Unni: differenze tra le versioni

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=== Etimologia ===
Il nome "Unni" è attestato nelle fonti classiche europee con il greco Οὖννοι (Ounnoi) e latino Hunni o Chuni.<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Gerhard|cognome=Doerfer|data=1971-01|titolo=Bemerkungen zur Methodik der türkischen Lautlehre|rivista=Orientalistische Literaturzeitung|volume=66|numero=1-6|p=8|accesso=6 aprile 2024-04-06|doi=10.1524/olzg.1971.66.16.163|url=http://dx.doi.org/10.1524/olzg.1971.66.16.163}}</ref><ref>{{Cita pubblicazione|data=2009|titolo=Jahrbücher für Geschichte Osteuropas|rivista=Jahrbücher für Geschichte Osteuropas|volume=15|numero=4|p=528|accesso=6 aprile 2024-04-06|doi=10.25162/jgo-2009-0026|url=http://dx.doi.org/10.25162/jgo-2009-0026}}</ref> John Malalas registra il loro nome come Οὖννα (Ounna).<ref>{{Cita libro|titolo=Dubitando: studies in history and culture in honor of Donald Ostrowski|data=2012|editore=Slavica Publishers|p=31|ISBN=978-0-89357-404-8}}</ref> Un'altra possibile variante greca potrebbe essere Χοὖνοι (Khounoi), sebbene l'identificazione di questo gruppo con gli Unni sia contestata.<ref>{{Cita libro|nome=Hyun Jin|cognome=Kim|titolo=The Huns|collana=Peoples of the ancient world|data=2016|editore=Routledge/Taylor & Francis Group|p=66|ISBN=978-1-138-84171-0}}</ref> Le fonti classiche usano spesso anche i nomi di nomadi della steppa più antichi e non imparentati invece del nome Unni, chiamandoli Massagetae, Sciti e Cimmeri, tra gli altri nomi.<ref>{{Cita libro|nome=Otto J.|cognome=Maenchen-Helfen|titolo=The World of the Huns|url=https://www.degruyter.com/document/doi/10.1525/9780520310773/html|accesso=6 aprile 2024-04-06|data=1973-12-31 dicembre 1973|editore=University of California Press|pp=4 - 9|ISBN=978-0-520-31077-3|DOIdoi=10.1525/9780520310773}}</ref>
 
L'etimologia di "Unni" non è chiara. Varie etimologie proposte generalmente presuppongono almeno che i nomi dei vari gruppi eurasiatici conosciuti come Unni siano correlati. Sono state proposte numerose etimologie turche, che fanno derivare il nome variamente dal turco ön, öna (crescere), qun (ghiottone), kün, gün, un suffisso plurale «che presumibilmente significa 'popolo'»,<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Otto|cognome=Maenchen-Helfen|nome2=Franz|cognome2=Altheim|data=1959-10|titolo=The Ethnic Name Hun|rivista=Journal of the American Oriental Society|volume=|numero=|pp=237|doi=10.2307/595148|url=}}</ref> qun (forza ), e hün (feroce).<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Otto|cognome=Maenchen-Helfen|nome2=Franz|cognome2=Altheim|data=1959-10|titolo=Geschichte der Hunnen, Erster Band|rivista=Journal of the American Oriental Society|volume=79|numero=4|p=237|accesso=6 aprile 2024-04-06|doi=10.2307/595148|url=https://www.jstor.org/stable/595148?origin=crossref}}</ref> Maenchen-Helfen respinge tutte queste etimologie turche come "semplici supposizioni"<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Otto|cognome=Maenchen-Helfen|nome2=Franz|cognome2=Altheim|data=1959-10|titolo=Geschichte der Hunnen, Erster Band|rivista=Journal of the American Oriental Society|volume=79|numero=4|p=236|accesso=6 aprile 2024-04-06|doi=10.2307/595148|url=https://www.jstor.org/stable/595148?origin=crossref}}</ref> e propone un'etimologia iraniana, da una parola simile a hūnarā (abilità), hūnaravant (abile). Egli suggerisce che in origine il termine potrebbe aver designato un rango piuttosto che un'etnia.<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Otto|cognome=Maenchen-Helfen|nome2=Franz|cognome2=Altheim|data=1959-10|titolo=Geschichte der Hunnen, Erster Band|rivista=Journal of the American Oriental Society|volume=79|numero=4|pp=237-238|accesso=6 aprile 2024-04-06|doi=10.2307/595148|url=https://www.jstor.org/stable/595148?origin=crossref}}</ref> Robert Werner ha avanzato un'etimologia da Tocharian ku (cane), suggerendo - come i cinesi chiamavano i cani Xiongnu - che il cane fosse l'animale totem della tribù degli Unni. Confronta anche il nome Massagetae, notando che l'elemento saka in quel nome significa cane.<ref>{{Cita libro|autore=Robert Werner|titolo=Das früheste Auftreten des Hunnennamens Yüe-či und Hephthaliten|dataoriginale=1967|editore=Jahrbücher für Geschichte Osteuropas.|p=555|volume=15}}</ref> Altri come Harold Bailey, S. Parlato e Jamsheed Choksy hanno sostenuto che il nome deriva da una parola iraniana simile: Ẋyaona, ed era un termine generalizzato che significa "ostili, oppositori". Christopher Atwood respinge questa possibilità su basi fonologiche e cronologiche.<ref>{{Cita libro|nome=Brian J.|cognome=Boeck|nome2=Russell Edward|cognome2=Martin|nome3=Daniel Bruce|cognome3=Rowland|titolo=Huns and Xiōngnú: New Thoughts on an Old Problem|data=2012|editore=Slavica|p=40|ISBN=978-0-89357-404-8}}</ref> Pur non arrivando ad un'etimologia di per sé, Atwood fa derivare il nome dal fiume Ongi in Mongolia, che era pronunciato uguale o simile al nome Xiongnu, e suggerisce che originariamente fosse un nome dinastico piuttosto che un nome etnico. <ref>{{Cita libro|nome=Christopher P.|cognome=Atwood|titolo=The Kai, the Khongai, and the Names of the Xiōngnú|collana=International Journal of Eurasian Studies|dataoriginale=2015|pp=45-47|volume=2}}</ref>
 
== Cultura ==
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==== Indumenti ====
[[File:Hunnish - Bracelet - Walters 571082 - Detail Front.jpg|alt=Questo superbo bracciale tubolare si chiude con un fermaglio decorato con granulazione, un segno distintivo dell'artigianato unno, attorno a un granato rotondo centrale. I dorsi degli emisferi sono decorati con una filigrana. Mentre anche le donne unne indossavano gioielli, le grandi dimensioni di questo braccialetto suggeriscono che sarebbe stato indossato da un uomo, in alto sul braccio.|sinistra|miniatura|Bracciale Unno - del V secolo - Dettaglio frontale]]
Buone descrizioni degli abiti del Unno, noti a noi grazie alle sepolture contemporanee dell'Asia centrale. Indossavano probabilmente i [[Khalat]], che mancano nelle fonti greco-romane.<ref>{{Cita libro|nome=Philipp|cognome=Rummel|titolo=Habitus barbarus: Kleidung und Repräsentation spätantiker Eliten im 4. und 5. Jahrhundert|url=https://www.degruyter.com/document/doi/10.1515/9783110918205/html|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=2007-12-31 dicembre 2007|editore=DE GRUYTER|pp=119|ISBN=978-3-11-019150-9|DOIdoi=10.1515/9783110918205}}</ref> Lo storico bizantino Prisco riferisce di aver visto un mercante greco che scambiò per un Unno perché indossava abiti "sciti"; questo sembra dimostrare che gli Unni indossavano un abito distinto che faceva parte della loro identificazione etnica.<ref>{{Cita libro|nome=Philipp|cognome=Rummel|titolo=Habitus barbarus: Kleidung und Repräsentation spätantiker Eliten im 4. und 5. Jahrhundert|url=https://www.degruyter.com/document/doi/10.1515/9783110918205/html|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=2007-12-31 dicembre 2007|editore=DE GRUYTER|pp=16|ISBN=978-3-11-019150-9|DOIdoi=10.1515/9783110918205}}</ref> Ammiano riferisce che gli Unni indossavano abiti di lino o pellicce di topi e gambali di pelle di capra, che non lavavano.<ref>{{Cita libro|nome=E. A.|cognome=Thompson|nome2=P. J.|cognome2=Heather|titolo=The Huns|collana=The peoples of Europe|data=1996|editore=Blackwell|p=47|ISBN=978-0-631-15899-8}}</ref> Sebbene l'uso di pellicce e lino possa essere accurato, la descrizione degli Unni con pelli di animali sporche e con addosso pelli di topo è chiaramente derivata da stereotipi e [[Topos|topoi]] negativi sui barbari primitivi.<ref>{{Cita libro|nome=Philipp|cognome=Rummel|titolo=Habitus barbarus: Kleidung und Repräsentation spätantiker Eliten im 4. und 5. Jahrhundert|url=https://www.degruyter.com/document/doi/10.1515/9783110918205/html|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=2007-12-31 dicembre 2007|editore=DE GRUYTER|pp=115 - 116|ISBN=978-3-11-019150-9|DOIdoi=10.1515/9783110918205}}</ref> Prisco menziona anche l'uso di varie pellicce di animali rare e costose, e menziona le ancelle della regina [[Kreka]] di Attila che tessono biancheria decorativa.
 
Utilizzando reperti del moderno Kazakistan, l'archeologo Joachim Werner ha descritto l'abbigliamento unno come probabilmente costituito da grembiuli lunghi fino al ginocchio e con maniche (il khalat appunto), che a volte erano fatti di [[seta]], così come i pantaloni e gli stivali di pelle. <ref>{{Cita libro|nome=Philipp|cognome=Rummel|titolo=Habitus barbarus: Kleidung und Repräsentation spätantiker Eliten im 4. und 5. Jahrhundert|url=https://www.degruyter.com/document/doi/10.1515/9783110918205/html|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=2007-12-31 dicembre 2007|editore=DE GRUYTER|pp=116-117|ISBN=978-3-11-019150-9|DOIdoi=10.1515/9783110918205}}</ref> Sia San Girolamo che Ammiano descrivono gli Unni come se indossassero un berretto rotondo molto simile al berretto frigio: probabilmente fatto di feltro.<ref>{{Cita libro|nome=Otto J.|cognome=Maenchen-Helfen|titolo=The World of the Huns|url=https://www.degruyter.com/document/doi/10.1525/9780520310773/html|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=1973-12-31 dicembre 1973|editore=University of California Press|pp=171-172|ISBN=978-0-520-31077-3|DOIdoi=10.1525/9780520310773}}</ref>
 
{{Citazione|un berretto rotondo, come lo vediamo raffigurato in Ulisse, come se una palla fosse divisa a metà e una delle parti posta sulla testa. Questo i greci e il nostro popolo lo chiamano τιάραν, alcuni lo chiamano Galerus|[[San Girolamo]], Epistulae LXIV, 13|Rotundum pilleolum quale pictum in Ulixe conspicimus, quasi sphaera media sit divisa, et pars altera ponatur in capite. Hoc Graeci et nostri τιάραν, nonnulli galerum vocant|lingua=Latino}}
 
Poiché l'abbigliamento nomade non aveva bisogno di spille, l'assenza di questo oggetto altrimenti comune in alcune sepolture barbariche potrebbe indicare un'influenza culturale unna.<ref>{{Cita libro|nome=Aleksander|cognome=Bursche|nome2=John|cognome2=Hines|nome3=Anna|cognome3=Zapolska|titolo=The Migration Period between the Oder and the Vistula (2 vols)|url=https://brill.com/view/title/56858|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=17 marzo 2020-03-17|editore=BRILL|pp=389, 398|ISBN=978-90-04-42242-1|DOIdoi=10.1163/9789004422421_011}}</ref> Secondo Maenchen-Helfen, le scarpe degli Unni erano probabilmente fatte di pelle di pecora.<ref>{{Cita libro|nome=Otto J.|cognome=Maenchen-Helfen|titolo=The World of the Huns|url=https://www.degruyter.com/document/doi/10.1525/9780520310773/html|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=31 dicembre 1973-12-31|editore=University of California Press|p=171|ISBN=978-0-520-31077-3|DOIdoi=10.1525/9780520310773}}</ref> La statuetta di Bántapuszta indossa stivali alti e voluminosi collegati alla cotta di maglia del guerriero tramite cinghie, del tipo descritto anche da Prisco.<ref>{{Cita pubblicazione|nome=László|cognome=Károly|nome2=Mária|cognome2=Ivanics|data=2009-03|titolo=Reviews|rivista=Acta Orientalia Academiae Scientiarum Hungaricae|volume=62|numero=2|pp=241–249|accesso=5 aprile 2024-04-05|doi=10.1556/aorient.62.2009.2.6|url=http://dx.doi.org/10.1556/aorient.62.2009.2.6}}</ref>
 
==== Abitazioni ====
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==== Archi e Frecce ====
[[File:02019 0565 Reflexbogen, Fürsten-Grab von Jakuszowice.jpg|sinistra|miniatura|Un "arco unno" riflesso cerimoniale ricostruito da una lamina d'oro trovata in una sepoltura nomade a Jakuszowice, nella moderna Polonia.<ref name="brill.com">{{Cita libro|nome=Aleksander|cognome=Bursche|nome2=John|cognome2=Hines|nome3=Anna|cognome3=Zapolska|titolo=The Migration Period between the Oder and the Vistula (2 vols)|url=https://brill.com/view/title/56858|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=17 marzo 2020-03-17|editore=BRILL|p=379|ISBN=978-90-04-42242-1|DOIdoi=10.1163/9789004422421_011}}</ref>]]
Le antiche fonti romane sottolineano l'importanza dell'arco per gli Unni,<ref>{{Cita libro|nome=Otto J.|cognome=Maenchen-Helfen|titolo=The World of the Huns|url=https://www.degruyter.com/document/doi/10.1525/9780520310773/html|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=31 dicembre 1973-12-31|editore=University of California Press|p=221|ISBN=978-0-520-31077-3|DOIdoi=10.1525/9780520310773}}</ref> ed era l'arma principale degli Unni.<ref name="dx.doi.org">{{Cita pubblicazione|nome=M. H.|cognome=OFFORD|data=1º ottobre 1991-10-01|titolo=Review. Variation and Change in French: Essays Presented to Rebecca Posner on the Occasion of her Sixtieth Birthday. Green, John N. and Wendy Ayres-Bennett (eds)|rivista=French Studies|volume=45|numero=4|pp=498–498|accesso=5 aprile 2024-04-05|doi=10.1093/fs/45.4.498|url=http://dx.doi.org/10.1093/fs/45.4.498}}</ref> Gli Unni usavano un arco composito o riflesso di quello che viene spesso chiamato di "tipo Unno", uno stile che si era diffuso a tutti i nomadi della steppa eurasiatica all'inizio del periodo degli Unni. Misuravano tra 120 e 150 centimetri. Gli esemplari sono molto rari nella documentazione archeologica, con reperti in Europa raggruppati nella steppa del Ponto e nella regione del Medio Danubio.<ref>{{Cita pubblicazione|nomename=M. H.|cognome=OFFORD|data=1991-10-01|titolo=Review. Variation and Change in French: Essays Presented to Rebecca Posner on the Occasion of her Sixtieth Birthday. Green, John N. and Wendy Ayres-Bennett (eds)|rivista=French Studies|volume=45|numero=4|pp=498–498|accesso=2024-04-05|doi=10.1093/fs/45.4.498|url=http://"dx.doi.org"/10.1093/fs/45.4.498}}</ref> La rarità degli esemplari sopravvissuti rende difficile fare affermazioni precise sui vantaggi di quest'arma.<ref>{{Cita libro|nome=Aleksander|cognome=Bursche|nome2=John|cognome2=Hines|nome3=Anna|cognome3=Zapolska|titolo=The Migration Period between the Oder and the Vistula (2 vols)|url=https://brill.com/view/title/56858|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=2020-03-17 marzo 2020|editore=BRILL|p=383|ISBN=978-90-04-42242-1|DOIdoi=10.1163/9789004422421_011}}</ref> Gli archi erano difficili da costruire e probabilmente erano oggetti di grande valore: erano fatti di legno flessibile, strisce di corno o osso e tendini di animali.<ref>{{Cita libro|nome=Aleksander|cognome=Bursche|nome2=John|cognome2=Hines|nome3=Anna|cognome3=Zapolska|titolo=The Migration Period between the Oder and the Vistula (2 vols)|url=https://brill.com/view/title/56858|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=17 marzo 2020-03-17|editore=BRILL|pp=383-384|ISBN=978-90-04-42242-1|DOIdoi=10.1163/9789004422421_011}}</ref> L'osso utilizzato per rinforzare l'arco lo rendeva più resistente ma probabilmente meno potente.<ref>{{Cita libro|nome=Ta Sen|cognome=TAN|titolo=Introduction of the Overland Silk Road and Maritime Silk Road|url=http://dx.doi.org/10.1142/9781783269303_0002|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=4 agosto 2016-08-04|editore=IMPERIAL COLLEGE PRESS|p=83|pp=}}</ref> Le tombe di figure identificate come "principi" tra gli Unni sono state trovate sepolte con archi cerimoniali dorati in un'ampia area dal Reno al Dnepr.<ref>{{Cita libro|nome=Hyun Jin|cognome=Kim|titolo=The Huns, Rome and the Birth of Europe|url=https://www.cambridge.org/core/product/identifier/9780511920493/type/book|accesso=5 aprile 2024-04-05|edizione=1|data=18 aprile 2013-04-18|editore=Cambridge University Press|p=203|ISBN=978-0-511-92049-3|DOIdoi=10.1017/cbo9780511920493}}</ref> Gli archi venivano sepolti con l'oggetto posto sul petto del defunto.<ref>{{Cita libro|nome=Ta Sen|cognome=TAN|titolo=Introduction of the Overland Silk Road and Maritime Silk Road|url=http://dx.doi.org/10.1142/9781783269303_0002|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=4 agosto 2016-08-04|editore=IMPERIAL COLLEGE PRESS|p=82 - 83}}</ref>
 
Gli archi scagliavano frecce più grandi dei precedenti archi di "tipo scita", e nella documentazione archeologica la comparsa di punte di freccia trilobate in ferro è considerata un segno della loro diffusione.<ref>{{Cita libro|nome=Oleksandr|cognome=Symonenko|titolo=Warfare and Arms of the Early Iron Age Steppe Nomads|url=http://asianhistory.oxfordre.com/view/10.1093/acrefore/9780190277727.001.0001/acrefore-9780190277727-e-237|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=2017-06-28 giugno 2017|editore=Oxford University Press|lingua=en|ISBN=978-0-19-027772-7|DOIdoi=10.1093/acrefore/9780190277727.013.237}}</ref> Ammiano, pur riconoscendo l'importanza degli archi unni, non appare ben informato al riguardo e sostiene, tra l'altro, che gli Unni usassero solo frecce con punta in osso.<ref>{{Cita libro|nome=Otto J.|cognome=Maenchen-Helfen|titolo=The World of the Huns|url=https://www.degruyter.com/document/doi/10.1525/9780520310773/html|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=1973-12-31 dicembre 1973|editore=University of California Press|pp=221-222|ISBN=978-0-520-31077-3|DOIdoi=10.1525/9780520310773}}</ref>
 
==== Spade e altre armi ====
[[File:02019 0566 (2) Spatha of Jakuszowice.jpg|sinistra|miniatura|Una spatha sepolta in una tomba del periodo degli Unni con origini nomadi proveniente da Jakuszowice nella moderna Polonia. <ref>{{Cita libro|nomename=Aleksander|cognome=Bursche|nome2=John|cognome2=Hines|nome3=Anna|cognome3=Zapolska|titolo=The Migration Period between the Oder and the Vistula (2 vols)|url=https://"brill.com"/view/title/56858|accesso=2024-04-05|data=2020-03-17|editore=BRILL|p=379|ISBN=978-90-04-42242-1|DOI=10.1163/9789004422421_011}}</ref>]]
Ammiano riferisce che gli Unni usavano spade di ferro,<ref>{{Cita libro|nome=E. A.|cognome=Thompson|nome2=Peter J.|cognome2=Heather|titolo=The Huns|collana=The peoples of Europe|data=1996|editore=Blackwell|p=59|ISBN=978-0-631-15899-8}}</ref> e spade cerimoniali, pugnali e foderi decorati sono reperti frequenti nelle sepolture del periodo degli Unni. Inoltre, molte spade sono adornate con delle perle; questi elementi decorativi potrebbero aver avuto un significato religioso.<ref>{{Cita libro|nome=Alexander|cognome=Sarantis|nome2=Neil|cognome2=Christie|titolo=War and Warfare in Late Antiquity (2 vols.): Current Perspectives|url=https://brill.com/view/title/24219|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=2013-08-19 agosto 2013|editore=BRILL|pp=518-519|ISBN=978-90-04-25258-5|DOIdoi=10.1163/9789004252585_016}}</ref> A partire da Joachim Werner, gli archeologi hanno sostenuto che gli Unni potrebbero aver originato la moda di decorare le spade con [[cloisonné]];<ref>{{Cita libro|nome=Hyun Jin|cognome=Kim|titolo=The Huns|collana=Peoples of the ancient world|data=2016|editore=Routledge|p=170|ISBN=978-1-138-84171-0}}</ref> tuttavia, Philip von Rummel sostiene che queste spade mostrano una forte influenza mediterranea, sono rare nel bacino dei Carpazi dal periodo degli Unni, e potrebbero essere state prodotte da officine bizantine.<ref>{{Cita libro|nome=Philipp|cognome=Rummel|titolo=Habitus barbarus: Kleidung und Repräsentation spätantiker Eliten im 4. und 5. Jahrhundert|url=https://www.degruyter.com/document/doi/10.1515/9783110918205/html|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=2007-12-31 dicembre 2007|editore=DE GRUYTER|pp=346–348|ISBN=978-3-11-019150-9|DOIdoi=10.1515/9783110918205}}</ref>
 
Thompson è scettico sul fatto che gli Unni potessero fondere la ghisa da soli,<ref>{{Cita libro|nome=E. A.|cognome=Thompson|nome2=P. J.|cognome2=Heather|titolo=The Huns|collana=The peoples of Europe|data=1996|editore=Blackwell|pp=59|ISBN=978-0-631-15899-8}}</ref> ma Maenchen-Helfen sostiene che "[l]'idea che i cavalieri unni si facessero strada fino alle mura di Costantinopoli e alla Marna con spade barattate e catturate è assurda."<ref>{{Cita libro|nome=Otto J.|cognome=Maenchen-Helfen|titolo=The World of the Huns|url=https://www.degruyter.com/document/doi/10.1525/9780520310773/html|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=1973-12-31 dicembre 1973|editore=University of California Press|p=12|ISBN=978-0-520-31077-3|DOIdoi=10.1525/9780520310773}}</ref> Una spada caratteristica usata dagli Unni e dai loro popoli sudditi era la lunga ''[[seax]]'' a lama stretta.<ref>{{Cita libro|nome=Aleksander|cognome=Bursche|nome2=John|cognome2=Hines|nome3=Anna|cognome3=Zapolska|titolo=The Migration Period between the Oder and the Vistula (2 vols)|url=https://brill.com/view/title/56858|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=2020-03-17 marzo 2020|editore=BRILL|p=396|ISBN=978-90-04-42242-1|DOIdoi=10.1163/9789004422421_011}}</ref> A partire dal lavoro di J. Werner negli anni '50, molti studiosi hanno creduto che gli Unni abbiano introdotto questo tipo di spada in Europa.<ref>{{Cita pubblicazione|nome=Paweł|cognome=Valde-Nowak|data=2021-12|titolo=Editorial: Professor Zenon Woźniak. Editor of twenty-five volumes of Acta Archaeologica Carpathica|rivista=Acta Archaeologica Carpathica|volume=56|pp=9–12|accesso=5 aprile 2024-04-05|doi=10.4467/00015229aac.21.001.15342|url=http://dx.doi.org/10.4467/00015229aac.21.001.15342}}</ref> Nelle versioni più antiche, queste spade sembrano essere armi più corte e da taglio. Gli Unni, insieme agli Alani e ai popoli germanici orientali, usavano anche un tipo di spada conosciuta come ''spatha'' germanica orientale o asiatica, una lunga spada di ferro a doppio taglio con una guardia incrociata di ferro. Queste spade sarebbero state usate per abbattere i nemici che erano già stati messi in fuga dalle raffiche di frecce degli Unni.<ref>{{Cita libro|nome=Alexander|cognome=Sarantis|nome2=Neil|cognome2=Christie|titolo=War and Warfare in Late Antiquity (2 vols.): Current Perspectives|url=https://brill.com/view/title/24219|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=2013-08-19 agosto 2013|editore=BRILL|p=513|ISBN=978-90-04-25258-5|DOIdoi=10.1163/9789004252585_016}}</ref> Fonti romane menzionano anche i lacci di corda come armi usate a distanza ravvicinata per immobilizzare gli avversari.<ref>{{Cita libro|nome=P. J.|cognome=Heather|titolo=The fall of the Roman Empire: a new history of Rome and the Barbarians|url=https://www.worldcat.org/title/ocm58595067|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=2006|editore=Oxford University Press|p=157|OCLCoclc=ocm58595067|ISBN=978-0-19-515954-7}}</ref>
 
Alcuni Unni o le popolazioni a loro sottomesse potrebbero anche aver portato lance pesanti, come attestato per alcuni mercenari unni nelle fonti romane.<ref>{{Cita libro|nome=Otto J.|cognome=Maenchen-Helfen|titolo=The World of the Huns|url=https://www.degruyter.com/document/doi/10.1525/9780520310773/html|accesso=5 aprile 2024-04-05|data=1973-12-31 dicembre 1973|editore=University of California Press|p=239|ISBN=978-0-520-31077-3|DOIdoi=10.1525/9780520310773}}</ref>
 
== Storia ==