Coaching: differenze tra le versioni
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La parola ha origine dal termine francese ''coche'', [[carrozza]] o [[cocchio]] (derivato a sua volta dall'ungherese [[Kocs]]is o dal ceco Koczi). Nel [[XVI secolo]] “coche” identificava un mezzo di trasporto trainato da cavalli e condotto da una guida: il cocchiere. Il termine anglosassone, invece, rinvia il coaching all'ambiente sportivo.<ref>{{cita |Angel, Amar 2008|p.22}}.</ref>
Nel [[XIX secolo]] in [[Inghilterra]] gli studenti universitari, verso la fine del loro percorso, utilizzavano il termine coach per indicare i migliori tutor, dando loro titolo rispettoso e autorevole.
Negli [[Stati Uniti d'America|Stati Uniti]], il coach nasce per sviluppare e incrementare la prestazione sportiva; il coach non solo guidava la squadra e l'allenava, ma la seguiva dal punto di vista emotivo, la stimolava, creava spirito di gruppo per affrontare gli avversari con maggiore carica e sicurezza. Attraverso la guida costante del coach, i giocatori e il team sviluppavano quelle capacità e competenze che rendevano il gruppo stesso motivato, forte e capace di raggiungere gli obiettivi attesi.
Il contributo più importante al coaching moderno fu dato nella seconda metà degli anni settanta del Novecento dal californiano [[Timothy Gallwey|W. Timothy Gallwey]], allenatore della squadra di tennis dell'[[Università di Harvard]] e primo a mettere nero su bianco i suoi principi di base ("''C’è sempre un gioco interiore in corso nella nostra mente, non importa in che altro gioco siamo impegnati. Il modo in cui lo affrontiamo è quello che spesso fa la differenza tra il nostro successo e il nostro fallimento''").
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