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Ormai dal lontano [[1967]], ogni terza domenica di luglio, si celebra la [[Festa del Piemonte]], facendola coincidere con la commemorazione della storica [[Battaglia dell'Assietta]]. In questo giorno, migliaia di persone, oltre ai sindaci di [[Val di Susa]] e [[Val Chisone]], salgono fino ai 2566 metri del [[Testa dell'Assietta|colle dell'Assietta]], dandosi appuntamento per celebrare la ''Festa dël Piemont''.
 
La Festa solitamente si svolge con due giorni di rievocazione storica, della quale sono parte essenziale i figuranti del [[Gruppo storico [[Pietro Micca]] di [[Torino]]<ref>Il ''Gruppo Storico Pietro Micca'', è stato costituito nel 1974, sotto l'egida dello storico generale [[Guido Amoretti]], con la finalità di ricostruire storicamente ed in modo dinamico la realtà di alcuni Corpi militari del [[Ducato di Savoia]]. Esso si contraddistingue per la ricostruzione minuta, particolareggiata e fedele delle uniformi, delle armi, dell'equipaggiamento degli antichi Reggimenti sabaudi, e per gli esercizi militari con comandi in antica lingua francese, il caricamento dei fucili a pietra focaia e la scarica di fucileria, il passo di carica, il lancio delle granate a mano ed il fuoco di artiglieria. Ogni manovra o movimento rispetta rigorosamente quelli riportati sugli antichi manuali d'addestramento del secolo XVIII.</ref> con le loro divise di soldati sabaudi del [[XVIII secolo]].
 
La rievocazione inizia il sabato sera con la distribuzione del rancio serale e la fiaccolata successiva, accompagnata da musiche, danze e canti popolari. Alla domenica mattina, la giornata inizia con l'alzabandiera e la [[Messamessa]] al campo (celebrata in [[Lingua piemontese|piemontese]]).<ref>Dal 1967 e per una quarantina d'anni, la Messa al campo in piemontese venne officiata da don Rinaldo Trappo (1907 – 2010), leggendaria figura di cappellano militare degli Alpini della Seconda[[seconda Guerraguerra Mondialemondiale]]. Partecipò alla guerra in Albania nel 1940 col battaglione “Ceva”"Ceva" del I Reggimento Alpini, seguendolo poi in Russia: e qui, nella ritirata, si trovò nel gennaio 1943 a comandare il battaglione, essendo il più elevato in grado tra gli ufficiali superstiti. Tornò in patria nel maggio 1943, col battaglione ridotto a 47 uomini e all'armistizio dell'8 settembre 1943 fu catturato e deportato in Germania, passando per 7 diversi campi di prigionia. Dopo la guerra, fu colpito da tumore e ne guarì, attribuendo il fatto alla miracolosa protezione di un artigliere alpino di Russia, suo compagno d'arme, diventato poi infermiere del Cottolengo: fratel Luigi Bordino, di cui è in corso la causa di beatificazione.</ref> Successivamente, verso le undici del mattino, avviene la rappresentazione della battaglia, con il rullare di tamburi, il tiro dei cannoni, e gli ordini secchi impartiti per entrambi gli eserciti in [[Lingua francese|francese]]. I figuranti, con le divise militari sia francesi che piemontesi dell'epoca, avanzano in due schiere contrapposte, rievocando il momento in cui, alle 10 del mattino del 19 luglio 1747, con un impeto imprevisto, i francesi iniziarono l'avanzata.<ref>Dario Gariglio, ''Battaglie alpine del Piemonte sabaudo. Tre secoli di guerre sulle Alpi occidentali'', Roberto Chiaramonte Editore, Collegno 1999.</ref>
 
A presidiare la zona [[Carlo Emanuele III]] aveva disposto 13 battaglioni formati da truppe sabaude e austriache al comando del generale [[Giovanni Battista Cacherano di Bricherasio]] e le trincee erano state costruite in modo da permettere una difesa a 360 gradi.<ref>I trinceramenti del Colle dell'Assietta, dopo oltre due secoli e mezzo, sono tuttora visibili, e costituiscono un unicum nel grande quadro dell'architettura militare dei secoli XVII e XVIII, anche per l'estrema povertà del materiale utilizzato, oltreché per l'artigianalità tipica della struttura. Il trinceramento in pietra e terra era l'unico possibile a quelle quote, ma si dimostrò altrettanto efficiente rispetto alle ben più costose fortificazioni a valle.</ref> In appoggio all'esercito piemontese vi erano anche gruppi organizzati di combattenti [[valdesi]], abituati già a compiere con successo atti di guerriglia nelle valli che conoscevano molto bene. I piemontesi lasciarono avvicinare il nemico e appena gli avversari furono a tiro, aprirono contro di loro un violento fuoco di sbarramento. In quei quattrocento metri di distanza da percorrere per raggiungere la vetta, sul campo morirono quasi cinquemila soldati francesi e duecento austro-piemontesi.<ref>Michele Ruggiero, ''Storia della Valle di Susa'', Alzani Editore, Pinerolo, 1996.</ref>
 
Finita la rappresentazione della battaglia, vi è la distribuzione della polenta per tutti, cotta nelle cucine da campo degli Alpini. La festa prosegue sino al tramonto, con nuove musiche, danze e canti, sia piemontesi che occitani.
 
La Festa è stata istituzionalizzata con la legge regionale n. 15/2022.
 
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