Codice napoleonico: differenze tra le versioni

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=== Concetto della proprietà ===
Il codice fa del concetto di [[Proprietà (diritto)|proprietà]], definita all'articolo 89 come «sacra e inviolabile», uno dei suoi cardini tanto che vi dedica gran parte del terzo libro. Riprendendo le teorie giusnaturalistiche, essa è considerata un [[diritto naturale]] e quindi inalienabile. All'articolo 544 la definizione viene estesa chiarendo che la proprietà è «il diritto di godere e disporre delle cose nel modo più assoluto» rigettando in pieno il concetto del [[dominio diviso]] e del [[feudo]] tipici del [[diritto medievale]]; tuttavia lo stesso articolo pone una attenuazione alla proprietà chiarendo che tale diritto è vincolato a che «non se ne faccia un uso proibito dalle leggeleggi o dai regolamenti» consentendo così anche l'[[espropriazione per pubblica utilità]]. L'importanza data alla proprietà si spinge a tal punto che ne diventa una caratteristica quasi imprescindibile della figura del cittadino a cui il diritto di voto è concesso solo nel caso che possa vantare un certo patrimonio.<ref name=Padoa-Schioppa.484>{{cita|Padoa-Schioppa, 2007|p. 484}}.</ref>
 
Prima dell'introduzione del codice, il trasferimento della proprietà era diverso tra il nord della Francia, dove il suo perfezionamento avveniva con il consenso dei contraenti, e le regioni del sud che seguivano la tradizione romanistica che prevedeva la consegna (''[[traditio]]'') della cosa. Sulla base di considerazioni giusnaturalistiche prevalse il consenso che venne ben esplicitato nell'articolo 1138 («L'obbligazione di consegnare la cosa è perfetta col solo consenso dei contraenti»). Per i beni mobili, invece, l'articolo 2279 prevedeva che "il possesso vale il titolo.<ref name=Padoa-Schioppa.484/>