Logica trascendentale: differenze tra le versioni
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Riprendendo quanto detto nella deduzione metafisica, risulta che ogni molteplice portato ad unità è determinato rispetto ad una delle funzioni logiche del giudicare. Le categorie sono appunto quelle funzioni logiche in quanto determinano l'intuizione pura. Quindi, il molteplice di una data intuizione è soggetto alle categorie, che sono dunque necessariamente valide in relazione ad ogni molteplice dato.<ref>{{cita|Burnham e Young|pp. 92-93}}.</ref>
Nella prima parte della deduzione trascendentale della seconda edizione (§§15-20), Kant ha cercato di dimostrare che un intelletto discorsivo deve usare le categorie,
{{citazione|Ogni molteplice [...] in quanto è dato in una sola intuizione empirica (''so fern es in Einer empirischen Anschauung gegeben ist''), è determinato riguardo ad una delle funzioni logiche di giudicare, mediante cui esso viene cioè riportato ad una coscienza in generale. Le categorie, orbene, non sono null'altro se non per l'appunto queste funzioni di giudicare, in quanto il molteplice di un'intuizione data è determinato riguardo ad esse (§10). Il molteplice in un'intuizione data è dunque necessariamente soggetto alle categorie.<ref>{{Cita|''Critica della ragione pura''|p. 172|Colli}}.</ref>}}
Secondo Henrich, i paragrafi §§15-20 stabiliscono che le intuizioni sono subordinate alle categorie "in quanto" (''so fern'') posseggono già unità: grande importanza è attribuita al fatto che quell{{'}}''Einer'' sia maiuscolo nel testo, indicando quindi "unità" (''Einheit''), quindi "una sola", piuttosto che mera singolarità ("una"), come nella traduzione di Kemp Smith. Secondo Henrich, Kant discute questa restrizione in §21, quando descrive i paragrafi §§15-20 come l'"inizio" di una deduzione trascendentale delle categorie, sostenendo:<ref name=evans554.555/>
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Va peraltro detto che quando Kant scrive che il molteplice "è determinato riguardo ad una delle funzioni logiche di giudicare" cade in errore. I tre tipi di concetto puro, sotto i titoli di quantità, qualità e relazione, con i loro tre momenti, sono interdipendenti e vengono regolati da una [[permutazione]].<ref name=buroker127/>
I §§24-25 trattano il paradosso dell'autorappresentazione dell'io, che risulta inessenziale alla deduzione, sviluppata di nuovo già nel §25 e poi nei seguenti, fino al §26, che completa la seconda parte della deduzione. In questa seconda parte, Kant, nel tentativo di giustificare l'applicazione delle categorie agli oggetti intuiti, torna a illustrare il ruolo del tempo, che è la forma secondo cui intuiamo le nostre rappresentazioni. Alla sintesi figurativa è deputata l'immaginazione, che è "la facoltà di rappresentare un oggetto, anche senza la sua presenza, nell'intuizione"<ref>{{Cita|''Critica della ragione pura''|p. 185|Colli}}.</ref>.<ref>{{cita|Buroker|p. 128}}.</ref> L'immaginazione qui rileva perché ad essa tocca il compito di garantire l'unificazione del molteplice in rappresentazioni disposte in un unico tempo (risultato dell'[[estetica trascendentale]] è stato infatti che spazio e tempo sono degli interi, a prescindere
Nel §26, Kant precisa che "Tempo e spazio [...] sono rappresentazioni ''a priori'', non soltanto come forme dell'intuizione sensibile, ma come intuizioni (che contengono un molteplice) essi stessi, e quindi con la determinazione dell'unità di questo molteplice che si trova in essi"<ref>{{Cita|''Critica della ragione pura''|p. 198|Colli}}.</ref>. In generale, la sintesi di un molteplice empirico è subordinato alle stesse regole dell'unificazione operata dalla sintesi figurativa.
In questa seconda parte della deduzione trascendentale, Kant ha distinto tre tipi di sintesi: egli ha mosso dalla sintesi intellettuale di un oggetto in generale, per poi passare all'unità espressa dall'intuizione formale di spazio e tempo, fino alla sintesi dell'apprensione, cioè l'unificazione del molteplice esperito nello spazio e nel tempo.<ref>{{cita|Buroker|pp. 131}}.</ref>
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