona]] e molte altre. Perdita irrimediabile per la nostra conoscenza del periodo storico.<ref name=":5" /><ref>{{Cita|Grayson|pp. 118-122}}.</ref>
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