Andrea Argoli: differenze tra le versioni

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[[File:Argoli, Andrea – Ptolemaeus parvus, 1652 – BEIC 13251624.jpg|thumb|Frontespizio del ''Ptolemaeus parvus'', 1652.]]
 
Nato a Tagliacozzo nel 1570, studiò [[medicina]], [[matematica]] ed [[astronomia]] all'[[Università degli Studi di Napoli Federico II|Università di Napoli]]. Nel 1621 si trasferì a [[Roma]] e suo mecenate fu il cardinale [[Lelio Biscia]]. Nel 1622 ottenne la cattedra di [[matematica]] all'[[Sapienza - Università di Roma|Università di Roma la Sapienza]] che ricoprì fino al 1627.
 
A causa dei suoi interessi e studi [[Astrologia|astrologici]] fu privato della cattedra, che fu assegnata al benedettino [[Benedetto Castelli]]. Rimase per un certo tempo a Roma come addetto alla biblioteca del cardinal Biscia. Nel 1632 ottenne la cattedra di [[matematica]] all'[[Università di Padova]]. Diversamente dai predecessori [[Giovanni Camillo Glorioso|Glorioso]] e [[Bartolomeo Sovero|Sovero]], Argoli fu estraneo ai progressi contemporanei in matematica pura e meccanica. La sua fu un'astronomia obsoleta, sia scientificamente (non contribuì alla nuova direzione avviata da Keplero, e fu più un calcolatore e [[Effemeridi|efemeridista]] che un teorico o [[Astronomia osservativa|astronomo osservativo]].) che [[Epistemologia|epistemologicamente]] ( mantenne l'idea rinascimentale dell'astronomia quale strumento per l'astrologia, e credette al fondamento scientifico e all'uso medico di quest'ultima).

Il suo contributo scientifico più importante sono le [[Effemeridi|tavole astronomiche]] elaborate sulla base delle osservazioni di [[Tycho Brahe]]. Argoli mise a punto un modello geocentrico dell'universo esposto negli ''Astronomicorum tibri tres'' (Roma, [[Facciotti]], 1629). Nel 1638, tramite [[Fulgenzio Micanzio]], si rese disponibile a difendere i ''Dialoghi'' di [[Galileo Galilei|Galileo]] dagli attacchi di [[Scipione Chiaramonti]]. In campo medico contribuì alla diffusione della dottrina di [[William Harvey|Harvey]] sulla [[Apparato circolatorio|circolazione del sangue]] (che espose succintamente nel capitolo 41 del ''Pandosium sphaericum'' (Padova, Frambotto, 1644).
 
Il Senato Veneto fu tanto soddisfatto del suo insegnamento da conferirgli l'onorificenza dello "Stemma di San Marco".