Giovanni Gronchi: differenze tra le versioni

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Un altro momento acuto di crisi si ebbe nel marzo del [[1957]], quando il Presidente Gronchi scrisse personalmente una lettera indirizzata al presidente degli Stati Uniti [[Dwight D. Eisenhower|Dwight Eisenhower]] contenente rilevanti obiettivi di politica estera. La lettera fu redatta senza che fosse consultato preventivamente il governo, ma soltanto trasmessa per la controfirma successiva del ministro competente<ref name=fabrizio>Fabrizio Rossi Longhi, ''Il messaggio 'ritenuto' del presidente Gronchi al Presidente Eisenhower'', in: Marcello Saija (a cura di), ''Gaetano Martino. Scienziato, rettore, statista (1900-1967)''. Atti del Convegno internazionale di studi, Messina, 24-26 novembre 2000, Trisform, Messina, 2003.</ref>. Tale prassi, oltre ad essere irrituale<ref>Vittorio Zincone, ''Presidente e Governo'', ''[[Il Tempo]]'', 14 giugno 1957.</ref>, avrebbe ingenerato un pericoloso precedente interpretativo della [[Costituzione della Repubblica Italiana|norma costituzionale italiana]], autorizzando ''de facto'' il presidente della Repubblica ad indicare al governo le linee da adottare in politica estera. Onde evitare pericolosi «scivolamenti» verso il [[Repubblica presidenziale|presidenzialismo]], pertanto, l'allora Ministro degli Esteri [[Gaetano Martino]], previo scambio di note con il Presidente del Consiglio [[Antonio Segni]], decise di ritenere il messaggio del Capo dello Stato e di non inoltrarlo al destinatario statunitense<ref name=fabrizio/>.
[[File:Gronchi Dulles 1955.jpg | thumb | 220x124px | right | Gronchi insieme al Segretario di Stato degli Stati Uniti Dulles nel 1955]]
Gronchi, tuttavia, non rinunciò alla sua diplomazia personale, ma con esiti irrilevanti. Preparò con cura un suo viaggio a [[Mosca (Russia)|Mosca]] (febbraio [[1960]]), sperando di trovare un'interlocuzione sui suoi progetti di mediazione dell'Italia nei rapporti Est-Ovest e, soprattutto, sul problema tedesco, ma si trovò di fronte l'atteggiamento ironico e tracotante<ref>Silvio Bertoldi, ''L'italiano che seppe tener testa a Krusciov'', ''[[Oggi (rivistaperiodico)|Oggi]]'', 26 gennaio 1961.</ref> di [[Nikita Sergeevič Chruščёv|Nikita Krusciov]], che lo irrise di fronte alla stampa<ref>Sergio Romano, ''cit.'', pp. 113-114.</ref> provocando una messa a punto della diplomazia italiana a viaggio concluso. L'episodio è stato descritto da Tito Lucrezio Russo, in ''"Parla il Capo dello Stato''": «Con telespresso segreto del 15 febbraio 1960 diramato dalla Farnesina alle Ambasciate italiane operanti in ambito [[NATO|Nato]], avente per oggetto la visita del Presidente a [[Mosca (Russia)|Mosca]], fu sottolineato che il tono della discussione era stato polemico, pur non essendo mancati degli spunti costruttivi per il miglior chiarimento di alcune posizioni sovietiche. Krusciov – proseguì la nota – aveva accusato il Governo italiano di essere troppo legato alla politica americana, riferendosi anche alle installazioni di missili e, circa la [[Germania Ovest|Germania]], di essere troppo ligio alle tesi di [[Konrad Adenauer]]. Lo statista sovietico aveva prefigurato una confederazione dei due Stati tedeschi, subordinata all'irreale, preventiva rinunzia di uno di essi (chiaramente inimmaginabile per quello comunista) al proprio sistema politico–sociale, con [[Berlino]] come capitale ed avente lo status di "città libera". Alla precisa domanda di Gronchi se fosse giusto creare tale status senza sentire prima le popolazioni interessate, Krusciov aveva replicato: ''"Noi non siamo obbligati a sentire il parere di [[Berlino Ovest|Berlino occidentale]]"''».<ref>{{Cita libro|autore=Tito Lucrezio Rizzo|titolo=Parla il Capo dello Stato|città=Roma|editore=Gangemi|anno=2012|p=68}}</ref>
[[File:Gronchi Heuss 1957.jpg | thumb | 220x124px | right | Il Presidente Gronchi con il Presidente della Repubblica Federale Tedesca Theodor Heuss, 1957]]
Maggior successo, in politica estera, ebbe il suo appoggio personale alle aperture terzomondiste del ruolo economico dell'Italia operate dal presidente dell'[[Eni]], [[Enrico Mattei]], proprio in quegli anni<ref>Sergio Romano, ''cit.'', pp. 106-107.</ref>.