Tabernella: differenze tra le versioni

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Cesare Salvi riporta in un articolo dello stesso anno<ref name=":2">{{Cita web|url=http://www.parrocchie.it/lucca/montesanquirico/origini.html|titolo=Storia 1|sito=www.parrocchie.it|accesso=2024-03-11}}</ref>:
{{citazione|[...] il Vescovo Anselmo recavasi a consacrare la chiesa di S. Quirico in Monticello (forse restaurata e ricostruita ad opera dei Religiosi Benedettini). Mentre pertanto, compiuta la sacra cerimonia, il Vescovo seguito dal suo clero e dai suoi famigliari scendeva dal monticello, s'imbatté, presso la riva del Serchio, in alcuni cavalieri che, incontratolo, s'inginocchairono davanti a lui. Quei cavalieri erano gli ambasciatori di Roma, i quali festosamente venivano ad annunziargli la sua gloriosa esaltazione al supremo governo della Chiesa. Il Vescovo Anselmo (illustre nella storia dei Papi col nome di Alessandro II), udita la fausta notizia, ne rese grazie al Signore e, raccolte nelle sue mani le arene del fiume, le disperse al vento dichiarando di concedere, in commemorazione di questo avvenimento, ai fedeli che in questo giorno memorabile avrebbero visitato la chiesa di S. Quirico, tante indulgenze per la salute dell'anima loro, quanti erano i granelli minuti di quell'arena."|{{Cita pubblicazione|autore=Cesare Salvi|anno=1888|titolo=La Tavernella|rivista=L'Esare|volume=Volume 60 anno II}}}}
 
In uno studio del 2004 di Luca Ricci si conclude che<ref name=":2" />:
{{citazione|[...]Questo è il fatto religioso che è all'origine della festa, la quale ha attirato per secoli sul colle di Monte S. Quirico un autentico pellegrinaggio di fedeli che venivano a lucrare l'indulgenza plenaria e, se soprattutto negli ultimi anni, essa ha assunto quasi la caratteristica di inopportuno prolungamento delle feste di carnevale, lo si deve al fatto che il radunarsi di una gran folla in giornata festiva comportava necessariamente che qualcuno provvedesse ad offrire cibarie dolciumi e bibite alle persone che, dopo aver assolto alla pratica religiosa, si disperdevano sul colle per riposarsi.
A ciò provvide per lungo tempo una piccola taverna che si trovava in località "Marinella" sul versante del colle che dalla chiesa scende alla Freddana: quel punto di ristoro era chiamato appunto Tavernella. Da qui anche il nome popolare della ricorrenza e, nell'espressione "''Andare alla Tavernella''", la gente comprendeva l'aspetto sacro e quello profano della festa, tanto che è diventato molto diffuso il detto: "''Nel dì della Tavernella si schicchera e si sfrittella''".|{{Cita pubblicazione|autore=Luca Ricci|città=Lucca|anno=2004|titolo=La chiesa di Monte San Quirico|rivista=Atti dell'Accademia lucchese delle Scienze, Lettere e Arti|volume=Seconda serie, Tomo XXXI}}}}