Quinto Furio Pacilio Fuso: differenze tra le versioni
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Considerate, dunque, dai Romani, fonte di tutto il diritto pubblico e privato (''fons omnis publici privatique iuris'')<ref>{{Cita libro|nome=Tito|cognome=Livio|titolo=Ad Urbe condita|volume=III|capitolo=34|p=6}}</ref>, i consoli dell'anno [[449 a.C.]] [[Lucio Valerio Potito]] e [[Marco Orazio Barbato]]<ref>{{Cita libro|nome=Tito|cognome=Livio|titolo=Ad Urbe condita|volume=III|capitolo=44|p=55}}</ref> le fecero incidere su 12 tavole di bronzo, andate perdute nel saccheggio di Roma da parte dei [[Galli]] di [[Brenno]] nel [[390 a.C.]].
[[File:Twelve Tables Engraving.jpg|thumb|La pubblicazione delle XII tavole in un'incisione ottocentesca]]
Secondo lo storico [[Ettore Pais]]<ref>{{Cita libro|nome=|cognome=|titolo=Storia di Roma|volume=II|capitolo=|p=1898-1899}}</ref>, i redattori si sarebbero limitati a redigere per iscritto gli antichi ''mores'', trattandosi, dunque, di una raccolta delle consuetudini precedentemente esistenti ed oralmente tramandate. Le [[leggi delle XII tavole]] sono state per lungo tempo oggetto di studio, dapprima da parte del Collegio dei pontefici, presieduto nei primi diciotto anni seguiti alla loro
== Note ==
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