Logica trascendentale: differenze tra le versioni

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Nella prefazione alla prima edizione, Kant aveva scritto:
{{citazione|Per l'approfondimento della facoltà, che noi chiamiamo intelletto, ed al tempo stesso per la determinazione delle regole e dei limiti del suo uso, io non conosco delle ricerche che siano più importanti di quelle che ho condotto nel secondo capitolo dell'Analitica trascendentale, sotto il titolo di Deduzione dei concetti puri dell'intelletto. Del resto, esse mi sono costate la più grande delle fatiche, ma, come spero, una fatica non priva di compenso.<ref name=colli12-13>{{Cita|''Critica della ragione pura''|pp. 12-13|Colli}}.</ref>}}
La deduzione trascendentale, come scrive Kant nella prefazione ai ''[[Primi principi metafisici della scienza della natura]]'' (1786), "doveva rappresentare la parte più chiara di tutta la ''Critica''" e invece è risultata "la più oscura", viziata persino da circolarità della dimostrazione.<ref>''Metaphysische Anfangsgründe der Naturwissenschaft'', 4:476, citata in {{cita|Guyer|p. 118}}.</ref> Ecco i motivi della riscrittura di questo capitolo, uno dei più importanti dell'intera opera. Il dibattito intorno a cosa Kant intendesse provare (e come) sorse già tra i suoi contemporanei<ref>[[Johann Friedrich Schultz]], fidato espositore del pensiero kantiano, aveva già nel 1785 notato come le pagine sulla deduzione trascendentale fossero quelle che esigevano la maggiore chiarezza, se l'intero sistema doveva risultare convincente (così nella recensione di Schultz alle ''Institutiones Logicae et Metaphysicae'' di J. A. H. Ulrich, pubblicata sulla ''[[Allgemeine Literatur-Zeitung]]'' del 13 dicembre 1785, pp. 297-299; cfr. {{cita|Guyer|p. 118, nota 3}}).</ref> e non si è mai interrotto da allora. Si può quindi ragionevolmente sostenere che i due tentativi di deduzione trascendentale non siano andati a buon fine.<ref>{{cita|Guyer|pp. 118-119}}.</ref>