Logica trascendentale: differenze tra le versioni
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Un giudizio, strutturato come sia quanto a quantità, qualità e relazione, può poi essere considerato secondo vari gradi di forza<ref>Questa forza è oggi chiamata [[forza illocutoria]] e trattata nella [[pragmatica]] (cfr. {{cita|Buroker|p. 85}}).</ref> (cioè quanto alla modalità), dal giudizio meramente possibile (problematico) a quello vero (assertorio) fino a quello necessario (apodittico). Ad esempio, in un giudizio ipotetico, l'antecedente ''p'' è dato come problematico ("se ''p'', allora..."). Lo stesso nei giudizi disgiuntivi ("o ''a'' o ''b''"). Ma ''p'', in altri giudizi, può apparire come vero o come necessario. Non esistono esponenti specifici per la modalità.<ref name=kovac/> Scrive Kant al proposito:
{{citazione|La modalità dei giudizi è una loro funzione del tutto particolare, la quale ha in sé la caratteristica, di non contribuire per nulla al contenuto del giudizio (dato che, al di fuori di quantità, qualità e relazione, non vi è null'altro che costituisca il contenuto di un giudizio), ma di riguardare soltanto il valore della copula in rapporto con il pensiero in generale.<ref>{{Cita|''Critica della ragione pura''|p. 128|Colli}}.</ref>}}
La modalità, quindi, ha per Kant valore soggettivo (dunque epistemico e non ontologico).<ref
Giudizi singolari (''iudicia singularia'') e giudizi infiniti (''iudicia infinita'') sono distinti da Kant solo in rapporto alla logica trascendentale (non dunque alla logica generale); essi sono tipi speciali di giudizio<ref name=kovac/> e hanno un rilievo nella logica trascendentale perché essa "considera il giudizio anche secondo il valore o contenuto di questa affermazione logica [...] ed esamina quale guadagno essa procuri riguardo alla conoscenza complessiva"<ref>{{Cita|''Critica della ragione pura''|p. 126|Colli}}.</ref>.
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Il rapporto tra l'unità analitica nelle forme del giudizio e l'unità sintetica nei concetti puri, con il passaggio dalla tavola dei giudizi alla tavola delle categorie, è uno degli aspetti più contorti e discussi di tutta l'opera. Il punto in cui Kant cerca di illustrare questo passaggio è controverso e ampiamente discusso dagli studiosi. Esso recita:
{{citazione|La medesima funzione, che fornisce unità – in un solo giudizio – alle differenti rappresentazioni, fornisce altresì unità – in una sola intuizione – alla semplice sintesi di diverse rappresentazioni: tale unità, con espressione generale, si chiama il concetto puro dell'intelletto. Perciò il medesimo intelletto – e proprio attraverso i medesimi atti con cui esso, mediante l'unità analitica, ha realizzato nei concetti la forma logica di un giudizio – introduce altresì un contenuto trascendentale nelle sue rappresentazioni, mediante l'unità sintetica del molteplice nell'intuizione in generale. Per questa ragione, tali rappresentazioni si chiamano concetti puri dell'intelletto, i quali si riferiscono ''a priori'' ad oggetti: ciò non può essere fornito dalla logica generale. In tal modo, sorgono proprio altrettanti concetti puri dell'intelletto – i quali si rivolgono ''a priori'' a oggetti dell'intuizione, in generale – quante erano, nella nostra precedente tavola, le funzioni logiche in tutti i giudizi possibili. In effetti, le suddette funzioni esauriscono pienamente l'intelletto, e misurano totalmente la sua capacità.<ref>{{Cita|''Critica della ragione pura''|p. 132|Colli}}.</ref>}}
Guyer parafrasa il passaggio in questi termini: "i modi generali in cui l'intelletto deve concepire le intuizioni come oggetti dei propri giudizi sono determinati dai modi in cui l'intelletto struttura i giudizi stessi"<ref>{{cita|Guyer|p.
Mentre la tavola dei giudizi aveva offerto una raccolta completa delle forme logiche di giudizio (la cui natura è essenzialmente logico-sintattica), con la tavola delle categorie Kant intende mostrare che questa sintattica generale ha anche un uso semantico. È in questo senso che Kant dice che "l'intelletto [...] introduce [...] un contenuto trascendentale", che è appunto il portato delle categorie.<ref name=buroker93/> Forme logiche di giudizio e categorie rappresentano dunque un unico set di concetti, differenziabili secondo l'uso (sintattico o semantico). Come nota [[Henry E. Allison|Allison]], ripreso da Buroker<ref name=buroker99>{{cita|Buroker|p. 99}}.</ref>, è lo stesso Kant a sottolinearlo:
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