Nel corso del tempo diversi giuristi hanno proposto alcune critiche al codice civile di Napoleone evidenziando di come il risultato concreto si differenziasse da quello voluto da coloro che lo avevano proposto. In primo luogo è stata messa in discussione la sua pretesa di essere unica fonte di legge non eterointegrabile valida per tutti gli aspetti della vita dei cittadini, pretesa su cui lo stesso Portalis aveva avanzato alcuni dubbi durante la composizione. A tal proposito, lo storico del diritto [[Paolo Grossi]] arrivò a descriverlo come «un supremo atto di presunzione e, insieme, la messa in opera di un controllo perfezionatissimo», argomentando che «si credette di poter immobilizzare il diritto, che è storia vivente, in un testo cartaceo sia pure di notevole fattura».<ref>{{cita|Grossi, 2007|p. 60}}.</ref> Sempre per Grossi, il codice superò certamente il particolarismo giuridico che affliggeva l'era precedente ma lo sostituì con un «assolutismo giuridico» di cui esso era la massima espressione. Il legislatore statale era divenuto l'unica fonte del diritto escludendo la scienza giuridica e l'opera dei giudici dal processo di creazione dell'ordinamento relegandole ad «un ruolo ancillare del legislatore mentre la loro interpretazione veniva contratta e minimizzata al non ruolo di esegesi, ossia di ripetizione piatta e servile della volontà che il legislatore ha rivelato e raccolto nella legge».<ref>{{cita|Grossi, 2007|p. 61}}.</ref>
Un altro aspetto che ha sollevato perplessità è il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge ben dichiarato nel codice e ereditato dalla Rivoluzione. Per la prima volta non più vi erano norme differenziate per i nobili, per il clero o per il popolo, ma un unico ''corpus'' legislativo dedicato alla nuova figura astratta del "cittadino". È stato contestato che si trattò di una [[uguaglianza formale]] valida dunque solo in linea di principio poiché così si ignoravano ed escludevano tutte le disuguaglianze e disparità presenti nella vita reale dei cittadini influendo nella loro autonomia privata. L'uguaglianza dichiarata fu così più una finzione utile agli scopi programmatici, perché questa impostazione mutasse bisognerà aspettare il [[XX secolo]] con l'introduzione del concetto di [[uguaglianza sostanziale]].<ref>{{cita|Solidoro, 2010|p. 267}}.</ref><ref>{{cita|Treccani|principio-di-uguaglianza_%28Diritto-on-line%29/|Principio di uguaglianza}}></ref>