Biennio rosso in Italia: differenze tra le versioni
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Al fine di fronteggiare una possibile insurrezione, [[Francesco Saverio Nitti]], già in data 14 luglio 1919 aveva dato disposizione ai prefetti del Regno di aprire i contatti con tutte le associazioni e i partiti politici d'"ordine"<ref>{{Cita|Vivarelli, I|pp. 487-488}}.</ref>.
{{Citazione|Nella imminenza dello sciopero generale e dei disordini minacciati dai gruppi più accesi degli estremisti, è opportuno che i prefetti cerchino in ogni modo di tenersi a contatto con coloro che hanno maggiore seguito e fiducia nei partiti liberali, sia perché essi bene guidati e sorretti tengano alto lo spirito degli elementi d'ordine, sia per ottenerne la cooperazione in un momento in cui autorità non possono tenersi isolate nel contare unicamente sui funzionari e sulla forza pubblica. Nelle città dove esistono fasci e associazioni combattenti [...] se essi intendono cooperare mantenimento ordine pubblico e alla repressione violenza e tentativi rivoluzionari, faranno opera patriottica mettendosi volontariamente disposizione autorità medesime e accettandone con animo disciplinato la direzione, la quale non può essere che unica.|Il presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti nelle circolare inviata ai prefetti il 14 luglio 1919<ref>{{Cita|Vivarelli, I|p. 623n}}.</ref>}}
Secondo [[Roberto Vivarelli]], anche se non esiste riscontro documentale è presumibile ritenere che i [[Fasci italiani di combattimento|Fasci Italiani di Combattimento]] da questo momento entrarono a far parte dei cosiddetti Partiti d'Ordine<ref>{{Cita|Vivarelli, I|p. 488}}.</ref>.
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