Alberico Biadene: differenze tra le versioni

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Ho aggiunto il nome della figlia del dr.Biadene,Maria Biadene.
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=== La famiglia ===
Nato ad [[Asolo]], in [[provincia di Treviso]], era figlio del [[ragioniere]] Luigi Biadene, direttore della banca popolare locale, e di Maria Dall'Armi.<ref>''Annuario delle banche italiane guida statistico monografica industria bancaria'', 1917, p. 164.</ref><ref>Congresso delle banche popolari italiane, ''Atti del congresso delle banche popolari italiane'', 1908, p. 20.</ref><ref name=biadene>''Who's who in Europe'', International Publications Service, p. 239.</ref><ref name=italy>''Who's who in Italy'', 1958, p. 115.</ref> Portava lo stesso nome del nonno paterno<ref name=bollettino>''Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del Regio esercito e nel personale dell'amministrazione militare'', 1929, p. 2266.</ref> e veniva detto "Nino" dagli amici. Aveva un fratello più giovane di undici anni, il [[Partito Socialista Italiano|socialista]] trevigiano Leandro Biadene.<ref>Italia: Ministero di grazia e giustizia, ''Bollettino ufficiale del Ministero di grazia e giustizia'', 1942, p. 603.</ref><ref>''Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del Regio esercito e nel personale civile dell'amministrazione della guerra'', 1943, p. 1505.</ref><ref>''Bollettino ufficiale delle nomine, promozioni e destinazioni negli ufficiali e sottufficiali del Regio esercito e nel personale civile dell'amministrazione della guerra'', 1939, p. 210.</ref><ref>''Venetica'', Aldo Francisci Editore, 1995, p. 166.</ref> Il padre morì il 16 aprile 1929.<ref name=bollettino/> Era residente a [[Venezia]], nel [[Sestiere (Venezia)|sestiere]] [[Dorsoduro]], al civico 1249.<ref name=documenti/>
 
Aveva una figlia,Maria.
 
=== L'alpinismo ===
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Tranne un breve periodo, dall'8 gennaio a fine marzo 1973, ricoverato nella [[Urologia|divisione urologica]] dell'ospedale civile dei Santi Giovanni e Paolo per un delicato intervento chirurgico, in quanto da tempo sofferente alla [[prostata]], rimase sempre nell'istituto di pena veneziano.<ref name=stampa>{{cita web|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,13/articleid,1506_02_1973_0102_0013_21208152/|titolo=Scarcerato l'ing. Biadane condannato per il Vajont|data=2 maggio 1973|accesso=22 febbraio 2021}}</ref><ref>{{cita web|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,1/articleid,1505_02_1973_0067_0001_21202577/|titolo=Condannato per il Vajont scarcerato il 1º maggio|data=20 marzo 1973|accesso=22 febbraio 2021}}</ref> Il [[Ministero della giustizia|ministero di grazia e giustizia]] gli aveva chiesto di fare il consulente tecnico per un progetto di ammodernamento del carcere e lui lavorava in tale senso come volontario nell'infermeria, sistemando la biblioteca e l'impianto di riscaldamento in tutto il vecchio edificio. Il 17 maggio 1972 presentò domanda di [[Grazia (diritto)|grazia]] al [[Presidente della Repubblica Italiana|presidente]] [[Giovanni Leone]], che era stato il capo degli avvocati Enel-Sade al processo sostenendo l'imprevedibilità del disastro.<ref name=lalotta/><ref>{{cita web|url=http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,10/articleid,0143_01_1972_0116_0010_4675975/|titolo=Ha chiesto la "grazia" l'ingegnere del Vajont|data=18 maggio 1972|accesso=22 febbraio 2021}}</ref>
 
Il 1º maggio 1973, pagato il suo debito con la giustizia, il progettista fu scarcerato in anticipo sull'estinzione della pena per [[Liberazione anticipata|buona condotta]] e, all'uscita del penitenziario, atteso dal suo avvocato Brass, dalla moglie, dalla figlia Maria e da uno dei nipotini, salutò i cronisti a bordo di un motoscafo privato dell'Enel e, raggiunto il [[piazzale Roma]], a bordo di un'auto, si recò con i familiari in vacanza a [[Cortina d'Ampezzo|Cortina]].<ref name=stampa/><ref name=fortebraccio>Fortebraccio, ''Dalla nostra parte: Corsivi 1973'', Editori riuniti, pp. 146-147.</ref><ref>{{cita web|url=http://necrologie.messaggeroveneto.gelocal.it/news/60389?refresh_ce|titolo=Quell'onda che spazzò duemila vite|data=11 ottobre 2017|accesso=14 ottobre 2019}}</ref>
 
La sua uscita dal carcere diffuse tra i detenuti un certo rimpianto. Con la sua semplicità, e soprattutto con la sua serietà, era riuscito a farsi benvolere da tutti: dai detenuti, ai quali faceva lezioni di [[Lingua italiana|italiano]], [[matematica]] e [[Lingua latina|latino]], e dalle guardie carcerarie, che lo aiutavano a mettere in ordine la biblioteca, molto arricchita, allora, con i volumi usciti da casa Biadene. Non trascorreva giorno, raccontarono di lui le guardie carcerarie, che non inventasse qualche lavoro.<ref name=fortebraccio/>